
Il mio articolo per il quotidiano
Libero di oggi:
Gentile signora Bruni in Sarkozy, mi perdoni il gesto inelegante della lettera pubblica ma ho l’ impellente necessità di spiegarle un paio di cose e dubito che se mi attaccassi al citofono dell’Eliseo mi riceverebbe. Se poi è vera la leggenda secondo la quale poco prima di conoscere il presidente lei confidò: “Voglio un uomo dotato della bomba atomica”, è molto probabile che oggi rivolga la parola solo alle compagne di uomini che tengono il plutonio nel cassetto accanto al sacchettino di lavanda e, francamente, io non so se me la sento di circuire
Kim Yong-nam. Sì, probabilmente avrei il mio set di atomiche in tre varianti di colori fluo, ma la Corea de Nord è un tantino umida per i miei gusti e poi laggiù mi mancherebbe troppo la posta di
Carlo Rossella su “Chi”. Dunque. Ho letto la sua intervista sul mensile “Figaro”. Quella in cui dice che in tempo di crisi, i figli si fanno in una sorta di “felice incoscienza”. E che lei è una privilegiata perchè non deve chiedere il congedo di maternità o prendere i mezzi pubblici alle sei del mattino come tanti suoi connazionali. Intanto, grazie per il coraggioso outing , signora Bruni. Noi tutti eravamo convinti che all’albeggiare, lei si facesse largo tra raucedini e ascelle sudate per salire sulla metropolitana parigina e andare dal ciabattino a far risuolare le scarpe col tacco. Quelle di suo marito, ovviamente. Riguardo la faccenda del congedo di maternità , beh, che non ci siano state vibrate proteste quando s’è presa una pausa dalla sua intensa carriera musicale, mi stupisce un po’ meno. Onestamente, i suoi cd, nella speciale classifica dei più potenti narcotizzanti in commercio, si colloca esattamente tra i sedativi per le possessioni demoniache e i discorsi di Frattini, per cui suppongo che i suoi connazionali si augurino che la sua gestazione duri almeno sei anni solari. Non c’è livore nelle mie parole, signora Bruni, lo giuro. Potrei fare demagogia spiccia e chiederle di non provarci neanche, a fare l’amica del popolo. Suggerirle di tacere, visto che ha l’aria di quella che ha le idee più precise su quanto costi un foulard di Hermes che una garza ombelicale. Forse, visto che ha raccontato pure che Sarkozy l’ha conquistata parlandole di fiori, le domanderei perchè allora non ha sposato
Luca Sardella. Ma sarebbe un gioco troppo facile e io invece voglio darle una mano, signora Bruni. Voglio aiutarla ad avvicinarsi al popolo approfondendo il concetto di “felice incoscienza”. Ebbene, la felice, gioiosa, scoppiettante incoscienza, per una donna normale, consiste più o meno in questo: correre, sempre. Accompagnare il figlio a scuola e accorgersi che sulla tua t-shirt c’è una patacca grossa come una coccarda tricolore perchè mentre ti vestivi, vestivi lui, scaldavi il latte, gli preparavi lo zaino, e poi laviamo i denti, la faccia, allacciamo le scarpe, e inciampi in due
Pokemon, e “Non metti mai a posto!”, accendi il telefono, sali in macchina, sbraiti con gli altri automobilisti e passi il mascara al primo semaforo rosso. Arrivi davanti a scuola e ti senti inadeguata, di fronte alle mamme che sono lì cinque minuti prima perchè loro sono perfette e mica hanno il mascara sbrodolato come te che alle otto del mattino sembri già Dolcenera dopo una sauna finlandese. Poi tratti, con le altre mamme imperfette. “Io oggi dalle due alle due e venti ho la riunione di condominio, dalle due e venti alle tre ho una riunione in ufficio, poi vado in posta, alle tre e mezzo passo dal commercialista, poi faccio la spesa, se tu mi fai il favore di prendere mio figlio all’uscita io poi nel weekend ti faccio il trompe l’oeil in camera da letto stile vecchia Pompei, accetti?”. E tratti. Tratti sempre. Con le mamme, con le amiche, con i vicini di pianerottolo, con i parenti fino alla settima generazione, con la suocera che “Te lo tengo,sì, ma un’ora che poi devo andare al centro commerciale”. E poi la babysitter che “Signora mi spiace tanto ma parto due mesi, vado-mio-paese nelle Filippine! “. I grandi quesiti “Se lo iscrivo a judo ottobre come la pago la rata del riscaldamento a novembre?” e la notte non chiudi occhio perchè non sai se è più giusto negare un radioso futuro nel campo delle arti marziali a tuo figlio o bruciare rovi in salotto per sopravvivere all’inverno. E l’influenza. I sensi di colpa, sempre. Tuo figlio aveva la febbre e tu facevi fotocopie al tuo capo. Vai dal parrucchiere e ti senti Erode perchè per due meches ti perdi la sua partita di pallone. E poi oddio, è nervoso, sto poco con lui, sto troppo con lui, è perchè ci ha sentiti litigare, ma no invece scazziamo ogni tanto che i figli mica devono crescere nella campana di vetro. E le vacanze ad agosto costano troppo, andiamo a trovare tua zia al paese in Abruzzo “che poi la città ad agosto te la godi, fosse sempre così”. E questo è solo il trailer della felice, radiosa, scoppiettante pellicola da lei intitolata
“Felice incoscienza”, signora Bruni. Si chieda se è il caso di ricorrere agli eufemismi, quando i problemi legati all’essere madri, in tempo di crisi, sono qualcosa di leggermente più serio che il rigurgito del poppante sulle ballerine Gucci. Io “(in)felice incoscienza” ci chiamerei, al massimo, i suoi zigomi, signora Bruni. Quello di cui parla lei, nel mondo normale, si chiama
“mazzo tanto”. Francesismo che, una premiere dame, mi perdonerà senz’altro.