Il mio pezzo per Libero in edicola oggi: Nella fila di croci di quel cimitero affollato che è il palinsesto de la 7, questâanno câè un programma che sopravvive a share e guerre intestine. E senza gente che spadelli analizzando gli elementi di cosmogonia rintracciabili nello scalogno o vomiti insulti assortiti. Sto parlando de âLe invasioni barbaricheâ. Che non solo regge con piglio il passare del tempo, ma va pure meglio degli anni precedenti. Il motivo è semplice e sta in quello che definirei senza esitazione il coraggio di cambiare, di sparigliare le carte e di mutare pelle senza la pavidità tipica dei format collaudati. Questâanno, per dire, non câè più la birra sul bancone durante lâintervista barbarica. Nulla. Neppure un bicchiere dâacqua, un limoncello, un caffè dâorzo. Lâospite si siede e alla quindicesima faccia schifata della Bignardi alla sua risposta, non può neppure attaccarsi al boccale e confidare nel coma etilico. Sadismo puro. Lâaltra rivoluzione epica della nuova edizione de Le invasioni barbariche è la presenza di Geppi Cucciari. Ora, senza nulla togliere alla Geppi che è donna intelligente e simpatica, non si capisce per quale ragione la Bignardi, quando la vede, sia colta da raptus saffico. La prima puntata, nel presentarla, le ha fatto un cappello introduttivo che uno non sapeva più se stesse per entrare la Cucciari o il Dalai Lama. Da Geppi, Daria si fa dire di tutto: antipatica, snob, choosy, qualunquista, cafona, roscia e pidiellina. Roba che se un Brunetta qualunque le dicesse per scherzo un decimo di quello che le dice Geppi, sarebbe già impalato a centro studio. Che poi câè unâ amara verità che va confessata. Da quando Geppi sâè messa a stecchetto, mangia solo yogurt e ha la pancia che ride come quella della Marcuzzi, sâè sì infighita a livelli clamorosi, ma fa molto meno ridere. Il meccanismo è spietato ma vero: ora mentre parla una donna è lì che sta pensando âMaledetta, ora mi dici come hai fatto a passare da una 46 a una 38 senza nutrirti di bacche e radici per un annoâ e un uomo è lì che sta pensando âAh però, hai capito Geppi. Tutto sommato se mi citofonasse le aprirei pureâ. Quello che dice, ormai conta meno di quello che si mette. Detto ciò, restano inalterati alcuni punti fermi del programma, quelle certezze a cui lo spettatore è ormai irrimediabilmente affezionato e che sa di trovare quando guarda Le invasioni: a) la faccia schifata della Bignardi quando davanti a sé ha lâospite âla redazione ha insistito tantoâ. Se lâospite non le è simpatico o non le piace o se nella scala dellâevoluzione lo considera un gradino sotto la blatta fischiante del Madagascar, per tutta lâintervista lo metterà nella condizione di valutare seriamente lâautocombustione medianica per mettere fine al supplizio. Tra sguardi assassini, smorfie alla Facci e pause per guardare la cartelletta in cerca della domanda più infame come facevano i professori guardando il registro dopo aver pronunciato la frase âOggi interroghiamoâ¦â, lâintervista barbarica denominata âle-stavo-sulle-palleâ è unâesperienza che segna più del divorzio con figli in età adolescenziale. b) la faccia rapita della Bignardi quando, al contrario, ha lâospite âFiga di legno sarà tua sorellaâ. Le capita, spesso, con gli attori. Piazzale davanti un Favino e lei è tutta un sorrisino, una svenevolezza, uno sdilinquimento. Con Stefano Accorsi poi, Daria si dimentica pure il nome del primogenito. Ce lâha lì, dietro al bancone, e la mistress Rottermaier si trasforma in unâadolescente alla prima cotta. Stefano Accorsi dice âsecondo me il Mein Kampf dovrebbe sostituire il sussidiario alle elementariâ e lei chiede lâapplauso. c) lâocchio narcolettico in presenza dellâospite âQuando ho finito svegliatemiâ. Succede con gli ospiti nei confronti dei quali prova una totale, plateale, smaccata indifferenza. Le è successo con Belen. La sua faccia mentre guardava la Rodriguez col pancione era quella di chi pensava âSignore fa che le si rompano le acque ora, così faccio rientrare Severgniniâ. Non la trattava male, no. Peggio. Fingeva di ascoltarla ma giocava mentalmente a Ruzzle. Pare che col nome âBelen Rodriguezâ abbia generato 71 parole in 35 minuti di intervista. Quando ha spostato lâargomento sulla politica per animare un poâ il confronto e Belen ha illustrato la sua teoria sullâurgenza di una rivoluzione civile a colpi di cucchiara sulle pentole, ho temuto che la Bignardi chiamasse lâassistente di studio per chiedere un bicchiere dâacqua e un narghilè per farsi di crack. d) lâintervista âEsci da quel corpo!â. Ogni tanto, Daria, è vittima di una possessione demoniaca che la coglie in momenti del tutto imprevedibili. Come la piccola Regan de Lâesorcista, lei è lì che discorre amabile con lâospite di turno, e tra sorrisi e convenevoli a un certo punto le scappa una frase che è generata da il Male. Da Belzebù. Belen dice: âBerlusconi ce lâha con me perchè non glielâho dataâ e lei le risponde âA lui!â. Bastianich è lì che ride e scherza e lei commenta una sua foto di qualche anno fa con un imprevedibile âEri un orrendo ciccione!â. Insomma, io fossi in lei come assistente di studio mi prenderei Padre Amorth. e) lâintervista âquanto mâattizza la piccozzaâ. Daria nutre una misteriosa e viscerale passione per gli alpinisti. Li intervista tutti. Quelli da parete, da roccia, bassa quota, alta quota, da escursioni o da esperienze estreme. Se vi vede sulla parete per arrampicata da Decathlon, dopo sette minuti netti vi fa chiamare dalla redazione per fissare lâintervista. La ragione di certe infatuazioni di Daria non la conosce nessuno, come del resto nessuno ha ancora ben capito perchè al suo invito dicano tutti sì, nonostante la graticola che attende lâospite. Diciamo che lâintervista barbarica è una sorta di chiamata alle armi: bisogna dire sì, nella viva speranza di non starle sulle balle.