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Sulla “discussione” con Presta

Ho visto che un po’ di siti hanno ripreso la cosa e molti mi hanno scritto in privato, quindi spendo due parole sulla discussione avuta con Lucio Presta su twitter. Cioè, che lui ha avuto con me perchè io non l’ho cercato, non ho risposto agli insulti e ho abbandonato la polemica dopo mezzo tweet, appena ho capito i toni della controparte. (sono acida, vecchia, invidiosa etc..) Odio il far west, odio il gallinaio, odio qualsiasi forma di discussione pubblica che non si giochi sui toni dell’ironia. Se ho da dire due paroline a qualcuno, utilizzo ancora il telefono. La platea è il lavoro, non il privato. Su quello che mi è stato detto, non commento. Ho imparato, negli anni, che se ti lasci tirar dentro in discussioni da chi non conosce i codici elementari dell’educazione, finisci per adeguarti al registro e non fai una bella figura neppure tu. Credo che le persone (e i loro tweet) si raccontino piuttosto bene da sole. Il problema all’origine di tutto, in parole semplici, è che l’altro giorno avevo scritto che Benigni ha la faccia impanicata di quello che ha paura di non far più ridere. (Benigni è di Presta) Dico solo una cosa, che è l’unica degna di un qualche interesse perchè va al di là di uno scambio cretino di tweet. Bisogna che chi è esposto pubblicamente si abitui al vento che tira. Su Twitter, più che in qualsiasi altro luogo virtuale, trova la sua dimensione ideale quell’esercizio utile e da tempo appannato che si chiama dissenso. C’è un risveglio generale dello spirito critico, anche feroce, anche spietato, anche implacabile. Spesso “solo” in quella felice veste che è la satira. Si abituassero, tutti quelli che al massimo fino a ieri si incazzavano per le dieci righe all’acqua di rose di Aldo Grasso. Io mi becco i miei cento stronza quotidiani e benchè la volgarità abbia un effetto stordente a cui fatico ad abituarmi, prendo e porto a casa. Oggi se un programma fa schifo, se un politico è loffio, se un comico non fa ridere, è uno tsunami di critiche a colpi di 140 caratteri. Alcune cretine, alcune volgari e molte sacrosante, ficcanti e spassose. Ancora più ridicolo che a cercare di tappare il buco nella diga di commenti, ci sia il dito di un agente. Gli agenti dovrebbero essere il buon senso, il piglio saldo e l’ars diplomatica di chi rappresentano. Dovrebbero essere defilati e invisibili, pingui dietro le quinte e aerei davanti. Secondo me, un agente su twitter non ci dovrebbe stare , ma qui entriamo nella sfera delle opinioni personali e ognuno fa quel che gli pare. Però di una cosa sono certa: gli agenti non sono giustizieri. Le loro rappresaglie più o meno silenziose, se scrivi quello che secondo loro non dovresti scrivere, le hanno sempre fatte e sempre le faranno, ma andare a insultare pubblicamente chi esercita il libero diritto di critica e satira sul web, per giunta mettendoci la faccia, mica col nickname Fiorellino68, perchè reo di aver toccato “un protetto”, beh, mi pare vanamente arrogante. Potrei dire anche vagamente intimidatorio, ma non voglio scomodare termini che meriterebbero panoramiche più approfondite su cosa significhi esercitare l’ironia in questo ambiente. Detto questo, io posso non star simpatica, posso non piacere, posso stare sonoramente sulle balle, ma non è con il vaffanculo pubblico e le sottintese conseguenze che mi argini. E mica perchè sono l’eroina di ‘sta minchia. E’ solo perchè sono libera. Non incosciente o particolarmente coraggiosa, ma proprio libera. Non faccio parte di grandi scuderie, non sono ingranaggio di grandi macchine, non sgomito, non sono l’asterisco nel contratto di nessuno. Questo mi toglie tanto (soldi, opportunità, vetrine che contano) e mi regala tanto: leggerezza, indipendenza, l’opportunità di mettermi in gioco. E soprattutto, onestà intellettuale. Che vuol dire fare una critica a Benigni o Fabio Volo senza preoccuparmi degli strali di agenti, di equilibri di rete, di pr che possono implodere. Non ho mai scritto nulla di nessuno per sistemare mie questioni personali. Non me ne frega nulla, non mi sento Rambo, non coltivo livori che irrancidiscono l’ironia, non ho strategie di partito, non ho un disegno sovversivo che miri a sparare miccette sulla scuderia di questo o quell’altro. E infatti, non è che mi sia segnata il nome di Presta sul libro nero. Mi diverto e sono questo. Ho un agente sobrio e dedico la maggior parte del tempo alla scrittura, che è anche e soprattutto un lavoro faticoso e solitario. E ora tornerei a cazzeggiare e anche a fare il mio lavoro seriamente, che provare a spiegare ‘sta roba è come spiegare una barzelletta. Se non l’hai capito subito, difficile che t’arrivi dopo. Vi voglio bene. Voglio una famiglia numerosa e la pace nel mondo. E dedico questo oscar a Leon e alla tata filippina che l’ha cresciuto mentre io giocavo a videopoker. Ciao Gaiaaaaa!

Brad Pitt e la sciura Jolie

Il mio pezzo sul matrimonio Pitt/Jolie su Libero di oggi: Qui bisogna che qualcuno lo dica. La vera notizia non è tanto il fatto che Brad e Angelina si sposano, ma quello che Pitt aveva dichiarato tempo fa ad un giornalista, ovvero: “Mi sposerò quando Clooney potrà sposare il suo fidanzato”. E se aggiungiamo che è di qualche giorno fa la notizia che George si sarebbe mollato con Stacey Keibler, qui mi sa che sta per arrivare la prova regina di tutti i nostri ancestrali sospetti: quello che più piaceva a George di Elisabetta nostra, non era l’occhio da cerbiatta, no, era il suo beautycase. Detto questo, sì, ci sarebbe anche l’altra notizia: Joe Black e Lara Croft, stanno scegliendo le bomboniere. Dopo sette anni. Una coppia normale, al fatidico settimo anno, chiede la mediazione dell’avvocato anche per decidere a chi spetti tenere il set da sei tazze Italia ’90, e loro si sposano. Anzi, annunciano il fidanzamento alla vecchia maniera, con tanto di diamante al dito della Jolie, come se dopo sette anni insieme, sei figli e 87 red carpet avvinghiati come cozze pelose, qualcuno potesse avere il sospetto che in realtà fossero solo buoni amici. Una roba di un vecchiume, quella dell’annuncio di fidanzamento, che perfino la regina Elisabetta, sfogliando il The sun, avrebbe commentato a corte: “How ancient ‘sti due!” (quanto so’ antichi ‘sti due!) E secondo me, proprio in quell’anello e nel contorno anacronistico della faccenda, c’è la chiave di tutto. E’ il coronamento di un sogno per Angelina e quello di un incubo per Brad. Sì, lo so che ora il maschio medio storcerà il naso. Se la Jolie è un incubo allora tutti a mangiare peperonata prima di andare a dormire. Lo so che Angelina è, nell’immaginario, neanche una bomba sexy, è l’arsenale atomico della seduzione. Ma parliamo, appunto, di immaginario. Provate per un attimo a immaginarvela, la vita con una così. Brad Pitt ha preso la più grande fregatura della sua esistenza, ve lo dico io. Pensava di aver conquistato la ragazza interrotta e invece s’è ritrovato una sciura al cui confronto le signore milanesi che prendono il tè al Baglioni il sabato pomeriggio, sono Bestie di Satana, ve lo dico io. Partiamo dagli inizi. Lui la conosce nel 2005. Oltre ad avere quegli occhi e quella bocca, la Jolie ha, all’epoca, trent’anni, due divorzi alle spalle e la bellezza di due figli adottivi, uno cambogiano di quattro anni (Maddox) e una etiope di sei mesi (Zahara). Che lui adotta nel giro di un anno. Morale: in meno di 12 mesi Brad si ritrova dal cambiare tono delle meches ogni due settimane a cambiare pannolini ogni tre ore. E a scaldare sì, il letto della Jolie, ma pure biberon all’alba. Il maschio medio dopo i 30 anni fatica già ad accettare una donna con un gatto siamese, figurati una con tutta ‘sta ciurma. La Jolie però non è contenta. Vuole un figlio da Brad e lui, che pensava di essersi fidanzato con l’attrice maledetta, comincia a realizzare che Angelina è passata dalla collezione di coltelli alla collezione di marmocchi. Non solo. Rimane incinta e decide che partorire nella clinica a Los Angeles con la stanzetta da 2500 dollari a notte, i gladioli freschi sul comodino e la tv fissa sulla Cnn non va bene, no. Lei vuole partorire in Namibia. Il maschio medio arriva nell’ ospedale a due isolati da casa che il bambino ha già fuori la testa e lui, il povero Brad, aspetta che comincino le doglie tra dune e giraffe, senza manco la suocera a dargli il cambio, a portargli un kebab in ospedale, nulla. La chiamano Shiloh Nouvel, che più che un nome pare un canto di Natale, ma Brad non protesta. Le stanno ancora medicando il cordone, che la Jolie decide di adottarne un altro. E qui il maschio medio avrebbe selezionato il nome Aniston dalla rubrica del cellulare e avrebbe digitato un “Ripigliami” in namibiano boscimano. Brad invece la asseconda e dopo dieci mesi arriva Pax, di anni tre. Ora, io non so a voi, ma a me i bambini piacciono molto. Se però mi chiedessero di scegliere tra il ritrovarmi un bambino di 5, uno di 4, uno di un anno e una di 6 mesi e l’ arruolarmi nelle truppe scelte cecene, io sceglierei la seconda. Ecco. Brad non solo se lo fa star bene, ma nel giro di un anno Angelina è di nuovo incinta. E qui viene il bello, perchè la sciura ricorre all’inseminazione artificiale con la seguente motivazione: non voglio sottopormi allo stress di tentare di rimanere incinta. Cioè, lei preferisce sollazzarsi con una provetta che con Brad Pitt. Un’umiliazione di fronte al quale il maschio medio avrebbe abbracciato la fede shintoista e sarebbe sparito tra gli altopiani giapponesi, e invece Brad le rimane accanto e pure col sorriso. E sorride pure quando gli dicono che sono due gemelli, che dopo una breve occhiata al pallottoliere-prole, significano sei figli in tre anni. Oddio, sorride. A dirla tutta Brad comincia a sembrare un po’ stanco. Si fa crescere la barba, il capello è lungo e anche leggermente unto, ma del resto, tra sei figli e la sciura che oggi è in India per l’Unicef e domani è in Turchia per le Nazioni Unite, non ha neanche più il tempo di farsi uno shampoo, ‘sto poveretto. Lui la accompagna alla giornata mondiale dei profughi e il profugo sembra Brad. A cambiare però, è anche la Jolie. La bomba sexy, da quando s’è accasata, è sempre struccata e con le ballerine d’ordinanza. Le curve da femme fatale si sgonfiano e le foto delle sue braccia smagrite e con le vene in rilievo che manco un culturista russo, fanno il giro del mondo. Mai uno scatto della famiglia al mare, di Brad che improvvisa un torneo di bocce su sabbia, di Angelina che fa shopping. Al massimo, tutti insieme, li vedi in qualche rara foto in cui arrivano in aeroporto con zaini, peluche, bottiglie d’acqua e facce sfatte da jet lag e vagito selvaggio . E ora, l’ultimo atto. Angelina, quella che girava con la fialetta al collo col sangue dell’ex, ha preteso, dal povero Brad, il brillocco di fidanzamento come una borghesuccia qualunque. E il matrimonio. Ci ripensasse, Brad, prima che gli chieda anche l’abbonamento a Sky Family, la station wagon con le tendine di Winnie Pooh e lettino e ombrellone a Capalbio. Fossi in lui, tornerei da Jennifer. Sarà stata racchia, ma con lei restava “Brad”. Con la Jolie pure l’onta di farsi chiamare “Brangelina”: l’uomo più figo del mondo ridotto alla dignità di una Winx.