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Il cast di Ballando e il giornalismo becero

Se volete un esempio di giornalismo becero e di sensibilità sotto le scarpe, ve ne mostro uno che dovrebbe fare scuola. In un pezzo così c’è tutto il peggio che si possa mettere in un articolo: il pretesto fesso per un attacco gratuito, un’argomentazione che starebbe in piedi solo se la giornalista fosse un genio nell’esercizio di stile e soprattutto, una gran bella argomentazione: la Rai non vuole le miss mute ma fa lavorare una trans. Continua

Travaglio vs Grasso e l’asilo Mariuccia

Il mio pezzo su Libero di oggi su Travaglio, Grasso, la 7 e l'asilo Mariuccia:

Se trovate che le discussioni tra i giudici di Amici o gli scambi epistolari su Dipiù siano roba da asilo Mariuccia, è perchè non avete seguito con la dovuta attenzione il caso Grasso/Travaglio e i successivi sviluppi. Personalmente, sono due giorni che assisto con assoluto rapimento al vortice di proposte, due di picche, controproposte, tweet e battibecchi tra protagonisti e comprimari che neppure i 29 anni d’amore di Albano e Romina sono stati così prolifici. I fatti, all’asilo Mariuccia, sono più o meno questi: durante l’ultima puntata di Servizio pubblico, il compagnuccio Marco Travaglio sostiene che il neopresidente del Senato Pietro Grasso non sia il cavaliere senza macchia che stampa e tv dipingono da giorni. Nello studio cala il gelo. Lo stupore nell’udire le parole di Travaglio è palpabile poiché accade una cosa che non era mai accaduta: non il fatto che un magistrato abbia strizzato l’occhio alla politica, ma il fatto che Travaglio abbia parlato per tre minuti consecutivi senza leggere da un foglio. Una roba commovente, perfino sinistra. Perchè se deve parlare di Berlusconi dopo 20 anni che parla di Berlusconi Travaglio legge e su Grasso va a braccio? Aveva forse scritto le sue 7000 battute di invettiva contro l’ex magistrato sul palmo della mano destra? Passa qualche minuto e il compagnuccio Santoro annuncia la telefonata del compagnuccio Pietro Grasso in diretta. Al neopresidente del Senato non piace quello che s’è detto di lui e chiama in diretta come zio Michele chiama Domenica Live per cazziare Barbara D’Urso. Come Celentano. Come Corona. Come l’avvocato della Moric. La seconda carica dello stato, l’uomo che nel caso il presidente della Repubblica sia in Canada e perda l’aereo mentre la Corea del Nord sgancia un’atomica su Trieste, deve decidere la reazione politica e militare del paese, si preoccupa di fare una telefonata in tv. Non so voi, ma la faccenda non mi tranquillizza: alla luce dei fatti, potrebbe succedere che mentre la Corea del Nord sferri anche l’attacco da terra su Fregene, il compagnuccio Grasso sia al telefono con Marco Liorni perchè a “La vita in diretta” hanno mandato una foto di lui con la barba di due giorni. Il contenuto della telefonata ha un livello di maturità che i dialoghi di “My little pony” al confronto sono Schopenhauer: “Non voglio invadere la tv, non è il mio stile. Vorrei invitare Travaglio in tv per un confronto carte alla mano”. Che è come dire: “La Milano da bere non è il mio stile, ma ne parliamo meglio stasera nel privè dell’Hollywood”. Santoro, che nel frattempo ha un livello di eccitazione che nemmeno di fronte a Veronica Lario con le bobine di vent’anni di telefonate ad Arcore nel reggiseno, lo invita a confrontarsi con Travaglio la settimana successiva nel suo programma. Grasso replica seccato: “Una settimana è troppo, non posso aspettare così tanto di fronte a accuse così infamanti”. Una settimana è troppo. Che detto da un ex magistrato suona decisamente esilarante, visto che c’è gente che grazie ai tempi della giustizia aspetta anche diecine di anni prima di vedere riabilitata la propria reputazione. Tentano di convincerlo, ma nulla, Grasso è convinto che ci siano già le rotative del New York Times che girano con la sua faccia in prima pagina e quindi si cercherà un salotto alternativo. Travaglio va a memoria attingendo dai dialoghi di “Fast and furious” e dichiara: “Io è una vita che aspetto il confronto!”, dimenticando che dall’altro confronto che aspettava da una vita è uscito come una Smart da un crash test, e la faccenda, in diretta, si chiude lì. Il giorno dopo, l’asilo Mariuccia si colora di nuovi colpi di scena: a la 7 non c’era tutto ‘sto fermento da quando Piroso e Mentana si sono incrociati per sbaglio di fronte al vassoio dei broccoli in sala mensa. Per far scannare i due, scatta la gara a chi offre il ring migliore. Santoro vuole mettere in piedi uno speciale Servizio pubblico nel weekend, il direttore di rete Ruffini propone Piazza pulita di Formigli come teatro dello scontro, Mentana apre le porte ai due nel suo tg, Benedetta Parodi propone a Travaglio e Grasso un duello nella sua cucina a colpi di cucchiara, la Bignardi mette a disposizione il terrazzo del bagno di servizio e Myrta Merlino dice che ha una casa in multiproprietà a Gran canaria e dal primo al venti maggio possono andare quando vogliono. Interviene anche Maria De Filippi che propone ai due di scontrarsi ad Amici dicendo che vedrebbe benissimo Travaglio nella squadra blu e Grasso nella bianca con Emma, la quale dopo un anno, ancora aspetta di essere risarcita dallo sputtanamento di De Martino, altro che Grasso. Il compagnuccio Travaglio si impunta e non accetta inviti: o da Santoro, o niente. Il compagnuccio Formigli allora gli invia un tweet: “Marco ripensaci”. Prima che possa aggiungere “Il treno delle sette e trenta senza lui, ha un cuore di metallo senza l’anima nel freddo del mattino grigio di città”, ci si mette pure il compagnuccio Gad Lerner che cinguetta a sua volta: “Travaglio e Santoro coniano il loro Comandamento: "Non avrai altra televisione all'infuori di me". Vezzi da star in una rete senza censura». E proprio quando Travaglio sta per accusare Formigli di avergli rubato le carte Pokemon dallo zaino, suona la campanella. Tutti in classe e appuntamento alla prossima ricreazione, quando Travaglio darà appuntamento al compagnuccio d’asilo Grasso davanti allo scivolo rosso e gli dirà finalmente: “ Davvero hai preso sul serio quello che ho detto? C’hai creduto, faccia di velluto!”.

Le cinque intercettazioni di cui nessuno vi ha parlato

Il mio pezzo su Libero di oggi sulle cinque intercettazioni chiave di cui sono entrata in possesso: So che mi accingo a compiere una gravissima violazione della privacy, ma sono entrata in possesso di cinque intercettazioni telefoniche che chiariranno molti punti oscuri di questa campagna elettorale e non posso trattenermi dal pubblicarle. Intercettazione del 9 febbraio, ore due di notte. Silvio Berlusconi telefona alla fidanzata Francesca Pascale, dopo essere stato ospite della trasmissione “Leader” di Lucia Annunziata. “Francesca, amore!”. “Ciao amò. Aspetta un attimo che guarda m’hai chiamata in un momento delicatissimo”. “Hai qualcosa sul fuoco?”. “No, mi stavo spinzettando le sopracciglia”. “Ah brava, mi raccomando tutto quello che avanza nella solita bustina, che poi io mi ci infoltisco le basette”. “Sì, questa settimana t’ho già riempito sei bustine, quando andrai da Formigli c’avrai più basette tu di Ivano di Viaggi di nozze ”. “Allora, mi hai visto dalla Annunziata?”. “Amò, io so’ stata sveglia tutta la notte a aspettare che arrivavi tu ma il servizio tuo non c’era”. “Amore ma era una diretta!”. “Lo so che Le iene so’ in diretta ma tu non c’eri e non c’era manco questa iena Nunziata”. “Iena Nunziata?”. “Eh, tu mi hai detto “Stasera vado da quella Iena della Nunziata!”. “No amore, era “quella iena di Lucia Annunziata”, ma non fa nulla”. “Ah, mi pareva infatti. Però bello “Le iene” guarda, c’era un servizio di Golia pe’ chi ha investito sul mattone come me proprio interessante”. “Perchè, hai acquistato case di recente?”. “No, il fard mattone quello che mi hai rubato prima d’andà da Santoro che mi hai detto che lui era tornato dalle Maldive e era più abbronzato di te, ti ricordi? Eh i trucchi li sperimentano sugli animali”. “Va bene amor…”. “Ma dici che il gatto di Giannino sta così incazzato perchè hanno sperimentano un fard pure su di lui?”. “No no, Sallusti fa quell’effetto a tutti”. “Vabbè amò, senti io vado a dormire che qui nello scantinato dove m’ha chiuso la Ghisleri la luce filtra presto al mattino”. “Tranquilla amore, che appena finisce la campagna elettorale ti facciamo uscire”. “Amò, anche un po’ prima perchè dopo che ha detto negretto a Balotelli, la Ghisleri qui c’ha portato pure tuo fratello e stiamo stretti”. Tututututututu. Seconda intercettazione. 20 gennaio, ore 15,00. Pierluigi Bersani chiama Matteo Renzi. “Pronto Matteo”. “No sono il figlio”. “Ah, e come mai rispondi tu al telefono di tuo padre?”. “Perchè papà dice che tanto non lo chiama più nessuno a parte la Bignardi e Iva Zanicchi e allora il cellulare lo lascia a me per giocare a Ruzzle”. Tututututututu. Terza intercettazione. Mercoledì 6 febbraio. Elsa Monti chiama il marito Mario alle ore 22,00, al termine della sua intervista alle Invasioni barbariche. “Mario!”. “Elsa dimmi”. “No dico, sei impazzito? Mica penserai di portare quel sacco di pulci cimurroso a casa?”. “Ma Elsa, me l’hanno messo in braccio, cosa dovevo fare?”. “Come cosa dovevi fare? Scusa , le tasse le chiami sforzo necessario per favorire la ripresa, l’ICI la chiami IMU, la Finanziaria la chiami Patto di Stabilità e non sei capace di dire “Accoglierei volentieri questo grazioso quadrupede presso il mio domicilio ma non ci sono le condizioni favorevoli al momento”, anziché “Non voglio questo maledetto cane rognoso?”. “Tesoro, lo so, ma poi mi dicono che non sono empatico. Ora lo teniamo fino alla fine delle elezioni e poi lo abbandono davanti casa di Carmen Russo e Enzo Paolo Turchi, che tanto quelli un cane in più un cane in meno manco ci fanno caso”. “Sì ma domani abbiamo ospiti a cena, se piscia sui pantaloni del presidente del Rotary poi glielo spieghi tu che io non lo volevo”. “Va bene”. “E quando vai agli incontri con quelli del Bilderberg te lo porti!”. “Dai Elsa, non posso presentarmi davanti ai pezzi grossi dell’economia mondiale col cagnolino nel marsupio come la Canalis”. “Mario, tesoro, tanto dopo che hai scritto Wow su twitter o hai detto “Sono gasatissimo” dalla Bignardi , al Bilderberg al massimo ti danno la parola per dire “E ora tutti a mangiare!”. Quarta intercettazione. Giovedì 8 febbraio. Antonio Ingroia chiama il suo spin doctor. “Giovanni?”. “Sì Antonio dimmi”. “Hai visto Monti dalla Bignardi ieri sera?”. “Sì”. “Com’è che è riuscito a diventare simpatico pure lui e invece con me di fronte pure la Gruber diventa Jim Carrey?”. “Antò, diamoci tempo, ora anche noi magari ci inventiamo che hai trovato un gattino sotto la pioggia..”. “Quello l’ha fatto già Barilla nell’87”. “Vabbè, che adotti una scimmietta da un circo che chiude..”. “Ce l’aveva Dolce Remì nell’ 81”. “Prometti un condono tombale pure te”. “E che condono?”. “Condona gli scudetti alla Juve. L’epo a Cipollini. Le multe a Balotelli. La gallina Rosita a Banderas”. “Giovà, sei licenziato”. “E perchè?”. “Perchè ormai se vuoi vincere devi prendere uno spinone, non uno spin doctor”. “Sei un ingrato Antò. E allora lasciatelo dire. Se Berlusconi restituisce l’Imu, tu lo sai al massimo cosa puoi restituire?”. “Cosa?”. “La voce a Nino Frassica!”. Tututututu. Quinta intercettazione. Lunedì 4 febbraio. Ore otto e venti del mattino. Beppe Grillo chiama Gianroberto Casaleggio. “Pronto Gianroberto, sono Beppe”. “Beppe chi? Beppe71? @BeppeG.? #beppefragolino?”. “Beppe Grillo!”. “Beppe, quante volte ti ho detto che il telefono non fa parte del vademecum, mandami una mail, scrivimi su whatsapp, usa Viber, cercami su Skype, inviami un poke o una cartella con Dropbox”. “Gianroberto: vai a cagare!”. “Ah ma me lo potevi dire che era per il nome per il prossimo tour! E’ perfetto! “Vai a cagare”. Lo posto subito su fb!”. Tutututututu. Ovviamente possiedo anche la famosa intercettazione tra Napolitano e Mancino che andrà definitivamente distrutta lunedì. Non parlavano di Di Pietro come si mormora. Napolitano rivelava a Mancino una verità inconfessabile, carpita con mezzi illeciti e solo grazie a evidenti collusioni tra Stato e Mafia: il nome del vincitore di Master chef.

Le invasioni barbariche e le sadiche interviste di Daria

Il mio pezzo per Libero in edicola oggi: Nella fila di croci di quel cimitero affollato che è il palinsesto de la 7, quest’anno c’è un programma che sopravvive a share e guerre intestine. E senza gente che spadelli analizzando gli elementi di cosmogonia rintracciabili nello scalogno o vomiti insulti assortiti. Sto parlando de “Le invasioni barbariche”. Che non solo regge con piglio il passare del tempo, ma va pure meglio degli anni precedenti. Il motivo è semplice e sta in quello che definirei senza esitazione il coraggio di cambiare, di sparigliare le carte e di mutare pelle senza la pavidità tipica dei format collaudati. Quest’anno, per dire, non c’è più la birra sul bancone durante l’intervista barbarica. Nulla. Neppure un bicchiere d’acqua, un limoncello, un caffè d’orzo. L’ospite si siede e alla quindicesima faccia schifata della Bignardi alla sua risposta, non può neppure attaccarsi al boccale e confidare nel coma etilico. Sadismo puro. L’altra rivoluzione epica della nuova edizione de Le invasioni barbariche è la presenza di Geppi Cucciari. Ora, senza nulla togliere alla Geppi che è donna intelligente e simpatica, non si capisce per quale ragione la Bignardi, quando la vede, sia colta da raptus saffico. La prima puntata, nel presentarla, le ha fatto un cappello introduttivo che uno non sapeva più se stesse per entrare la Cucciari o il Dalai Lama. Da Geppi, Daria si fa dire di tutto: antipatica, snob, choosy, qualunquista, cafona, roscia e pidiellina. Roba che se un Brunetta qualunque le dicesse per scherzo un decimo di quello che le dice Geppi, sarebbe già impalato a centro studio. Che poi c’è un’ amara verità che va confessata. Da quando Geppi s’è messa a stecchetto, mangia solo yogurt e ha la pancia che ride come quella della Marcuzzi, s’è sì infighita a livelli clamorosi, ma fa molto meno ridere. Il meccanismo è spietato ma vero: ora mentre parla una donna è lì che sta pensando “Maledetta, ora mi dici come hai fatto a passare da una 46 a una 38 senza nutrirti di bacche e radici per un anno” e un uomo è lì che sta pensando “Ah però, hai capito Geppi. Tutto sommato se mi citofonasse le aprirei pure”. Quello che dice, ormai conta meno di quello che si mette. Detto ciò, restano inalterati alcuni punti fermi del programma, quelle certezze a cui lo spettatore è ormai irrimediabilmente affezionato e che sa di trovare quando guarda Le invasioni: a) la faccia schifata della Bignardi quando davanti a sé ha l’ospite “la redazione ha insistito tanto”. Se l’ospite non le è simpatico o non le piace o se nella scala dell’evoluzione lo considera un gradino sotto la blatta fischiante del Madagascar, per tutta l’intervista lo metterà nella condizione di valutare seriamente l’autocombustione medianica per mettere fine al supplizio. Tra sguardi assassini, smorfie alla Facci e pause per guardare la cartelletta in cerca della domanda più infame come facevano i professori guardando il registro dopo aver pronunciato la frase “Oggi interroghiamo…”, l’intervista barbarica denominata “le-stavo-sulle-palle” è un’esperienza che segna più del divorzio con figli in età adolescenziale. b) la faccia rapita della Bignardi quando, al contrario, ha l’ospite “Figa di legno sarà tua sorella”. Le capita, spesso, con gli attori. Piazzale davanti un Favino e lei è tutta un sorrisino, una svenevolezza, uno sdilinquimento. Con Stefano Accorsi poi, Daria si dimentica pure il nome del primogenito. Ce l’ha lì, dietro al bancone, e la mistress Rottermaier si trasforma in un’adolescente alla prima cotta. Stefano Accorsi dice “secondo me il Mein Kampf dovrebbe sostituire il sussidiario alle elementari” e lei chiede l’applauso. c) l’occhio narcolettico in presenza dell’ospite “Quando ho finito svegliatemi”. Succede con gli ospiti nei confronti dei quali prova una totale, plateale, smaccata indifferenza. Le è successo con Belen. La sua faccia mentre guardava la Rodriguez col pancione era quella di chi pensava “Signore fa che le si rompano le acque ora, così faccio rientrare Severgnini”. Non la trattava male, no. Peggio. Fingeva di ascoltarla ma giocava mentalmente a Ruzzle. Pare che col nome “Belen Rodriguez” abbia generato 71 parole in 35 minuti di intervista. Quando ha spostato l’argomento sulla politica per animare un po’ il confronto e Belen ha illustrato la sua teoria sull’urgenza di una rivoluzione civile a colpi di cucchiara sulle pentole, ho temuto che la Bignardi chiamasse l’assistente di studio per chiedere un bicchiere d’acqua e un narghilè per farsi di crack. d) l’intervista “Esci da quel corpo!”. Ogni tanto, Daria, è vittima di una possessione demoniaca che la coglie in momenti del tutto imprevedibili. Come la piccola Regan de L’esorcista, lei è lì che discorre amabile con l’ospite di turno, e tra sorrisi e convenevoli a un certo punto le scappa una frase che è generata da il Male. Da Belzebù. Belen dice: “Berlusconi ce l’ha con me perchè non gliel’ho data” e lei le risponde “A lui!”. Bastianich è lì che ride e scherza e lei commenta una sua foto di qualche anno fa con un imprevedibile “Eri un orrendo ciccione!”. Insomma, io fossi in lei come assistente di studio mi prenderei Padre Amorth. e) l’intervista “quanto m’attizza la piccozza”. Daria nutre una misteriosa e viscerale passione per gli alpinisti. Li intervista tutti. Quelli da parete, da roccia, bassa quota, alta quota, da escursioni o da esperienze estreme. Se vi vede sulla parete per arrampicata da Decathlon, dopo sette minuti netti vi fa chiamare dalla redazione per fissare l’intervista. La ragione di certe infatuazioni di Daria non la conosce nessuno, come del resto nessuno ha ancora ben capito perchè al suo invito dicano tutti sì, nonostante la graticola che attende l’ospite. Diciamo che l’intervista barbarica è una sorta di chiamata alle armi: bisogna dire sì, nella viva speranza di non starle sulle balle.