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La notte degli Oscar e noi che al confronto sembriamo preistoria

Guardavo la notte degli Oscar e pensavo a Sanremo. A come Conti e Albano e Romina, Marco Masini e Gabriele Cirilli che ride delle sue battute e la valletta che legge il gobbo per per dire «Pubblicità!», sembrino roba da mesozoico, se confrontati con lo show più atteso d’America. A come il concetto di politicamente scorretto, da noi, si fermi a Luca e Paolo che fanno una battuta a Giletti seduto in prima fila, mentre lì è il conduttore stesso a lanciare terra aria in direzione platea. A come qui si invochi la castrazione chimica per Siani per una battuta su un bambino cicciottello e lì il conduttore esclami sornione «Stasera premieremo gli attori più bianchi… (whitest)…cioè, più luminosi (brightest)!» facendo ridere tutti, senza accuse di razzismo, xenofobia e apologia del nazismo. Pensavo a come qui la lotta contro la discriminazione passi attraverso una canzone stonata da Platinette, a come l’omosessualità faccia show sotto la parrucca di Platinette e la barba di Conchita, mentre lì il conduttore Patrick Harris ha sfilato sul red carpet col marito David, non prima di aver mollato i suoi due gemelli alla babysitter. Pensavo al discorso del regista vincitore di Birdman, Alejandro Gonzalez Inarritu, che dichiara di avere indosso le mutande di Michael Keaton. «Sono strette e puzzano di palle, ma mi hanno portato fortuna».

Immaginate solo per un attimo qui, in Italia, Carlo Conti che dal palco del Festival, la sera finale ringrazia il pubblico per gli ascolti e aggiunge serafico: «Indosso le mutande di Pippo Baudo, sono larghe e puzzano di palle ma mi hanno portato bene!». Lo capite da soli che è fantascienza. Che occorrerebbe un salto temporale di almeno mille anni. Oppure che so. Pensate a Sean Penn che quando salgono sul palco Alejandro Gonzalez, il produttore e il cast del film (tutti messicani) fa la battuta «Ma chi ha dato a questi figli di… la green card?». Provate solo lontanamente a visualizzare che so, Gigi D’Alessio che sale sul palco a ritirare un premio a Sanremo con figli e parenti e Carlo Conti che gli dice «Ma chi li ha fatti entrare a Sanremo ‘sti terroni?». Come minimo scoppia una rivoluzione civile. Perché noi sì che sappiamo indignarci. Per esempio, su twitter s’è scatenato l’inferno perché alla notte degli Oscar si sono dimenticati di celebrare Rosi. Poche ore prima si era scatenato l’inferno perché il paese non s’era fermato alla morte di Luca Ronconi. Peccato che fino al giorno prima il novanta per cento degli utenti Twitter rimanesse convinto che Rosi & Ronconi fossero un duo di pianobar del varesotto, ma fingiamo di credere alla commozione collettiva.

Poi c’è la parentesi abiti. E qui tocca ammettere che per quanto si sforzino, gli americani riescono spesso a fare peggio delle vallette di Sanremo. E perciò, anche in questo caso, a stupire e a osare più di noi. Scarlett Johansson s’è presentata sul red carpet con un abito a sirena verde di Versace e una pettinatura rasata ai lati da sirena della polizia perché pareva un hooligan del Feyenoord. Jared Leto, in completo lilla e scarpa ortopedica per piede equino, ha polverizzato un’immagine da sex symbol coltivata per anni con cura e caparbietà. La modella ex di Ronaldo Irina Shayk ha infilato dal collo un collant nero velato e s’è presentata alla cerimonia così, sostanzialmente nuda e sorridente, segno che l’addio di Ronaldo l’ha preso bene quanto la ritenzione idrica il giorno in cui scatta per Sport Illustrated. Melanie Griffith era con la figlia Dakota, protagonista di Cinquanta sfumature di grigio. A chi ha notato la sua aria un po’ mesta e le ha domandato se avesse visto il film sado-maso con sua figlia, ha risposto: «No, ma ho visto l’ultimo spot del mio ex travestito da mugnaio e quello si che è masochismo». E a proposito di masochismo, John Travolta era lì con la moglie che ha rischiato il premio come miglior attrice protagonista nel ruolo della finta moglie di John e un parrucchino che pure Sandro Mayer avrebbe ritenuto poco credibile. Julianne Moore era vestita di bianco, Lady Gaga di bianco, Benedict Cumberbatch di bianco, Reese Witherspoon di bianco, Lupita di bianco, Felicity Jones di bianco, Marion Cotillard di bianco, Faith Hill di bianco e l’attrice di origini kosovare Rita Ora, per scongiurare il pericolo di vestirsi dello stesso colore, ha lasciato direttamente il vestito nell’armadio. Le sue chiappe di fuori hanno provocato fermento nei Balcani. A guardarla, del resto, si capisce perchè la Serbia ambisca neanche troppo intimamente a riprendersi il Kosovo.

Patricia Arquette, vincitrice della statuetta come miglior attrice non protagonista, ha ringraziato per il premio confezionando un pippone femminista sulla necessità dell’uguaglianza salariale per le donne e in effetti io sono assolutamente dell’idea che sarebbe giusto essere pagata ad articolo quanto la Jolie a pellicola. Infine, premio di consolazione per tutti con la statuetta offerta dalla Lego per i non vincitori costruita con i celebri mattoncini. A Di Caprio, assente, è stata portata a casa da un fattorino che nel consegnargliela, è caduto dalle scale, smontandola in mille pezzi. “Sarà per il prossimo anno”, gli ha detto sconsolato. Poi ha chiuso la porta e Di Caprio ha continuato indisturbato la sua orgia con le finaliste delle ventuno edizioni di America’s next top model. Trionfatore della serata il film “Birdman”, la storia di un uomo che vuole convincere il mondo di essere un grande attore, per cui è davvero un peccato che oltre all’italiana Milena Canonero vincitrice per i costumi, nessuno abbia pensato di rendere omaggio a Gabriel Garko, indiscussa musa della pellicola messicana.