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La tetta reale e le vere colpe di Signorini [il pezzo su Libero di oggi]

Il mio pezzo su Libero di oggi sul caso tetta reale e le vere colpe di Signorini:

Le ragioni della sentenza che condannano Closer e la Mondadori a bloccare la diffusione di queste benedette foto di questi due benedetti pomelli da cassetto che arredano la balconata della signora Middleton, reggono esattamente quanto le tette di lei: poco e senza convincere nessuno. Tanto per cominciare, mi soffermerei sul passaggio principale della sentenza. Secondo il tribunale di Nanterre “i fotografi hanno violato un momento di alta intimità e quindi non pubblicabile”. E già questo getta una luce inquietante sul futuro della casa reale, perchè se quelli sono i momenti di alta intimità di William e Kate, per vedere l’erede mi sa tanto che la regina Elisabetta dovrà aspettare la prossima eclissi lunare. La denuncia poi, è contro ignoti. Vale a dire, Kate non è riuscita a distinguere la sagoma di chi l’ha fotografata perchè probabilmente era un puntino nel nulla e in realtà pure noi fatichiamo a distinguere la sagoma delle sue tette per la stessa ragione, quindi i lettori sono nel pieno diritto di sporgere denuncia contro Kate Middleton e la sua tetta ignota. L’altro aspetto esilarante della sentenza è che costringe la Mondadori a consegnare entro 24 ore tutte le copie digitali delle foto in suo possesso alla famiglia reale. Ora, per carità, io non pretendo che la regina sia al passo coi tempi, non pretendo che uozzappi con il principe Filippo o mandi poke alla regina di Svezia, ma davvero esiste un avvocato così bravo da averla convinta del fatto che le foto digitali esistono in un’unica copia non riproducibile come la sacra Sindone e che consegnata quella e bruciata nel camino come le lettere di Carlo a Camilla, le tette di Kate finiranno nell’oblio? Pretenderà anche che Kate consegni le sue tette per metterle al sicuro, sotto formalina? Non vorrei destabilizzare la serenità della famiglia reale e la solidità di un trono, ma qualcuno spieghi alla regina che quelle foto ormai le avrà sul computer pure il Gran Maestro dei monaci Shaolin e che se davvero vanno consegnate alla casa reale entro 24 ore altrimenti finiamo tutti in galera, prevedo una fila di gente con in mano chiavette a forma di pinguino fuori dai cancelli di Buckingham Palace, che neppure al concerto di Lady Gaga. Anzi, a questo punto non escludo una class action della regina con Paola Ferrari: fossi in lei, per stare proprio serena, denuncerei pure twitter, internet, il wifi e pure il suo fornitore di cappelli con velette. La follia non finisce qui. Secondo la casa reale, questi fatti rievocherebbero le tristi vicende di Lady Diana con quel triste epilogo che tutti conosciamo. La regina scomoda il paragone macabro, ma va detto che qui la faccenda è un po’ diversa. Kate è stata fotografata mentre prendeva beatamente il sole sul terrazzo scottandosi la tetta come una tedesca a Rimini, non è che fosse inseguita a seno nudo da uno stuolo di fotografi arrampicati alla grondaia che la tiravano per l’elastico delle mutande. E inoltre, i pezzi di sopra dei costumi sono regolarmente in commercio disponibili in taglie separate e varie tonalità di colori, per cui o Kate ha trovato chiuso da Calzedonia o alla fin fine, e diciamolo, l’idea di provocare una bella angina fulminante alla regina, la cui aspettativa di vita è presumibilmente di altri 170 anni, e di salire prima sul trono, non le dispiaceva affatto. Voglio dire. Ce ne vuole per credere all’ingenuità di Kate. Una che è abituata ad aprire la mensola della cucina e a trovare i paparazzi mimetizzati nella zuccheriera, ora vuole raccontare a noi che quando s’è messa in topless proprio non aveva pensato all’ipotesi paparazzo mimetizzato nel cespuglio? E poi va bene che era in una proprietà privata, va bene che “era la casa del cugino”, ma cos’è, c’è una speciale categoria abitativa all’ufficio del catasto che prevede l’obbligo del muro di cinta con corrente elettrica alternata per tutte le case di cugini? I paparazzi si sono scavati un tunnel come le talpe? Il paparazzo era un cugino? O meglio ancora, (spiegazione che ci solleverebbe tutti dalla delusione) quel topless, era di un cugino? Ma poi, c’è da agitarsi tanto? Perchè alla fine il topless di Kate potrebbe avere un valore educativo: ragazze che si rifanno le tette e pensano che una quarta le porterà lontane e questa che con una seconda coppa b è diventata "regina". Ci sono poi altre considerazioni da fare, perchè la vicenda, a questo punto, coinvolge parecchie altre persone le quali sarebbero nel pieno diritto di chiedere giustizia a loro volta. Per esempio. Fossi nel principe Filippo chiederei alla regina consorte come mai, quando fu fotografato con i gioielli di famiglia che facevano cucù dal kilt, lei non pretese di riavere tutte le chiavette contenenti il file “zebedei reali”. Le tette di Kate sono cosa privata e gli optional del principe Filippo sono patrimonio dell’umanità come l’Acropoli? Per non parlare poi del figlio. Quando i contenuti delle telefonate del principe Carlo a quella che all’epoca era l’amante Camilla finirono sui giornali, compreso il clamoroso passaggio “Vorrei essere il tuo Tampax”, che è una roba da nascondersi nella cappa della cucina della Parodi e non uscire mai più, la regina non si agitò più di tanto. Non lanciò anatemi. Come mai? Poi c’è il povero direttore della rivista irlandese che ha pubblicato le foto del topless e che è stato licenziato in tronco senza neppure che il suo editore fosse Zamparini. Pare che la motivazione del licenziamento sia stata “un’infelice scelta editoriale”. In Italia, nell’occhio del ciclone c’è Signorini, ma non rischia di perdere il posto per ovvie ragioni. Se in Mondadori non ritengono un’ infelice scelta editoriale la posta di Carlo Rossella su Chi, figuriamoci se lo mandano a casa per le tette di Kate. Il cui titolo nobiliare, nel frattempo, pare sia stato declassato dal comitato araldico inglese: da Duchessa a DuchesSisette.

La tetta paparazzata di Kate [il mio pezzo su Libero di oggi]

L’unica vera notizia uscita ieri su Kate Middleton non è il fatto che sia stata fotografata in topless. La vera notizia è che Kate Middleton ha le tette. E guardate che la cosa in sé è davvero sorprendente. Oserei dire inattesa. Non so voi, ma io Kate ho sempre faticato a considerarla una donna. Ho sempre pensato che nel reggiseno nascondesse i papiri arrotolati con gli alberi genealogici degli Windsor. Mi è sempre parsa un cyborg, con la sua riga a destra, il vitino da vespa, quei cappellini indecenti che sulla testa di una qualunque figlia di Sara Ferguson sembrano sempre lì lì per franare e che su di lei paiono incollati ai capelli col millechiodi. Per non parlare poi di quel vestito che le si alza in aeroporto, per un colpo di vento, e scopre la mutanda bianca, linda, di cotone, da visita medica. Una roba più antisesso del gambaletto color carne sul tacco a rocchetto. Non l’ho mai trovata umana, Kate. Tanto era fragile Diana, tanto è coriacea, algida, impenetrabile Kate. Finalmente, ci ha pensato il settimanale francese Closer a darle una dimensione femminile e lo ha fatto nel modo più ruspante e imprevedibile che si potesse immaginare: sorprendendola a prendere il sole sul terrazzo in topless come una qualunque di noi sul terrazzino della cucina dopo pranzo, magari con la mutanda acrilica, stando attente a non farci beccare dal dirimpettaio. Solo che lei il dirimpettaio col teleobiettivo non l’ha visto. Dicevamo. Kate, dunque, ha le tette. Ho visto le foto e insomma, nulla di regale, a dire il vero. Manco di principesco, a dirla tutta. Ha due tette plebee, suddite (del push up) e di dimensioni modeste. Per intenderci, è assai più notevole il diametro della chierica di William che quello di una tetta di Kate, ma questi sono dettagli. Il punto è che i reali inglesi, anziché capire che il mondo aveva un estremo bisogno della prova regina che Kate è una donna e non un cartonato di Top Shop, si sono imbufaliti con il giornale francese. Hanno invocato il diritto alla privacy. Che voglio dire, se non lo può invocare Rosy Dilettuso il diritto alla privacy per il suo topless in quanto personaggio pubblico, non si capisce perchè le foto delle tette della signora Middleton non dovrebbero finire anche nei peggiori bar di Caracas. E la regina si sarà pure innervosita (perchè tanto è lei quella a cui è andato di traverso il tè, lo so), ma francamente non si capisce la ragione di tanta agitazione, visto che sono anni che la casa reale inglese ci regala istantanee ben più scioccanti del topless di Kate. Ricorderei il principe Filippo fotografato con i gioielli di famiglia che sbucavano dal kilt, Sara Ferguson che si fa ciucciare l’alluce dall’amante, Harry con la svastica al braccio alla festa in maschera e poi, le recenti foto del solito Harry che a Las Vegas, a quanto pare, ha rischiato seriamente di mettere incinta pure il croupier. Il sospetto è che la ragione di tanta irritazione per delle innocue foto di Kate in topless, parta da più lontano. Più precisamente, dall’altra parte della Manica. Insomma, la regina ce l’ha con la Francia per antichi rancori e ha dato inizio a una nuova guerra dei Cent’anni in salsa gossip. Che la ragione sia storica o no, la privacy della famiglia reale inglese ha decisamente un rapporto conflittuale con i paparazzi francesi. E in effetti, è dalla morte di Lady Diana, avvenuta a Parigi (pare) per la pressione asfissiante dei paparazzi francesi e il famoso inseguimento, che la regina non si scagliava con questo vigore contro la violazione della privacy. Ora , è piuttosto surreale che le tremi la dentiera più per la seconda coppa b della bella Kate che per le chiappe all’aria del principino Harry. E se proprio vogliamo dirla tutta, un altro caso diplomatico per cui la regina si infuriò non poco, scoppiò poco più di un anno fa per le foto del viaggio di nozze di William e Kate che si svolse, guarda caso, in quel delle Seychelles, ex colonia francese e ex colonia britannica a lungo contesa dalle due nazioni a colpi di cannoni. Anche lì, la ragione di tanta agitazione fu a dir poco incomprensibile, visto che l’album di nozze di William e Kate era più noioso di un comizio di Bersani e che non c’era uno scatto in cui i due non dessero l’idea di trascorrere notti di fuoco nel talamo nuziale a guardare Discovery Channel. Insomma, la moderna guerra dei Cent’anni tra Francia e Inghilterra oggi si combatte a colpi di teleobiettivi. I francesi l’hanno capito e ormai si divertono sadicamente a innervosire la regina, preparando il prossimo colpaccio. Una sola richiesta ai paparazzi francesi: il topless della regina Elisabetta risparmiatecelo. Lì altro che guerra dei cent’anni. Pur di non vederlo su una copertina qui è la volta buona che si arma pure la Svizzera.

Video hard del consigliere spagnolo: ecco il mio pezzo su Libero

Il mio pezzo su Libero di oggi sul caso del consigliere comunale spagnolo e il video hard:
E niente. Meglio non avere un consigliere comunale o regionale in giro per casa, di questi tempi, perchè combinano dei casini inenarrabili. Le ultime sulla Minetti sono ormai cosa nota e le gesta di questa creatura mitologica metà donna e metà Birkin ormai le conoscono pure le tribù boscimane. Poi c’è la vicenda dell’ingenuo consigliere comunale che si lascia andare a pratiche di onanismo spinto e suicida confidando nella descrizione del destinatario e si ritrova la sua performance da traditore disinibito e senza freni su web e tv. Non sto parlando di Favia e delle sue corna pubbliche a Grillo nel famoso video mandato in onda da Formigli (benché nella categoria hard “ha fatto tutto da solo” la sua prestazione meriti riconoscimenti seri), ma della bionda Olvido Hormigos, il consigliere comunale spagnolo il cui video hot ha fatto il giro del web e anche quello delle bocciofile di tutto il mondo. A una prima lettura, la storia potrebbe sembrare una storiaccia sì a luci rosse, ma banale. Lei, sposata con due figlie, gira un video piuttosto spinto in cui, come dire, fa una seduta senza l’ausilio della giunta, e via whatsapp lo invia all’amante, che è un portiere della squadra locale (in)felicemente fidanzato. Il portiere, che a quanto pare nella competizione “portieri più furbi d’Europa” è secondo solo a Buffon e ai suoi investimenti milionari in tabaccheria, lascia il cellulare sul comodino accanto al burro cacao e la fidanzata lo sgama. Non solo. Decide che quel video deve apparire sullo schermo di ogni cittadino della comunità europea pure infilando Super Mario Bross 2 nella Wii e lo schiaffa in rete. E qui comincia il bello, perchè la storia assume contorni e colori decisamente vari e appassionanti. Tanto per cominciare, visto che i primi giorni non si sa chi abbia diffuso il video, inizialmente si pensa a una pista politica. Avete capito bene: politica. A Los Yebenes, paese della provincia di Toledo che per la cronaca ha lo stesso numero di abitanti di Montelepre, ci sarebbero faide politiche, vendette e operazioni di spionaggio che manco nella Russia di Breznev. Secondo la consigliera, che pur di spostare l’attenzione dal primo piano di lei che ansima come un cammello alla quarta duna, sparerebbe qualsiasi boiata, il sindaco avrebbe diffuso il video da un account del comune. Come no. A parte che il sindaco medio sa di informatica quanto io di decottopia, sarebbe interessante capire perchè la Hormigos sarebbe così temibile da andare eliminata manco fosse il Bin Laden in gonnella della Castiglia. Voglio dire, una che manda via whatsapp video hot con le sue tette ballonzolanti con la serenità d’animo di chi invia le foto di Sharm con le stelle marine, non mi pare così scaltra da andare fermata prima del colpo di stato. E infatti, l’ipotesi dura poco. Caduta la pista politica, prende piede quella della commedia popolare. Quella della versione “Sex and paella” con la Carrie castigliana a cui è partito l’ormone per il calciatore giovane. E la verità pare sia proprio questa. E’ una moderna storia di milf power, altro che politica. S’è capito subito che il problema, più che di giunta, era con si fosse congiunta, la signora Hormigos, perchè a quel “Il video era un regalo per mio marito!” non ci aveva creduto nessuno. Parliamoci chiaramente. Dopo anni di matrimonio e due figlie, via whatsapp a tuo marito mandi al massimo il pnr del biglietto Trenitalia quando va a portare i figli al mare dalla suocera, non certo un video in cui fai quello che l’ultima volta che t’ha visto fare in sua presenza tuo marito, c’era Pertini presidente. E io me l’immagino, ‘sto povero marito. Che per ironia della sorte (ve l’ho detto che questa storia è avvincente), fa il muratore in una ditta dell’Opus dei. Me l’immagino mentre guarda quel video e resta pietrificato con la cazzuola in mano mentre nel cantiere si organizzano proiezioni di massa nella betoniera del calcestruzzo. Me l’immagino, soprattutto, quando realizza che tutto ciò più che opus dei è opus di un portiere nerboruto di 27 anni che magari andava pure ad applaudire allo stadio la domenica. E che s’è fatto irretire dalla moglie del povero muratore non più giovanissima ma ancora piacente, molto mechata, molto truccata, molto in carriera e, come video racconta, con la classica tetta rifatta da milf d’ordinanza dotata di alibi incontestabile “Dopo che ho allattato m’ero svuotata”. “Non ho fatto niente di male, non mi dimetto”, ha dichiarato la consigliera. Che poi è quello che ha dichiarato pure la nostra, di consigliera. Che poi è quello che ha dichiarato pure il consigliere grillino. Nessuno si dimette. Solo che tra i tre, la Minetti s’è mollata con Corona e la Hormigos probabilmente verrà mollata dal marito, per cui l’unico consigliere che perdurerà nel vizio è di sicuro Favia: lui sì, che verrà trombato presto. Casaleggio non vede l’ora.

Il futuro democratico secondo Letta? Popstar in pensione e vino rosso

Sono reduce da tre giorni piuttosto intensi a Vedrò, che per chi non lo sapesse è il think net promosso da Enrico Letta e presieduto da Benedetta Rizzo, nato per riflettere sulle declinazioni future dell’Italia e delineare scenari provocatori, ma possibili, del nostro paese. Ovviamente, la descrizione di cosa sia l’evento l’ho copiata para para dal sito di Vedrò, anche perchè è evidente che ho la più pallida idea di cosa voglia dire think net e secondo me anche Enrico Letta utilizza il termine per confondere gli avversari politici come la Minetti diceva “briffare” per confondere le amiche chips. Voglio dire. Provate a pronunciare a voce alta la frase: “Vado tre giorni nella centrale Fies di Dro per la plenaria prevista dal think net di Vedrò” e come minimo entro cinque minuti vi citofona la Digos a casa. Inoltre, ad essere proprio onesta, confesso che definizioni a parte, dopo la divertente full immersion sul lago di Garda, riguardo la reale identità dell’evento ho le idee parecchie confuse. Esistono, al riguardo almeno tre correnti di pensiero. La prima sostiene che a Vedrò, si vada per confrontarsi con politici, scrittori, artisti, giornalisti, ballerine di danza classica, sbandieratori medievali e bracconieri di caprioli sui temi più svariati, dalla nuova impresa, alle energie rinnovabili, alla ricetta del castagnaccio. La seconda sostiene che a Vedrò si vada per curare le pubbliche relazioni, poiché è un incontro trasversale e vivace, assolutamente bipartisan e popolato da volti freschi e propositivi della politica e del giornalismo del nostro paese. La terza sostiene che a Vedrò si vada per trombare ed è anche quella che raccoglie più consensi, ma queste sono tesi che trovano conferma solo dopo la chiusura dell’evento, quando si torna a casa da Vedrò e non si RiVedrà più né la propria moglie né la casa coniugale. Ad ogni modo, per rendervi più facilmente comprensibile l’evento, vado a snocciolarvi una serie di informazioni chiave su come si è sviluppato il tutto e sugli accadimenti più appassionanti di questi tre giorni di fertile confronto e dibattito. L’organizzazione: i partecipanti sono dislocati in vari hotel in località Riva del Garda e dintorni. Ovviamente, esiste una sorta di gerarchia alberghiera per cui i personaggi più influenti alloggiano all’hotel Du Lac , che è il più bello, per poi scendere di stelle e categorie in base alla testata per cui si scrive o al partito a cui si appartiene. Gira voce che alcuni pubblicisti di “Pontecagnano oggi” abbiano dormito nei kajak del centro nautico del lago di Garda e che un gruppo di leghisti sia stato alloggiati nel bagagliaio del suv di Enrico Letta ma sono illazioni. Gli ospiti si spostano con apposite navette che passano a prelevarli nei vari hotel la mattina e li riportano a casa la sera. La conseguenza è che il primo giorno, all’interno del pulmino, ci si guarda tutti con una certa circospezione. Il terzo giorno, sul fondo del pullman, si crea il noto clima “demenzialità da gita scolastica” per cui dopo la seconda curva, partono allegri cori, da “Gelato al cioccolato” intonati da rispettabili deputati del pd a inni della Lazio intonati da integerrimi manager nel campo delle energie rinnovabili e “ollellè ollalà” intonato un po’ da tutti. I pranzi e le cene. A pranzo venivano distribuiti i cestini. La peculiarità dei suddetti cestini è che erano di vari colori ma il contenuto era identico. Molti hanno interpretato questa trovata come una nota di creatività nel banale rito della mensa, altri l’hanno interpretata come una metafora del lettismo, fatto sta che a Dro, 4030 anime nella provincia di Trento, c’era lo stand con i prodotti tipici pugliesi, dall’olio, alla crema alle cime di rapa, ai cipollotti e perfino Vendola in tranci marinati. Pare che dopo le lamentele del comitato eno-gastronomico del Trentino il prossimo anno, nel Salento, durante la notte della taranta i Negramaro lanceranno canderli alla tirolese fumanti dal palco, ma non ci sono ancora certezze. I personaggi. Tra i tanti ospiti avvistati a Vedrò, indimenticabili Oscar Giannino e il suo mocassino catarifrangente viola che, notato dall’amministratore delegato Enel Fulvio Conti, pare nel 2014 sarà l’unica vera alternativa al fotovoltaico. Antonello Piroso, dopo la fine del suo rapporto lavorativo a la 7, è riapparso sul palco di Vedrò dando la dimostrazione pratica di come si possa raggiungere la pace interiore nonostante le traversie professionali: in tre minuti netti, dal palco, ha dichiarato guerra a la 7, la Rai, Mediaset, Sky Cinema, History Channel, la pesca a strascico e la Polonia. Il giornalista de “Il Fatto” Franz Barragino , durante la serata di chiusura, mentre tutti avevano dei semplici calici, si aggirava con un’inquietante bottiglia di vino rosso in mano e l’aria da rehab imminente, roba che se uno avesse avuto ancora qualche dubbio su quanto debba essere facile lavorare accanto a Marco Travaglio, se l’è tolto del tutto. La coppia formata da Nunzia De Girolamo e Francesco Boccia, tra parenti, carrozzine, neonati e latte in polvere, più che a Vedrò sembrava convocata per la serata tombola e mercante in fiera la notte della vigilia di Natale a casa dei suoceri, ma bisogna dirlo, erano simpatici e naif. Per riequilibrare l’elemento simpatia, mi tocca citare Laura Ravetto del pdl. Della serie: le mascelle di Ridge hanno abbandonato Beautiful e quelle della Ravetto si palesano a Dro. Non è ben chiaro se l’aria del lago abbia effetti allucinogeni sul biondo ex sottosegretario, ma durante il working group “Vecchi e nuovi giornalismi” ha rilasciato una serie di dichiarazioni al limite del visionario quali: “Internet sarà sempre più immagini” o “Ci vuole un sito che aggreghi le notizie”. Roba che mancavano solo le frasi “Ci vorrebbero quattro cose che girano da piazzare sotto le macchine” o “Un coso che spari aria calda per asciugare i capelli secondo me avrebbe un mercato” e Silicon Valley, entro fine dicembre, si trasferiva a Dro. Matteo Renzi, affabile e divertito, ha chiesto di non essere ripreso dalla telecamere solo durante la cena, e onestamente, da uno che s’è fatto riprendere per ben quattro volte dalle telecamere della Ruota della Fortuna, non s’è ben capito lo scrupolo di farsi inquadrare col pollo al curry, ma sorvoliamo. Indimenticabile poi il concerto finale con l’ex Spandau Ballet Tony Hadley. L’idea che Letta, per chiudere una manifestazione sull’Italia che verrà, abbia pensato ad un’ex gloria vistosamente invecchiata, imbolsita, abbandonata ormai dai membri del suo gruppo e con una gran voglia di tornare sul palco, è suonato a tutti pericolosamente profetico, ma nessuno ha osato dirglielo. Ed è proprio durante la sera del concerto di chiusura che è parso finalmente chiaro il senso di Vedrò: dietro ai tendoni dei working group, dopo l’una di notte, complice l’oscurità e la goliardia alcolica, si respirava un clima così bipartisan, così conciliante, così collaborativo, che sugli scenari che si prospettano di qui a un paio d’anni, Vedrò non ha dato certezze, ma su quelli che si prospettano da qui a nove mesi, ne avrei qualcuna in più.

Le vacanze al tempo di Monti

Il mio pezzo su Libero di oggi sulle vacanze al tempo di Monti:
Il termometro è Belen. Della serie: dimmi che estate passa, e ti dirò come è messo il paese. Ecco: l’estate di Belen è stata più o meno quella di Mario Monti. Pochi giorni di vacanza, qualche passeggiata mano nella mano col fidanzato e parecchi giorni d’agosto in città, a Milano, con tanto di dichiarazione shock: “Mi piace la città d'agosto, mi affascina, c'è silenzio, si esce la sera, c'è vita”. Belen che sta a casa, a Ferragosto, con le tapparelle anziché le spalline abbassate e che s’asciuga l’ultimo tatuaggio con l’aria del Pinguino De Longhi, è un pessimo segnale. E’ qualcosa che va oltre l’austerity. E’ il settimo sigillo. E’ l’apocalisse. Ovviamente, la sobrietà estiva della Rodriguez non è l’unico segnale chiaro dell’imminente Armageddon. Come nel Nuovo Testamento, ci sono altri sei sigilli che raccontano bene la catastrofe irreversibile a cui il paese sta andando incontro. Eccoli: primo sigillo. La morte del calciatore cafone. Fateci caso. A parte Balotelli che è fuori gara perchè partecipa alle competizioni internazionali “truzzi balneari” assieme a Borat e Paris Hilton, quest’estate i calciatori nostrani erano tutti sobri e ammogliati, in località tristi come le scenografie dei programmi di Rai sport. Pippo Inzaghi ha festeggiato il suo compleanno al mare spegnendo le candeline con la prima gnocca a sei stabilimenti di distanza, Bobo Vieri s’è limitato a due slinguazzate fugaci in un paio di locali a Formentera ma quest’anno neanche l’ombra di quelle rassicuranti risse mentre gioca a burraco o quelle eleganti pinne con la moto d’acqua e la velina avvinghiata dietro, che ci suggeriscono che va tutto bene, che il Paese ce la farà. Niente. L’estate di Bobo Vieri è stata quella di un frate trappista e voi capite che nella speciale classifica “segnali premonitori dell’imminente fine del mondo” l’austerità di Vieri viene prima della pioggia di meteore e della Santanchè con un trucco acqua e sapone. Secondo sigillo. I moli vuoti. L’imbarcazione più grande avvistata da Porto Cervo a Filicudi nell’estate del 2012 è un galeone Playmobil presso la filiale Toys Center di Cagliari Nord, tra l’altro sottoposto a un fermo da parte della finanza perchè il Corsaro Nero aveva due stecche di sigarette da contrabbando in coperta. A Porto Cervo, le solite orde di turisti che scendono dall’entroterra sardo per scattare la classica foto col panfilo sullo sfondo, vagano smarrite tra i moli come i fantasmi dei marinai dell’Olandese volante. Lo stesso pontile di Villa Certosa è caduto in disgrazia. Se l’anno scorso Pato e Barbara ci sperimentavano sopra tutte le posizioni del kamasutra, del rock acrobatico, dello Shaolin e del calcio a 5, mentre attendevano la barca per continuare a sperimentare le ultime sette posizioni politiche di Capezzone in alto mare, quest’estate, su quel pontile, le onde si infrangevano solitarie. Poche notizie anche del gommone coatto di Cavalli, quello che aveva zebrato pure il manicotto rotante del motore, e sembra addirittura che il maxi scivolo gonfiabile più volte avvistato davanti alla barca di Dolce e Gabbana, sia stato venduto al Lunapark dell’Idroscalo milanese. Terzo sigillo. La moria dei concorsi di bellezza. Dimezzati anche i classici concorsi regionali che fanno parte del folclore italico. Quest’anno pochi “Miss Centro commerciale le Vele 2”, pochi “Miss maglietta bagnata, labbro umidiccio e culo bello asciutto”, spariti perfino i naif “Miss Cicciona domani e dopodomani pure” o “Miss mamma single over 35 con marito in galera over 45”. E’ sopravvissuto solo Mister Gay in cui, per la cronaca, quest’anno si assegnava anche la fascia “Mister gay convinto”, come se il mondo fosse popolato di gente indecisa se dare una botta a Irina Shayk o a Cristiano Malgioglio. In compenso, i vip, pur di portare a casa la pagnotta a fine mese, hanno accettato di presenziare a qualsiasi evento dall’Engadina a Favignana, dall’apertura della concessionaria di trattori e cingolati a Termoli al centro abbronzatura a spruzzo di Cerignola. Ho visto personalmente la locandina del programma per i festeggiamenti in onore di Sant Egidio in Monsampolo, su cui erano stampati i nomi di Valerio Scanu e Katia Ricciarelli ospiti della Sagra della polenta. Che poi va bene la crisi, ma la polenta di 25 agosto non la mangiano manco in Lapponia. Quarto sigillo. L’agonia della televisione. Non che l’estate sia mai stato un momento felice per i palinsesti tv, ma la riesumazione di Paolo Limiti che tutti credevano avesse sposato a Las Vegas in seconde nozze Floradora e le repliche di Ciao Darwin, sono il segnale inequivocabile che la fine è vicina. Che non ci sono più soldi manco per le repliche di “Borotalco” o “Fracchia la belva umana”. La notte di San Lorenzo, la disperazione era tale, che alla prima stella cadente avvistata in cielo, credo di aver espresso come unico desiderio il ritorno di Beato tra le donne e le Spintarelle in prima serata.
Quinto sigillo: non so se è l’aria low profile, il clima generale di rigore, la crisi che ha colpito pure i paparazzi, ma quest’estate non è scappata neppure mezza tetta fuori da un costume. Neanche l’ombra di un capezzolo della Blasi, niente di niente. E l’indizio ancora più preoccupante di questa situazione, è che l’unico costume da bagno degno di nota dell’estate 2012 è quello indossato da Rutelli mentre passeggia sulla battigia con la moglie. O meglio: il costume sembra un Pampers Baby Dry, ma il resto pare straripante. Diciamo che se Monti tassasse il contenuto dello slip di Rutelli, l’ex leader dell’Ulivo sarebbe il primo contribuente italiano. E l’Italia uscirebbe finalmente dalla crisi. Sesto e ultimo sigillo: l’apoteosi delle offerte telefoniche. Se in un’estate normale le compagnie telefoniche si calano le braghe pur di convincere i vacanzieri ad abbonarsi o a comprare ricaricabili varie, nell’estate 2012 l’offerta media era questa: se acquisti sette euro di ricarica, noi te ne regaliamo altri 95, più sedici euro e settecento azioni Banca Intesa ogni volta che ricevi una telefonata oltre a un bonus di 25 euro se sei intercettato e la nostra compagnia telefonica viene citata da Repubblica. In pratica, quest’anno non potevamo permetterci tre giorni a Focene, ma avevamo 1800 sms gratis a disposizione per scriverci: “Te che fai a Ferragosto?”. “Io il barbecue sul terrazzo, a casa a Rozzano, tu?”. “Io niente, ho dato a papà i soldi per pagare l’imu ma se l’è giocati al videopoker quindi sto a casa”. Morale: non avevamo i soldi per andare in vacanza ma ben 200 megabytes per lamentarcene. Mica male.

Il mio pezzo su Libero di oggi su alcune…

Il mio pezzo su Libero di oggi su alcune inquietanti categorie di turisti italiani:

Ci sono categorie di turisti che non hanno nulla a che fare col normale flusso di vacanzieri all’estero, né con i trattati sociologici sugli italiani in ferie e neppure con le gag naif dei cinepanettoni più sgangherati, ma con quella cosa ben più misteriosa e complessa denominata “paranormal activity”. Esistono infatti delle tipologie di turisti che andrebbero studiate direttamente da medium ed ufologi esperti, in quanto i loro comportamenti non rientrano nella sfera dell’umano. Vado ad elencarle.
a) quelli che prenotano quindici giorni un bungalow immerso nell’acqua con vetro trasparente attraverso il quale puoi vedere pure i trigoni accoppiarsi al tramonto e non sanno nuotare. E non pensate che sia una specie rara perché di gente allergica all’acqua che va nel Mar Rosso convinta che al suo arrivo si aprano le acque come a Mosè, ne ho vista tanta. Solitamente si tratta di coppie in viaggio di nozze che hanno scelto dal catalogo il viaggio più costoso costringendo amici e parenti a collette disumane, con cugini di terzo grado obbligati a rapinare la farmacia sotto casa per partecipare, che una volta sbarcati sull’atollo corallino, vivono come ectoplasmi. Appaiono solo all’ora del buffet o li vedi al tramonto, passeggiare sul bagnasciuga, col giubbino salvagente mano nella mano come fossero sulla prua del Titanic impennata a pochi secondi dall’affondamento. Non di rado, la coppia scoglionatissima, si fa quindici anni di carcere duro nelle prigioni tailandesi perché poi, in aeroporto, viene fermata con la valigia zeppa di conchiglie e paguri, arraffati a due ore dalla partenza sulla battigia, per tentare di convincere il parentame di essere reduci da quindici giorni di escursioni in mare aperto con i migliori apneisti dell’Asia orientale.
a) quelli che hanno preso un aereo e non sanno minimamente in quale punto del mappamondo si trovino. Tu sei lì che guardi l’orizzonte e loro ti fanno: “Bello però ‘sto Sahara, eh?”. “Guardi, qui siamo nel Sinai, non c’è il Sahara”. “Ah, già, il Sahara sta più a sud”. “No, più a sud c’è solo il Mar Rosso”. “Ah ecco, allora a sud l’Asia in pratica finisce”. “Le do una notizia: qui siamo in Africa, non in Asia”. “ E io me credevo che l’Africa era quella dei safari”, “Sì, magari in Tanzania, ma non è che a Sharm si fotografino le zebre dai finestrini o c’è gente divorata dai leoni nel tragitto da qui al negozio dei souvenir”. Ecco, il giorno in cui le agenzie di viaggio capiranno che è pieno di vacanzieri che non sanno neppure dove vengano scaricati dai charter, dirotteranno migliaia di turisti in Aspromonte convincendoli che è il deserto dell’Arizona e quelli, tutti contenti, finiranno a fare il gioco aperitivo con qualche latitante della ‘ndrangheta che dopo aver tentato di obiettare qualcosa del tipo “Qui comando io”, verrà pure scambiato per capovillaggio.
c) quelli che prenotano le vacanze in un hotel 5 stelle lusso fronte mare a sedici ore di volo da casa perché devono staccare e trascorrono le ferie in reception perché è l’unica zona in cui c’è il wifi. Dopo una settimana lì, tra il banco informazioni della hall e la porta d’ingresso dell’hotel, il tizio tornerà in Italia e alla domanda: “Com’era Bali?” risponderà: “Me ne avevano parlato bene e in effetti i checkout all’ora del tramonto sono davvero indimenticabili”.
d) quelli che hanno il braccialetto “all inclusive” nei villaggi e pur di sfruttare al massimo la formula tutto incluso, mangiano e bevono come se non ci fosse un domani. Tu sei lì che stai andando a dormire all’una di notte e li intravedi al bar con un cimitero di ombrellini sul tavolo, hotdog fumanti e il braccialetto sul polsino della camicia che sfoderano in direzione dei camerieri inermi come Spiderman nell’atto di lanciare le ragnatele. Inutile dire che se codesti individui venissero bloccati da un rapinatore in un vicolo cieco di Madras e il delinquente dicesse: “O il braccialetto Valtur o il Rolex”, quelli si sfilerebbero il Daytona senza manco pensarci.
e) quelli che hanno rapporti malati o perversi con le piscine. Fateci caso: la piscina è la cartina di tornasole di tutti gli psicopatici più temibili del pianeta. Fossi nell’fbi io studierei il comportamento dei sospettati attorno a una vasca d’acqua qualunque e sono certa che dopo dieci minuti di attenta osservazione stanerebbero i peggiori criminali. C’è gente che punta la sveglia alle sei e venti del mattino per mettere gli asciugamani sui lettini fronte piscina e si sente argutissima. Ne consegue che alle sei e venticinque è già nella sala colazioni non per mangiare la brioches ma per tirare la sfoglia coi cuochi. C’è gente di cinquantasei anni suonati in piscina con maschera e tubo per vedere non si sa cosa, se i calli ai piedi, le fughe nere tra una mattonella e l’altra o i culi delle bagnanti.
C’è gente col mare più bello del mondo a venti metri che trascorre venti giorni di vacanza nella piscina dell’hotel, roba che a uno verrebbe voglia di dire “Facevi agosto nell’olimpionica di Assago e risparmiavi quei cinquemila euro”.
f) quelli che riprendono con la videocamera il buffet dei dolci. Ecco, io quando penso che questa gente vive, lavora, prende la metropolitana, si muove attorno a noi, ho molta paura. Perché un individuo sente la necessità di conservare in casa la prova filmata dell’esistenza di una torta al pistacchio fuori dai confini italiani? Cosa cova? Quali propositi perversi può meditare un uomo così torbido da filmare vasetti di pannacotta? Ma soprattutto, esiste un onlus che si occupi di proteggere e fornire assistenza ai disgraziati che saranno costretti alla visione casalinga dei video di buffet di dolci?
g) quelli che ti fai venti ore di aereo con sei scali e una differenza di dieci ore di fuso orario rispetto all’Italia per sentirti lontano da tutto e quando capiscono che sei italiano, vogliono condividere con te le ultime su Belen e tutto il gossip nostrano. Che tu torni da un’ora di snorkeling sulla barriera corallina oceanica e dici: “Ho visto un chirurgo e un balestra fantastici!”. E loro ti fanno: “Beh, dove c’è Renato Balestra c’è sempre un chirurgo. A proposito, ma la Minetti è rifatta?”.
Paranormal activity, appunto.

Oggi su Libero è uscito un mio pezzo…

Oggi su Libero è uscito un mio pezzo sull'assicurazione della scuola Morvillo che ha deciso di non risarcire le ragazze di Brindisi per le ustioni subite, perchè il danno è SOLO estetico. Come no. C'è chi dimentica cosa sia l'adolescenza. Eccolo:

Veronica, Selena, Anna, Vanessa, Alessandra, Sabrina, Azzurra. Chiamiamole per nome, anziché “le studentesse di Brindisi”, quelle sfortunate , giovani ragazze che la mattina del 19 maggio sono state investite da schegge feroci e da un’onda termica che in una frazione di secondo ha cotto la loro pelle come quella di una patata nell’acqua bollente . Perdonate la brutalità, ma oggi è un giorno in cui è importante dare il giusto nome alle persone. E alle cose. A quelle povere ragazze e all’orrore spaventoso a cui sono sopravvissute. Non che ieri contasse meno farlo, ma il dramma, quando tocca vite così giovani e ha risvolti tanto disumani, ha bisogno di cronache sfumate. Quando però quel dramma affoga nell’ingiustizia, un’ingiustizia enorme che si sta consumando a neanche tre mesi da quel tragico evento, c’è bisogno di crudezza.

L’assicurazione della scuola Morvillo non risarcirà Veronica, Selena, Anna, Vanessa, Alessandra, Sabrina e Azzurra perchè le ustioni sono un danno estetico, non funzionale. Se non c’è menomazione, non c’è risarcimento. Lo ha comunicato l’avvocato delle famiglie delle ragazze Mauro Resta, con l’aria tra lo stupito e il rassegnato di chi sa che nei contratti con le assicurazioni non ci sono asterischi a cui appellarsi. E invece c’è molto a cui appellarsi, perchè questo epilogo grida vendetta con la stessa forza e la stessa disperazione con cui gridavano aiuto Veronica e le sue amiche quella mattina in cui la loro carne bruciava tra pozzanghere di sangue e zainetti calpestati. E mi appellerò a quello che era il discorso iniziale: l’importanza di dare giusto nome alle cose.

L’ustione che deturpa il corpo e la faccia di quelle ragazze non è solo un danno estetico. E’ infinitamente di più. Ed è qualcosa che ha a che fare eccome con la menomazione, a meno che non si abbia un vocabolario e una sensibilità così primitivi da includere nel concetto di “menomazione” solo la mancanza del braccio che ti permette di guidare la macchina o di lavorare in fabbrica. C’è un’adolescenza, menomata, in questa storia. E non solo perchè ci sono tante giovani ragazze che hanno conosciuto la morte nel modo più assurdo e infame, arrivando a sfiorare la propria e assistendo a quella di un’amica nel luogo in cui ci si dovrebbe affacciare alla vita futura. Non solo perchè mentre il resto delle adolescenti continua a pensare che si muoia solo per amore, loro sanno prematuramente che la morte ha talvolta mandanti meno nobili, ma perchè quel dolore le ha marchiate, oltre che nell’animo, anche nella loro bellezza più sacra, che è quella della grazia, della giovinezza.

Grazia, non “spensieratezza”, perchè l’adolescenza è tutto fuorchè un’età spensierata. E’ un’età in cui lo specchio può essere un nemico spietato, castrante. In cui un banale difetto estetico può diventare il perno di un’infelicità passeggera o devastante, in cui ci si confronta con certe bellezze al limite della scorrettezza, in cui per un brufolo ci si barrica in casa come sotto bombardamento aereo. Ecco. Perfino un brufolo è vissuto come una menomazione, a quell’età. Provassero a immaginare, i signori dell’assicurazione, a un’adolescente che anziché avere a che fare con un brufolo, fa i conti con un’ustione sulla faccia. Una ragazza, per giunta. Con le sue insicurezze, con l’identità che è un bozzolo fragile, con il primo amore da cui forse non si ha più voglia di farsi vedere finchè la pelle non tornerà quella di prima, col costume da mettere al mare, con gli sguardi da incrociare sull’autobus per andare a scuola. C’è un mondo di cose che non sono ancora, nell’adolescenza, ma che diventeranno. Un mondo di normalità e complessità menomate,in questa storia, perchè quella triste mattina sono stati attivati due timer: quello che ha fatto esplodere la bomba e quello che ha congelato la giovinezza di Veronica. Di Selena. Delle altre. Le cui ustioni, sono per l’assicurazione, un semplice danno estetico. Viene quasi da sorridere. Trattate come se fossero state danneggiate dal botox o da un acido glicolico un po’ troppo corrosivo. Come fossero una Nina Moric qualunque che si lamenta per lo zigomo troppo sporgente o il labbro deforme. Come se ad esplodere fosse stata la tetta di silicone su un aereo e non una bombola di gas davanti a una scuola. Come se quelle pomate costosissime che servono a curare le ustioni e che sono classificate come “estetiche” e non terapeutiche, fossero Topexan o Creme de la mer, il capriccio per togliere un brufolo o le zampe di gallina. Con questo ragionamento, anche le donne afgane sfigurate con l’acido hanno solo un problema estetico. I trascurabili effetti collaterali di deturpazioni simili, e cioè la mortificazione della femminilità, della socialità, il trauma, le paure e le sofferenze fisiche e psichiche, sono capricci alla Valeria Marini, mica menomazioni.

E allora, gentili signori dell’assicurazione, vi chiedo dalle colonne del mio giornale che tanto ha fatto per queste ragazze, di dare questo benedetto giusto nome alle cose. Chiedetevi da dove arrivano, quelle ustioni e se è giusto chiedersi solo quanti strati di pelle hanno bruciato e non quanta anima, quanto presente, quanto futuro. Girando un purè, ci si può procurare un danno estetico. Saltando in aria a sedici anni davanti a una scuola, mentre parli del compito in classe o guardi con la coda dell’occhio il ragazzo che ti piace, è l’adolescenza a detonare. Chiedetevi che prezzo pagheranno Veronica e le altre per tutto questo e ricordate che è un prezzo infinitamente più basso di quello che costerebbe a voi un risarcimento, che non sarebbe solo equo, ma anche e soprattutto, umano. Lo so che ci sono contratti, regole, clausole, asterischi, ma sarebbe bello che quel contratto oggi bruciasse come bruciavano i quaderni di quelle ragazze e se ne riscrivesse uno più giusto. Ho letto da qualche parte che forse ritornerete sui vostri passi. Ecco. Mi auguro sia davvero così. Sarebbe bello che ci regalaste, per un attimo, quello che la bomba ha portato via a Veronica, Azzurra, Anna, Selena, Alessandra, Sabrina Vanessa quella mattina: la fiducia. L’idea che il mondo sia anche e soprattutto, dei buoni.