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La mia guida ad EXPO 2015

“Il padiglione del Qatar vi aspetta per farvi assaggiare il gelato molecolare al pomodoro!”

Inizia con questo potente proclamo motivazionale gridato all’altoparlante il mio ingresso ad Expo, proprio nel giorno in cui Renzi e Hollande si incontrano per discutere delle recenti frizioni dovute alla paura che le frontiere restino chiuse. Alla Nutella, naturalmente. Mi concentro sullo slogan di Expo “Nutrire il pianeta” e imbocco il gigantesco vialone incorniciato dai padiglioni di tutto il mondo. Perché qui il tema portante è il cibo. E’ la grande contraddizione di un mondo in cui c’è chi muore di fame e chi d’obesità.

Decido di ignorare l’invito all’assaggio del gelato molecolare al pomodoro in Qatar, anche perché credo che il menù della Cristoforetti sullo spazio fosse più allegro, e mi guardo intorno. Entrando da Triulza, ho subito la conferma che Expo ha centrato in pieno l’argomento. Sulla sinistra il primo padiglione è quello della nota azienda alimentare Oviesse, per cui vado a visitarlo nel dubbio che magari abbiano inaugurato una linea di mutande commestibili al cacao equo e solidale della Costa D’Avorio, ma vedo solo normali vestiti su normali stampelle ed escludo che le commesse siano di marzapane perché una è uscita a fumarsi una sigaretta. Esco domandandomi se tra le contraddizioni del pianeta si possa includere anche la grande domanda “Perché tutte le attrici si vestono Prada o Gucci e la Arcuri continua a sembrare vestita Oviesse?”, ma non mi scoraggio.

Sulla destra tutto mi appare improvvisamente chiaro e luminoso: il padiglione della Caritas sul cui prato spicca un numero (795) scritto con la ghiaia, ci ricorda che 795 milioni di persone nel mondo non hanno cibo a sufficienza. Di fianco, con una pertinenza commovente, c’è il box Technogym con tutti i suoi attrezzi in bella vista. E lì sospetto il messaggio forte che Expo ci vuole dare: ci sono 795 milioni di persone sul pianeta che osano essere magre senza correre sul tapis roulant Technogym. Scandaloso. Nel frattempo scopro che con quello che costa un vogatore Technogym si potrebbe risolvere il problema della fame in Ciad o dell’Angola e tiro dritto. Solo che a quel punto mi imbatto proprio nel padiglione dell’Angola in cui il problema della fame e della malnutrizione sono una questione seria e mi si para davanti una struttura faraonica costata qualche milione di euro con interni futuristici che illustrano il ruolo della donna nella politica del paese. Esco assolutamente certa del fatto che devo andare al più presto in Angola perché lì si mangia, si beve, c’è ricchezza e le donne costringono gli uomini a passare il folletto sul tappeto e mi trovo davanti, dall’altro del vialone, la Madonnina del Duomo a grandezza naturale . E’ lo spazio dedicato all’ente col nome più brutto della storia, ovvero “La veneranda fabbrica del Duomo”, che si occupa della valorizzazione della cattedrale. Peccato che la Madonna sia in cima a una scalinata di cemento armato di quelle che solitamente hanno in cima la fiamma perpetua e i nomi dei caduti e penso che se questo è l’Expo della rieducazione alimentare, l’architetto che valorizza il duomo in questo modo andrebbe tenuto digiuno in un carcere cinese per sei mesi.

Da questo momento in poi realizzo che cercare di trovare un senso logico all’Expo senza una guida ragionata è un’impresa ardua, per cui l’ho visitato tutto e ho deciso di lasciare a chi dopo di me tenterà di capirci qualcosa questa lista di indicazioni che seppur non contribuirà a nutrire il pianeta, gli permetterà sicuramente di non vagare ad Expo come una scimmia ubriaca .

IL PASSAPORTO
Anche se non siete mai usciti dalla tangenziale ovest, sappiate che, andando a Expo, vi sentirete Marco Polo. A soli 3 euro e 50 infatti, potrete acquistare un passaporto farlocco da farvi timbrare in ogni padiglione. La collezione consiste i ben 53 timbri, solo che alcuni paesi ancora non lo possiedono, per esempio gli Emirati Arabi, che uno dice: questi hanno le trivelle per il petrolio e non un euro e cinquanta per una minchiatina di timbro. Morale: c’è gente che torna appositamente ad Expo per finire la raccolta con quello dell’Oman. Poi chiedi dove sia l’Oman e ti rispondono “Sotto la Puglia” ma grazie a Expo e il suo passaporto ci si sente tutti cittadini del mondo.

PADIGLIONE ONU
Una targa mette le mani avanti: “Per la prima volta nella storia delle esposizioni universali Onu non avrà un singolo padiglione ma una presenza diffusa con contenuti diversi”. E ti pareva. Appena si parla di Italia l’Onu smette di essere compatta pure se si tratta di costruire un padiglione, figuriamoci quando di tratta di decidere cosa fare di 150 000 profughi l’anno.
OGGETTI SMARRITI
A parte le solite chiavi e documenti, nei bagni di Expo sono stati trovati anche tre vibratori regolarmente portati nell’ufficio lost&found della stazione metropolitana. Nessuno al momento è tornato a reclamarli anche perché occorrerebbe poi dimostrarne l’effettiva proprietà e non oso immaginare la prassi. Vista la nota oculatezza di Farinetti in fatto di spese, spero non siano destinati a essere riciclati nelle cucine di Eataly come sbattitori elettrici.

MC DONALD’S
Del fatto che sia sponsor ufficiale s’è già discusso abbastanza. Il punto è che è sempre pieno, quindi c’è gente che paga un biglietto per entrare ad Expo, si trova davanti 150 ristoranti con i sapori di tutto il mondo ma sceglie di mangiare un Chicken Menù. Poi dici che non bisogna sperare in un meteorite che resetti il pianeta.

COLPA DEI MARO’
E’ un Expo che parla di nutrire il pianeta e manca all’appello l’India, ovvero il paese col più grosso tasso di malnutrizione del mondo. O meglio: c’è sotto mentite spoglie, perché il “Padiglione Basmati” è il suo, ma il nome non ce lo mette. Colpa dei marò e della tensione diplomatica con il nostro paese che s’è tradotta in questa specie di gnegnè. Il problema è che gli unici con la scritta a penna “India regali” e “India souvenir” sono due piccoli baracchini che vendono parei e statuine di Ganesh i cui venditori però hanno da dire la loro. Ne avvicino uno che mi pare mite e gli domando “L’India non c’è per via dei Marò?”. Il tizio mi guarda, sorride e poi mi fa il mazzo: “Senti, sei la centesima italiana che viene qui a farmi la battuta sui Marò. Io li conoscevo anche, li incontravo spesso al bar dell’ambasciata in India perché frequentavo il corso di lingua italiana nel vostro circolo culturale dentro l’ambasciata. Ho vinto una borsa di studio qui in Italia grazie a una tesi sui vostri marò, e finito qui vado a studiare a Perugia. Chiedete come stanno i Marò ma non chiedete mai come stanno le famiglie dei pescatori che hanno ucciso. Ricordati che non sono neanche mai stati in galera ma vivono nell’ambasciata e che per voi saranno eroi della patria ma non vi siete chiesti cosa facessero su un’imbarcazione privata!”. Batto in ritirata e penso che se questo è il piglio di un indiano nel negozio di souvenir, non oso immaginare quello di un giudice indiano. Forse è meglio riportare indietro pure Girone prima che, in perfetto tema “nutrire il pianeta”, lo servano nella mensa militare indiana col basmati.

EATALY
L’area Eataly è indubbiamente la più spersonalizzata e anonima di tutto l’Expo. Grandi sale grigie con sedie di plastica e neon al soffitto accolgono i vari ristoranti regionali che sembrano più delle cucine d’albergo che luoghi in cui mangiare. All’esterno piccoli gazebi realizzati con tubi rossi e mattonelle da ospedale. Manca solo quello che ti mette venti euro di diesel e sembra un autogrill. Sicilia e Sardegna dividono un’unica sala e questo è mistero fitto. La Sicilia è forse la regione in cui si mangia meglio nel paese e non ha un suo spazio. I ristoratori si alternano e vengono chiamati a Expo direttamente da Farinetti in base a criteri mai chiariti. Sarebbe per esempio interessante che ci spiegasse perché nello spazio Campania si trovi Rossopomodoro, il franchising della pizza cruda, roba che se i napoletani se ne accorgono fanno saltare in aria l’Albero Della Vita. Comunque, i ristoratori non pagano l’affitto dello spazio ma devono il 30% degli incassi a Eataly. Quelli che hanno gli stand nei cluster devono dare a Expo il 12%. Farinetti, a Expo, dà il 5% sugli incassi. Poi c’è l’inghippo. Per ragioni oscure, i ristoratori devono comprare molti dei prodotti per cucinare da Eataly (farina, olio…), alla Metro e frutta e verdura presso l’OrtoBra. Gli viene consegnata direttamente una lista che devono rispettare. Per portare lì i prodotti, accreditare la loro macchina costa 4.000 euro, altrimenti possono rivolgersi a tre corrieri indicati da Expo. Uno è di Bra. Comodissimo. Naturalmente, il fatto che Farinetti sia di Bra è solo una curiosa coincidenza . Le previsioni di incasso che erano state fatte ai ristoratori erano di circa 200/300 mila euro al mese. Qualcuno si dice contento se arriva a 90. E’ incredibile che per “Nutrire il pianeta” Farinetti non abbia già vinto l’appalto a tavolino.

CIOCCOLATO
A girare per Expo ci si imbatte ad ogni angolo in stand a tema cioccolato. C’è perfino un agghiacciante Chocho Kebab. Ferrero fornisce addirittura i visitatori di un passaporto che va timbrato in tutte le sette torrette disseminate nell’area Expo per avere un prodotto Ferrero in omaggio. A cosa poi servano le sette torrette Ferrero non è ancora chiaro… forse ci sono dei cecchini che sparano a chi va a comprare da Lindt. Se volevamo far sapere al mondo che siamo un paese di cioccolatai, il messaggio è arrivato.

PADIGLIONI TUTTI IN FILA
Ormai s’è diffusa la voce che alcuni padiglioni siano più belli di altri e quindi per vederli bisogna affrontare file subumane. Per visitare il Giappone bisognerebbe inaugurare una nuova stagione di bombardamenti aerei sulle file di giapponesi. File ignobili anche per vedere il Kazakistan. Naturalmente non per i celeberrimi tour eno-gastronomici kazaki ma perché è tutto in 3D. Altro padiglione preso d’assalto è quello degli Emirati Arabi con gli arabi che accolgono i turisti vestiti con l’abito tipico per cui tutti chiedono la foto come con i centurioni al Colosseo. La fila più inspiegabile è quella al padiglione della Colombia, ma del resto quando si diffonde la voce che ci siano cose buone colombiane si riscontra sempre un certo entusiasmo. Affollati anche i padiglioni di Cina, Thailandia, Malaysia, Israele, Inghilterra e Austria, oltre che l’inarrivabile Brasile.

PADIGLIONI MESTIZIA
La Moldavia vince a mani basse. Entri e c’è solo una gigantesca cartina che ti mostra dove sia la Moldavia della serie “Intanto impara dove siamo poi ti diciamo che si magna”, poi c’è un’allegrissima esposizione di neon, dei video di gente che balla come se un suv fosse passato sopra gli alluci del corpo di ballo, poi arrivi finalmente al loro ristorante e la specialità è il panino cotto e formaggio. Al padiglione Cuba va anche peggio: c’è solo un bar dove bere e puoi acquistare i cavatappi con la faccia del Che. La Lituania presenta una gigantesca sfera con le foto dei famosi e prelibatissimi piatti lituani, tipo il famoso Zemaitiskas Kastynis, per l’assaggio del quale, come saprete, si organizzano dei charter da tutto il mondo. Il Belgio ha una ressa incredibile fuori perché c’è lo stand delle patatine fritte, in compenso all’interno non c’è nessuno anche perché per motivi oscuri ci sono esposizioni di gioielli ovunque. O in Belgio si mangiano zaffiri o avevano capito che il tema dell’Expo fosse “Agghindiamo il pianeta”. L’Argentina è un padiglione di una mestizia siderale. Il percorso consiste in un serpentone di lamiera senza nulla intorno, che uno esce e ha voglia di dire: non chiediamo a voi di nutrire il pianeta ma neanche di prenderlo per il culo, grazie.

PADIGLIONI IO SO’ IO
Sono i padiglioni di quelli che fanno a chi ce l’ha più lungo. La Russia ha un padiglione a specchio costruito per Putin così quando viene in visita prima di entrare si controlla i punti del lifting. Dentro c’è un gigantesco bar al centro del quale ci sono enormi fiale ampolle, alambicchi in stile laboratorio. Probabilmente è dove fanno alcune loro specialità tipo il tè al polonio ma nessuno osa chiedere. Poi vari cartelli ci raccontano che la Russia è il paese più grande del mondo, più bello del mondo, più saggio del mondo e che ha la riserva d’acqua dolce più grande del mondo. Bene, ora sappiamo che oltre al gas ci possono togliere pure l’acqua. Ma l’acme della megalomania lo raggiunge il padiglione del Turkmenistan, dittatura comunista il cui tiranno Gurbanguly Berdymukhammedov fa sembrare Kim Jong Fabrizio Frizzi. Per intenderci, è uno che ha ribattezzato interi villaggi col suo nome e i mesi dell’anno con i nomi dei suoi parenti. All’ingresso del padiglione c’è un ritratto del dittatore alto fino al soffitto. In apposite vetrine ci sono tutti suoi volumi sulla cui copertina c’è lui che sorride, lui che va a cavallo, lui col costume tipico e così via. Il Vespa turkmeno insomma. Al piano di sopra ci sono foto degli oleodotti , taniche di benzina e altre vetrine contenti i prodotti tipici turkmeni: il diesel, il gasolio , l’olio per il motore e così via, tanto che alla fine ti chiedi se i turkmeni nell’expo sull’alimentazione siano andati fuori tema o pasteggino a carburante. Comunque il dittatore Gurbanguly a me pare un uomo illuminato e ritengo che il culto di sé appena sfumato, non sia mai qualcuno gli traduca l’articolo. Saluto i responsabili del padiglione Gurbanguly, Gurbanguly e Gurbanguly e vado oltre.

I PADIGLIONI CAZZARI
La Corea ha un padiglione bellissimo, bianco e futuristico. Entri e c’è un bel pannello dal titolo “I Sapori e la saggezza della Corea”. Poi ti rammentano che il loro concetto dello slow food è antichissimo. E allora ti viene voglia di chiedergli se per loro saggezza e km zero significhi mangiare il cane del vicino di casa ma ti mordi la lingua. Anche l’Iran ha un padiglione notevole, solo che ci sono dei giganteschi schermi che ti raccontano che lì il vento soffia forte 120 giorni l’anno. Mentre ascolto penso: “E vabbè, se vado in Iran mi ricorderò di portare un giacchettino”. Quindi una tipa mi si avvicina e mi chiede se voglio il cd in cui mi si spiega che in Iran tira molto vento. Le dico “No grazie, pure ad Alghero tira vento ma non c’hanno fatto un cd.”. Allora lei mi spiega che il vento in Iran favorisce l’energica eolica che è pulita. Allora le vorrei ricordare che l’Iran è tra i principali produttori di petrolio al mondo per cui energia pulita una cippa, ma chiudo la polemica e vado oltre. La Slovenia ha un bellissimo ingresso cosparso di sale perché ne produce in quantità, dentro c’è una bella mostra di miele, poi ti ricordano che hanno acqua purissima, che la loro è la capitale verde d’Europa e poi se proprio non t’hanno convinto alla fine ci sono i volantini dei casinò. Del resto come noto in Slovenia è più probabile mangiarsi il conto in banca alla slot che i piatti tipici non proprio memorabili. L’America ha un padiglione enorme pieno di nulla e il paese non tradisce se stesso: con una serie di filmati molto belli vogliono convincerci di mangiare sano (la parola healty è ripetuta a mo’ di nenia), che i tacchini del thanks giving sono felici, che il cibo americano è il migliore del pianeta. Insomma, la solita zuppa: col cinema ci convincono che i buoni sono sempre loro. Il padiglione del Brunei è la vera sola. Di notevole c’è solo la gigantografia del sultano vestito in stile Principe cerca moglie, un rumore d’uccellini in sottofondo e qualche foto della foresta pluviale. Qui mi sorge il dubbio che ‘sto sultano mi sia decaduto come una Patrizia De Blanck qualunque , perchè non è possibile che l’Angola abbia dato due giri al sultano del Brunei. Il padiglione della Francia è un perfetto sunto della sua nouvelle cuisine: bellissimo padiglione da fuori, bellissima presentazione, ma dentro non c’è niente.

Insomma. La nutrizione del pianeta sta così a cuore al visitatore medio di Expo che il padiglione Save the children, l’unico a spiegare cosa si fa per aiutare chi ha fame nel mondo con un percorso divertente e istruttivo, ha 700 visitatori al giorno. Il Brasile in cui ci si diverte camminando su delle reti come Indiana Jones de noantri ha 17 000 visitatori al giorno. Con la chiusura delle scuole il numero dei visitatori è calato vertiginosamente per cui pare che Renzi per la buona scuola introdurrà a giorni una nuova riforma: riaprire le scuole e a luglio.

p.s.
Vi consiglio per simpatia L’Irlanda (allegro, c’è sempre qualche ballo o canto tipico), l’Estonia (le altalene di legno sono bellissime), l’Austria (è la rivelazione), l’Ungheria (c’è un pianoforte nel mezzo che suona chiunque passi di lì.. una specie di X Factor fai da te), Israele anche solo per l’esterno, il padiglione Save the children, perchè il percorso soprattutto per i bimbi è bellissimo e naturalmente… il Turkmenistan, anche perchè altrimenti il dittatore si incazza.).