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Carla Bruni e l’infelice incoscienza

Il mio articolo per il quotidiano Libero di oggi: Gentile signora Bruni in Sarkozy, mi perdoni il gesto inelegante della lettera pubblica ma ho l’ impellente necessità di spiegarle un paio di cose e dubito che se mi attaccassi al citofono dell’Eliseo mi riceverebbe. Se poi è vera la leggenda secondo la quale poco prima di conoscere il presidente lei confidò: “Voglio un uomo dotato della bomba atomica”, è molto probabile che oggi rivolga la parola solo alle compagne di uomini che tengono il plutonio nel cassetto accanto al sacchettino di lavanda e, francamente, io non so se me la sento di circuire Kim Yong-nam. Sì, probabilmente avrei il mio set di atomiche in tre varianti di colori fluo, ma la Corea de Nord è un tantino umida per i miei gusti e poi laggiù mi mancherebbe troppo la posta di Carlo Rossella su “Chi”. Dunque. Ho letto la sua intervista sul mensile “Figaro”. Quella in cui dice che in tempo di crisi, i figli si fanno in una sorta di “felice incoscienza”. E che lei è una privilegiata perchè non deve chiedere il congedo di maternità o prendere i mezzi pubblici alle sei del mattino come tanti suoi connazionali. Intanto, grazie per il coraggioso outing , signora Bruni. Noi tutti eravamo convinti che all’albeggiare, lei si facesse largo tra raucedini e ascelle sudate per salire sulla metropolitana parigina e andare dal ciabattino a far risuolare le scarpe col tacco. Quelle di suo marito, ovviamente. Riguardo la faccenda del congedo di maternità, beh, che non ci siano state vibrate proteste quando s’è presa una pausa dalla sua intensa carriera musicale, mi stupisce un po’ meno. Onestamente, i suoi cd, nella speciale classifica dei più potenti narcotizzanti in commercio, si colloca esattamente tra i sedativi per le possessioni demoniache e i discorsi di Frattini, per cui suppongo che i suoi connazionali si augurino che la sua gestazione duri almeno sei anni solari. Non c’è livore nelle mie parole, signora Bruni, lo giuro. Potrei fare demagogia spiccia e chiederle di non provarci neanche, a fare l’amica del popolo. Suggerirle di tacere, visto che ha l’aria di quella che ha le idee più precise su quanto costi un foulard di Hermes che una garza ombelicale. Forse, visto che ha raccontato pure che Sarkozy l’ha conquistata parlandole di fiori, le domanderei perchè allora non ha sposato Luca Sardella. Ma sarebbe un gioco troppo facile e io invece voglio darle una mano, signora Bruni. Voglio aiutarla ad avvicinarsi al popolo approfondendo il concetto di “felice incoscienza”. Ebbene, la felice, gioiosa, scoppiettante incoscienza, per una donna normale, consiste più o meno in questo: correre, sempre. Accompagnare il figlio a scuola e accorgersi che sulla tua t-shirt c’è una patacca grossa come una coccarda tricolore perchè mentre ti vestivi, vestivi lui, scaldavi il latte, gli preparavi lo zaino, e poi laviamo i denti, la faccia, allacciamo le scarpe, e inciampi in due Pokemon, e “Non metti mai a posto!”, accendi il telefono, sali in macchina, sbraiti con gli altri automobilisti e passi il mascara al primo semaforo rosso. Arrivi davanti a scuola e ti senti inadeguata, di fronte alle mamme che sono lì cinque minuti prima perchè loro sono perfette e mica hanno il mascara sbrodolato come te che alle otto del mattino sembri già Dolcenera dopo una sauna finlandese. Poi tratti, con le altre mamme imperfette. “Io oggi dalle due alle due e venti ho la riunione di condominio, dalle due e venti alle tre ho una riunione in ufficio, poi vado in posta, alle tre e mezzo passo dal commercialista, poi faccio la spesa, se tu mi fai il favore di prendere mio figlio all’uscita io poi nel weekend ti faccio il trompe l’oeil in camera da letto stile vecchia Pompei, accetti?”. E tratti. Tratti sempre. Con le mamme, con le amiche, con i vicini di pianerottolo, con i parenti fino alla settima generazione, con la suocera che “Te lo tengo,sì, ma un’ora che poi devo andare al centro commerciale”. E poi la babysitter che “Signora mi spiace tanto ma parto due mesi, vado-mio-paese nelle Filippine! “. I grandi quesiti “Se lo iscrivo a judo ottobre come la pago la rata del riscaldamento a novembre?” e la notte non chiudi occhio perchè non sai se è più giusto negare un radioso futuro nel campo delle arti marziali a tuo figlio o bruciare rovi in salotto per sopravvivere all’inverno. E l’influenza. I sensi di colpa, sempre. Tuo figlio aveva la febbre e tu facevi fotocopie al tuo capo. Vai dal parrucchiere e ti senti Erode perchè per due meches ti perdi la sua partita di pallone. E poi oddio, è nervoso, sto poco con lui, sto troppo con lui, è perchè ci ha sentiti litigare, ma no invece scazziamo ogni tanto che i figli mica devono crescere nella campana di vetro. E le vacanze ad agosto costano troppo, andiamo a trovare tua zia al paese in Abruzzo “che poi la città ad agosto te la godi, fosse sempre così”. E questo è solo il trailer della felice, radiosa, scoppiettante pellicola da lei intitolata “Felice incoscienza”, signora Bruni. Si chieda se è il caso di ricorrere agli eufemismi, quando i problemi legati all’essere madri, in tempo di crisi, sono qualcosa di leggermente più serio che il rigurgito del poppante sulle ballerine Gucci. Io “(in)felice incoscienza” ci chiamerei, al massimo, i suoi zigomi, signora Bruni. Quello di cui parla lei, nel mondo normale, si chiama “mazzo tanto”. Francesismo che, una premiere dame, mi perdonerà senz’altro.

E’ tutto nel dna

No, vi prego. Guardate le tre, quindicenni, al Karaoke di Fiorello. La Raznovich già simpatica come un orchite, Elisa un abbacchio scottadito e Laura Chiatti già con la grinta della paesanotta castana e nanetta, che avrà il suo riscatto biondo platino.

Mi manderesti una foto dei tuoi piedi?

Il mio pezzo di oggi per Libero: “Selvaggia, scusi il disturbo, Le prometto che se non riceverò risposta a questa mail non insisterò oltre. Sono un uomo di trent’anni che adora obbedire alle donne, soddisfare ogni loro vizio e capriccio. Mi creda, quando ricevo un ordine da una donna non posso assolutamente fare a meno di obbedire.Le chiedo, con umiltà, se Le andrebbe di farmi felice diventando la mia Padrona.Posso ricaricarLe il cellulare, la postepay, pagare le Sue bollette o sbrigare ogni faccenda che Le possa arrecare fastidi. Attendo speranzoso una risposta, un Suo aspirante cagnetto servitore. Giorgio G.” Ecco. Voi immaginate di aprire la posta elettronica e trovare una mail così. Il cui mittente è sì, un tizio che si firma Giorgio G., ma anche un tizio la cui casella di posta elettronica è obbedisco sempre@….. Insomma, uno che è cagnetto servitore, fin dall’account. La mia prima reazione, nel leggere le sei righe del chihuahua bipolare, è stata, ovviamente, di sbigottimento. Per un attimo mi sono perfino chiesta se potesse essere il mitico Ragionier Spinelli, che non potendo più recarsi in posta per pagare le bollette delle olgettine, mi è andato in astinenza da bollettino postale. Poi è subentrato il pragmatismo. Della serie: se l’aspirante cagnetto pulisce anche i tappeti e giura di eliminare ogni traccia di fughe nere dalla doccia, io mi faccio impalmare entro una settimana. E così, trepidante e desiderosa di avere più informazioni possibili sul mio futuro marito, me ne sono andata su google e ho scoperto che Giorgio G., in realtà, non è Mrs Doubtfire, ma un money slave. E guardate che non siamo nel ramo delle consulenze finanziarie, ma di quello, più sbalorditivo e tragicamente comico, della sottomissione sessuale. C’è chi s’attizza col la guepiere, chi scambiando la moglie come fosse una figurina Billa, chi deve essere frustato come una tigre da circo, chi ti deve appendere al lampadario come una strobo e chi, incredibile ma vero, non si eccita se non ti paga qualcosa. Non arrivate a conclusioni affrettate. Non sto dicendo che Flavio Briatore è un money slave. E neppure che se uno insiste ad offrirti un’aranciata al bar, poi avrà una polluzione involontaria alla cassa. Qui stiamo parlando di maschi in cerca della donna dominatrice, di quella donna che ti sottomette a colpi di frusta, tacchi a spillo o strisciate di American Express. Di quella donna che nel gergo del maschio scendiletto, si chiama Mistress. Ebbene, la sottoscritta, da un paio d’ anni a questa parte, ha una nutrita schiera di slaves alle calcagna. E quando dico calcagna, non è che sia in vena di slang poliziesco, è che per un Giorgio G. che si eccita se lo chiamo “Bancomat” tra le lenzuola (o forse anche solo comprando lenzuola di Armani Casa col suo Bancomat), la maggior parte dei miei affezionati slaves è affascinato proprio dal mio calcagno. E poi dal pollice. Dalla pianta. Dal collo. Insomma, dal mio piede. Io non so se è perchè quel Natale ho osato esumare dalla scatola incartata e infiocchettata quel sandalo tacco 12 prima della mezzanotte e s’è abbattuta su di me una sorta di maledizione da Jimmy Choo, fatto sta che non c’è giorno in cui io non riceva la mail delirante di un tizio che mi fa le seguenti richieste: a) Mi manderesti delle foto dei tuoi piedi ? E fin qui, vabbè. b) Non è che posso leccarti i piedi per ore e annusarli e venerarli? (manco se gli dici che hai appena finito di fare jogging con le Superga del liceo, li scoraggi) c) Non è che possiamo andare al mare insieme e poi io ti tolgo tutti i granelli di sabbia tra le dita con la lingua? (che tu pensi, se poi dà una ripassata pure alla sabbia sul tappetino della macchina quasi quasi) d) Non è che posso essere il tuo scendiletto e tu ti pulisci i piedi su di me strofinandoli a più non posso sulla mia schiena? (che tu ti dici: se non lascia manco i pelucchi, perchè no.) Poi ci sono quelli che vorrebbero essere infilzati come un kebab dal tuo tacco a spillo, quelli che vorrebbero essere stritolati come un mocioo Vileda, quelli che ti chiedono di rivolgerti a loro con affettuosi nomignoli tipo verme schifoso-fecciaumana-rattodifogna-pelodiunascelladiMartufello e quelli che ti cercano su Wikifeet. Sì avete capito bene. Esiste un wiki-piedi, ovvero un sito con un archivio di 367561 foto di star (e non) con le estremità inferiori in bella vista. Materiale bollente: la Carfagna sdraiata al mare sul lettino che si gratta il polpaccio destro col pollicione del piede sinistro, io che pesto uno scontrino fiscale con una ciabatta e oscenità varie che, per pudore, non vi riferirò. Ed è così che la Mistress, anzi, questo trentasei scarso che vi scrive, a furia di leggere mail di uomini che sembrano l’anello di congiunzione tra un cane bagnino e il tappetino antiscivolo, si domanda da tempo: ma i maschi che ti sbattevano al muro che fine hanno fatto? Si sono estinti con la moda del loft?

Chiude Corona Star’s

Il mio articolo sul quotidiano Libero di oggi: “Dopo tre numeri, me ne sono andato due mesi in vacanza con Belen, quindi sì, non ho fato un c…. Ma ora ho altre priorità nella vita.” Fabrizio Corona commenta così, con la sua solita, spiazzante franchezza, la chiusura, dopo soli quindici numeri, del suo strombazzatissimo settimanale Corona Star’s. Confermando dunque la tesi di molti, ovvero che il giocattolo, in realtà, l’ha stancato presto. L’avventura, a dire il vero, non era parsa destinata al successo fin dal suo esordio in edicola. Tra refusi, editoriali sgrammaticati, servizi di dubbio gusto, pochi scoop e foto di Belen e sorella anche nell’oroscopo della settimana, si capiva fin da subito che il Fabrizio editore aveva le idee un po’ confuse. E più che un giornale, era sempre parso a tutti un costoso sistema per assestare vendette trasversali ai suoi nemici più acerrimi. Indimenticabili l’impietosa copertina dedicata a un bikini non esaltante di Simona Ventura dal tenero titolo “Grasso è bello” o quella con una giovanissima Barbara D’Urso (lei a Fabrizio ha intentato tre cause diverse) che copriva le sue grazie con un misero quarantacinque giri. “Certo che mi sono divertito ad attaccare gente che non mi è simpatica, il gusto è anche quello! E in quindici numeri, mi ha querelato solo la D’Urso”, commenta Fabrizio. “Riguardo gli strafalcioni, posso dire che purtroppo ho sbagliato i tempi. Prima sono andato in edicola, poi ho imparato a fare il giornale. E comunque avevo anche voglia di starmene in vacanza con la mia fidanzata, nella mia vita ci sono cose più importanti”. E se Fabrizio pare tranquillo, non tutti suoi ex collaboratori sembrano averla presa benissimo, visto che in molti sono rimasti a spasso da un giorno all’altro e, qualcuno sostiene, con mesi di stipendio non pagato. L’ex direttore di Corona Star’s Luca Arnaù difende Corona: “Fabrizio ha visto un forte calo di vendite a settembre e s’è spaventato a tal punto da decidere la chiusura. Ma torniamo in edicola con un mensile e io ci sarò.” Chiediamo a Fabrizio come si chiamerà il nuovo mensile . “Lover. Ah no, The lovers. Lovers”. Insomma, dalla guida spericolata all’editoria spericolata. Ma il vero dramma, come commenta qualcuno sul web, è il quesito irrisolto che ci porteremo fin nella tomba: cosa cavolo significava, Corona Star’s, con quell’apostrofo messo lì?

Anna Wintour e l’abito da sexy infermiera

Il mio articolo sul quotidiano Libero di oggi: Mi è venuta voglia di vestirmi da sexy-infermiera. Di murare in casa le racchie. Di tatuarmi sul piede le iniziali “S.B: tvtttb”. Di rotolarmi nel letto di Putin. Insomma, di far girare la patonza. E se Anna Wintour rilascia un’altra intervista in cui bacchetta i costumi di questa Italietta volgare e viziosa, giuro che attuo i miei propositi con una tale solerzia che al confronto Terry De Nicolò sembrerà un alto prelato dell’Opus Dei. E guardate che io non sono particolarmente selettiva in fatto di pulpiti. Ho accettato le filippiche della Carfagna sulla dignità femminile. Ho digerito le elucubrazioni del Trota sulle responsabilità delle nuove generazioni. Sarei perfino disposta a tollerare il duro j’accuse di Fabrizio Corona contro i truzzi da tatuaggio compulsivo, ma la predica da Anna Wintour non me la faccio fare. Voglio dire, durante la settimana della moda è già abbastanza urticante la visione di lei, seduta in prima fila a tutte le sfilate con l’aria perennemente schifata di quella che l’abito che sta sfilando, al massimo, lo utilizzerebbe come presina da forno. E’ già altamente intollerabile sorbirsi la piaggeria degli stilisti che spostano le loro sfilate se in quell’orario la Wintour ha deciso che ha voglia di vedere “Spongebob” su Disney Channel. E diciamocelo, sarebbero già inaccettabili anche solo quel caschetto frigido e l’occhiale scuro di colei che siccome è la vestale della moda, deve preservare da occhi indiscreti le grandi verità custodite, ovvero se il maculato reggerà un’altra stagione e se la gonna sopra il ginocchio è out. Ma la Wintour, questa volta è andata oltre. Tra una sfilata e una cena di gala, ha deciso infatti che era ora di dire la sua anche sul degrado morale di questo paese, oltre che sulle giacche destrutturate. Ha deciso di autonominarsi depositaria dell’etica e ricordarci che viviamo in una dittatura, chiedendosi, in un’intervista a Repubblica, come possiamo tollerare Berlusconi e il suo giro di ragazze e invitando le donne italiane a scendere in piazza durante le sfilate per manifestare contro il malcostume. Parole sante. Se non fosse che io le ramanzine dal sapore bolscevico e femminista da una tizia che potesse, riaprirebbe i gulag per spedirci in massa chi veste Oviesse e scioglierebbe nel grasso delle liposuzioni tutte le donne sopra la taglia 38, non me le faccio fare. Tanto per cominciare, Anna Wintour parla di dittatura. Anna Wintour, ribadisco. Roba che se Hitler è stato Fuhrer per undici anni, lei dirige “Vogue America” da ventitre e quando sente aria di colpo di stato minaccia di portarsi via fotografi, modelle e giornalisti e far diventare “Vogue” l’inserto settimanale di “Cavalli e segugi”. La filo-marxista Anna Wintour, che schifa il totalitarismo e poi impala sulle stampelle della collezione Miu Miu la giovane assistente rea di averle portato il cappuccino tiepido. Lei, che sottopone i subordinati a vessazioni psicologiche da Case Magdalene e che quando gli stilisti vengono invitati a fare dei camei nel film “Il diavolo veste Prada” fa sapere tra le righe che se solo ci provano, i loro vestiti rifiniranno su Vogue quando Alan Elkann vincerà il nobel per la letteratura. Si chiede anche come facciamo a tollerare Berlusconi e le sue ragazze, la bolscevica. E qui qualche volenteroso dovrebbe aspettare che la Wintour mettesse un piede fuori dalla limousine che la scorazza per Milano e mostrarle una bella galleria fotografica che ritrae le ragazze. Quelle ragazze lì. Si accorgerebbe, la signora Wintour, che la Polanco, Nicole Minetti, Barbara Guerra e il resto della ciurma, passeggiano beatamente in via Montenapoleone con le stesse Birkin e Kelly sottobraccio che il suo Vogue piazza in copertina sottobraccio alla modella di turno. Perchè quelle ragazze lì (e mica solo loro), sono anche il frutto del processo di rimbecillimento che la moda alimenta, coi suoi diktat beceri, il classismo odioso, l’idea indotta del finto riscatto sociale regalato dalla borsa da cinquemila euro. E quelle ragazze, a lavorare per millecinquecento euro al mese non ci vanno, perché poi tra affitto e bollette la Birkin e la tetta nuova non ci scappano. Più facile battere cassa a papi. Ci riflettesse, la signora Wintour. Infine, c’è il predicozzo sul perchè non scendiamo in piazza a protestare, noi sciocche donne italiane. A parte che la signora s’è persa il ciclone “Se non ora quando”, ma la capiamo, sarà stata molto impegnata in riunioni sull’improvvisa latitanza dei toni del kaki nelle collezioni primavera estate. Ma poi proprio lei ci viene a fare il sermone femminista? Lei che accettò di mettere Oprah Winfrey in copertina solo a patto che perdesse venti chili, lei che non vuole assistenti sopra la taglia quaranta accanto a sé, lei che utilizza solo modelle il cui peso specifico sia quello del cigno-origami? Si presentasse alla sfilata Versace con un bel panino burro e salame e poi forse ci potremmo anche credere, ai suoi rigurgiti femministi. Cominciasse la Wintour, a non mortificare la donna. E infine, una menzione speciale la merita il giornalista che le ha domandato se le sfilate di moda possono essere una risposta all’immagine degradante delle olgettine. Certo. La moda come forza salvifica. Come lavatrice morale. La Birkin di Hermes che lava i peccati della D’Addario. La stampa animalier che redime le gemelle De Vivo. L’abito chiffon, la pashmina in cachemire, la cintura di pitone, il tacco dodici che restituiscono sostanza a un paese smarrito nell’effimero. Ma per favore. E ora scusate ma mi fermerei qui, altrimenti l’abito da sexy-infermiera finisce che me lo compro davvero.

Oggi a Glossip

Oggi, nel mio programma Glossip, ore 14,30, canale 143 di Sky, parlermo del caso Alessia Tedeschi Miss tv sorrisi e canzoni e la sua presunta storia col figlio di Patrizia Mirigliani Nicola Pisu. Interverranno al telefono Daniele Soragni e la miss Alessia Tedeschi.

La miss e il figlio di Patrizia Mirigliani

Il mio articolo per il quotidiano Libero oggi in edicola: Se è vero che non c’è reginetta senza strascico, lo strascico, ad appena un giorno dall’elezione della reginetta, è arrivato. Nulla che costringerà a rivedere i confini della ex Jugoslavia, intendiamoci, però la chiacchiera malevola è venuta fuori e tocca riportarla: Alessia Tedeschi, la numero ventitré eletta la sera della finalissima “Miss Tv Sorrisi e canzoni” con tanto di fascia consegnata dal buon Daniele Soragni, sarebbe stata fino a poco tempo fa, la fidanzata del figlio di Patrizia Mirigliani, il giovane Nicola Pisu. Lo sostengono molti amici dei due e a indagare nel giro degli organizzatori di eventi e sfilate viene fuori che la storia è un po’ il segreto di Pulcinella. Nulla di sconvolgente e in un periodo in cui pure ad intercettare il centralinista di Prontopizza viene fuori che il pony express ha raccomandato la cugina per un posto da ereditiera, direi che il peccato sarebbe veniale. Fatto sta che la bella Alessia, tanto estranea alla famiglia Mirigliani, non lo era di sicuro. E che il figlio di Patrizia, Nicola, oltre ad avere avuto un flirt con Miss Tv sorrisi e canzoni, è anche uno dei più vicini collaboratori di mamma Patrizia. Il ragazzo infatti, ha solo ventidue anni ma già da quattro lavora dietro le quinte del concorso. E insomma, c’è da capirlo. E’ più facile che venga voglia di seguire le orme di una madre che seleziona stragnocche che quelle di un padre che lavora al tornio, vagli a dar torto. Fatto sta che Nicola, oltre ad aiutare mammà nell’organizzazione, è anche il direttore di produzione di Miss Italia Channel, il canale web del concorso che manda in onda servizi sulle miss realizzati dalle reginette di edizioni passate. Nicola, a dirla tutta, non è nuovo a questo genere di chiacchiere. Già due anni fa si disse che tra lui e la Miss catanese Miriam Leone ci fosse del tenero, ma la voce non fu mai confermata e comunque, la simpatia era nata a elezione avvenuta, per cui faccenda diversa. Raggiunta al telefono, Alessia Tedeschi (che bisogna ammetterlo, è una gnocca imperiale) rimane sorpresa da domanda diretta: “Patrizia Mirigliani era o no tua suocera?”. Dieci secondi di silenzio pre-duello da film western. Poi dice no. “Ma Nicola lo conosci?”. “Beh, sì, ci conosciamo da tempo, facevamo sfilate insieme per Cesare Guidetti…”. Nega, poco convinta, che ci sia stata una storia ma ammette di conoscerlo bene. Poi però le chiedo se si sono lasciati o no, e aggiunge una frase piccata: “Diciamo che meritavo di arrivare in finale e tra le tre finaliste non ci sono arrivata….Hanno preferito una ragazza semplice, carina.”. Difficile anche estorcere qualcosa a Nicola, visto che in un’intervista rilasciata proprio sul sito ufficiale di Miss Italia, alla domanda: “Hai mai avuto una ragazza qui a Miss Italia?”, risponde seccamente: “Mai. Se è un lavoro, e per me è un lavoro, questo non è contemplato, non è possibile.”. Insomma, lui le miss manco le vede, certo. Passa una bionda diciottenne alta un metro e ottanta e lui tiene il capo chino intento a controllare che Frizzi non abbia la fronte lucida. Con Alessia, però, deve aver fatto un’eccezione. E inevitabilmente, ora qualcuno si chiederà se alle finali di Miss Italia la bella abruzzese ci sia arrivata solo con le sue (lunghe) gambe. Se la fascia di Miss Tv sorrisi e canzoni se la siano guadagnata i suoi occhi azzurri o le sue frequentazioni con casa Mirigliani. Morale della storia: a mamma Patrizia, visto che si ritrova un figlio sveglio, piuttosto avvenente e in età da ormone imbizzarrito, ci sentiremmo di consigliare di aggiungere una regola, al suo decalogo sul comportamento che deve tenere una miss. E più precisamente: “Prova a buttare un occhio su mio figlio e ti strozzo con la fascia di Miss Esselunga”.

Miss Italia 2011: qualcuno spieghi due cose a Patrizia

Il mio articolo per il quotidiano Libero su Miss Italia 2011 : Peccato che il patron Enzo Mirigliani quest’anno se ne sia rimasto a casa e non lo si sia visto ronfare come al solito in prima fila, perchè avrebbe seriamente rischiato di sembrare l’elemento  più  giovane del concorso. Mi ha fatto perfino tenerezza, Miss Italia 2011. Senza patron, senza Salsomaggiore, senza un Depardieu infoiato in giuria, senza un sospetto trans in concorso. Neppure un eunuco in sala stampa, niente di niente. Diciamocelo. Patrizia Mirigliani che sbotta con la Rai e afferma che non si fanno le nozze coi fichi secchi, è perfino ottimista. Da casa, lo show è parso realizzato, al massimo, con due lenticchie avanzate dalla tombola natalizia. In un’edizione normale ci saremmo accaniti su Fabrizio Frizzi e per carità, la sua conduzione è talmente soporifera che al confronto Lorena Bianchetti è una Bestia di satana. Per carità, a guardarlo con quegli occhi perennemente stropicciati di quello che si alza tre volte a notte per la prostata, si è colti da una tristezza siderale.  E per carità, a sentirlo commentare con la solita risata qualsiasi frase gli si rivolga, vien voglia di sostituire la tv con una fontana feng shui, ma se si addossassero le colpe dell’apocalisse a cui abbiamo assistito al povero Frizzi, saremmo ingiusti.  La verità è che quest’anno c’era più naftalina sul palco di Miss Italia che nel cassetto delle camicie di Aldo Biscardi.   E che i potenti mezzi con cui s’è realizzata la kermesse erano su per giù quelli approvati dalla giunta comunale di Frascati per la sesta edizione di “Miss Raccordo anulare e oltre”.  Il primo segnale di decadimento era nelle fasce improbabili delle miss, tipo, tanto per citarne qualcuna, “Miss tecnologia fedelity point”, “Miss simpatia Esselunga”, “Miss Sorriso Castello Monte Vibiano Vecchio”, “Miss eleganza sì è lei”. Che poi, a parte l’orrore dei nomi dati a queste fasce, vorrei capire il criterio con cui vengono assegnate. Chi è la Miss Sorriso Esselunga? Quella con la faccia da cassiera? E “Miss Eleganza sì è lei” che vuol dire? Sì è lei cosa? Quella che t’ha rigato la macchina ieri nel parcheggio? E dove l’hanno trovata una miss a Monte Vibiano Vecchio che è un comune con sedici residenti di cui quindici sono uomini over sessanta? Fasce a parte, la vera novità di quest’anno era l’apertura del concorso alle taglie 44. Peccato le abbiano aperte pure alle taglie 6/8 anni perchè c’erano un paio di miss tra cui la toscana Chiara Caporalini, la cui circonferenza coscia era quella di un acino d’uva rossa. E comunque, la faccenda delle miss abbondanti non ha convinto nessuno. Intanto sono stati mesi a menarcela su quanto si possa essere belle e eleganti e leggiadre anche con qualche chilo in più, e l’unica che durante la sfilata s’è andata a cappottare per le scale a mo’ di carrozzina della corazzata Potemkin, è stata proprio la Miss Curvy Sara Izzo. Poi insomma, quelle che hanno spacciato per “ragazze curvy” sono sostanzialmente fanciulle di cui non si vede il femore controluce come accade nella modella tipo, ma di sicuro, di lì ad essere curvy ce ne passa. Mi permetterei di dire alla signora Mirigliani che se un’ adolescente complessata con una decina di chili in più sente definire “curvy” una di quelle gnocche che hanno sfilato ieri sera, penserà di appartenere alla categoria “capodoglio” e finirà per morire digiuna nella sua cameretta col poster di Twilight appeso sul letto. Ci pensi su. Spenderei due parole anche sulla giuria. I mezzi erano quelli che erano e quindi tra un Giorgio Pasotti con l’aria di quello che sarebbe stato più volentieri seduto su un geyser sulfureo che lì in giuria accanto alla Giacobini e un Enrico Vanzina che ormai ha un unico scopo nella vita, ovvero quello di farci rivalutare le pettinature di Gigi Marzullo, la mestizia regnava sovrana. In più, quest’anno qualcuno deve aver convinto Patrizia Mirigliani che inserire due blogger tra i commentatori della serata sarebbe stata una gran botta di modernità. Una roba che sarebbe arrivata alle orecchie di Bill Gates.  Ed è così che viene data la possibilità ai blogger di parlare. L’esordio di uno dei due è folgorante: “Guardando dal vivo questo show, mi chiedevo se questo spettacolo è ancora televisivamente attuale”. Ora, immaginate la faccia di una tigre siberiana a cui una mietitrebbia ha appena messo sotto i quindici cuccioli appena nati. Ecco. Quella era la faccia di Patrizia Mirigliani in quel momento. E siamo al nodo fondamentale della questione: Patrizia Mirigliani. Io lo capisco che la signora Patrizia sia sentimentalmente legata all’idea di un concorso di miss in cui le ragazze arrivano dalle risaie col mutandone a vita alta sopra la calza di nylon e la lettera del fidanzato al fronte nascosta nel reggipetto, ma qualcuno le deve spiegare che i tempi sono leggermente cambiati. Fate qualcosa. Fatele leggere qualche stralcio di conversazione tra Barbara Guerra e Marystell Polanco, fatele fare uno stage con Manuela Arcuri, fatela stare in fila fuori da Cinecittà durante i provini di Amici, qualsiasi cosa, ma qualcuno la illumini. Qualcuno le spieghi che tra Marystell Polanco e il suo stantio decalogo su come dovrebbe essere una Miss, si potrebbe cercare una mediazione.  Un decalogo, per giunta, che pare più il sermone di un quacquero durante la messa pasquale che il regolamento di Miss Italia. Tanto per fare qualche esempio, secondo la nostra Patrizia, le ragazze non devono avere costumi sgambati. Ora, l’ultima ad indossare costumi sgambati è stata Sabrina Salerno nel video di “Boys”, quindi non stesse in pena che non c’è pericolo. Poi è contraria alle unghie finte, al piercing e , udite udite, un passaggio del suo decalogo dice esattamente così: “No a rifacimenti fisici troppo vistosi e visibili. Il Concorso non compie controlli per accertare se una miss ha parti del corpo “rifatte”, ma interviene se le modifiche sono evidenti”. Cioè, Patrizia Mirigliani si sente in dovere di tranquillizzare le miss sul fatto che la giuria non pianterà nelle tette delle ragazze un punteruolo spacca ghiaccio per esser certi che non fuoriesca silicone.  Ora capite perchè dico che i quacqueri al confronto sono gente moderna. E perchè a sentire le miss snocciolare le loro retoriche banalità imbeccate da mamma Patrizia (e una è vegetariana, una s’è salvata dal terremoto, una insegna catechismo, una c’ha due figlie, una è operatrice ecologica volontaria e una “la salute prima di tutto”), viene da pensare che Enzo Mirigliani, in confronto alla figlia, sia un pericoloso sovversivo.