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Buon 2015

Buon anno a quelli che rimarranno a casa dopo aver pagato iva, acconti, commercialista, affitti, mutui, bollette, tasi, assicurazione e mettono il like sulle foto degli amici al mare, perché nonostante tutto, sanno sorridere della felicità altrui. E perché in fondo sanno che la felicità non sta nello sfondo di una foto. Buon anno a quelli che hanno smesso di sorridere perché ne hanno viste troppe, alle facce alla Gino Strada, a quelli arrabbiati perché hanno ragione di esserlo, a quelli che lottano tutti i giorni con la mediocrità, con le ingiustizie, con l’arroganza e se ne fregano di esibire sorrisi meringati. Buon anno a chi nel 2014 ha perso un papà, una mamma, un figlio e si sente in colpa per il primo sorriso, dopo il buio pesto. Buon anno a chi soffre per amore, perché soffrire per amore è una cosa seria ma ha su il vestito delle cose leggere e in pochi sanno capire.

Buon anno a chi è nato nel degrado culturale ed è riuscito ad affrancarsi e a diventare altro. Buon anno a chi sogna un figlio nel 2015, perché è un sogno fiero e coraggioso. Buon anno a chi un figlio lo aspetta da un po’, tra pudore e paura che non arrivi mai, e spera che questo sia l’anno giusto. Buon anno ai bambini fortunati a cui qualcuno insegna cosa sia, la fortuna, e buon anno ai bambini sfortunati, orfani d’amore e di opportunità. Buon anno a chi soffre di dolori poco mediatici, agli invisibili, ai dimenticati. Alle persone che non gridano, ai popoli di cui non ci interessiamo. Buon anno ai padri, ai mariti che vanno a letto col magone perché non sanno se domani avranno ancora un lavoro e la mattina a colazione fingono serenità per non strappare la spensieratezza ai figli.

Buon anno agli anziani pieni di dignità, che vivono con una pensione che non basta e i figli fanno fatica ad aiutarli, perché loro si vergognano e non accettano nulla. Buon anno alle persone felici, alle coppie che nel 2015 si sposeranno, a quelle che andranno a vivere insieme, a quelle che stanno scegliendo il parquet per il salotto. Buon anno alle famiglie allargate e a quelle ristrette come la mia, con una mamma incasinata e un bambino felice. Buon anno a quelle coppie che non hanno più molto da dirsi, ma restano insieme perché sono fedeli a quello che si sono dette. Buon anno a chi è felice da solo, perché basta a se stesso e a chi invece aspetta l’acqua che riempia il vaso. Buon anno a chi non fa propositi, ma gesti. Buon anno al mio piccolo uomo Leon, alla famiglia, agli amici che c’erano e ai tanti che si sono aggiunti nel 2014, a chi popola questa bacheca con ironia e intelligenza e alla fine, perfino a chi commenterà questo post a sproposito, perché in fondo, che anno sarebbe senza qualche rompicoglioni ad agitare le acque?
Buon anno amici.

Non rubate a Gigi

Qualcuno ai piani alti, di grazia, ci potrebbe spiegare perchè per ritrovare i Rolex di Gigi D’Alessio sono stati scomodati i servizi segreti, al punto che parte della refurtiva è stata anche ritrovata?

E perchè secondo il Corriere della sera passa attraverso i varchi privilegiati per gli imbarchi senza file e controlli all’aeroporto? A me in aeroporto (giustamente eh) fanno togliere anche le scarpe come una qualunque potenziale narcotrafficante e anni fa, quando ho denunciato un furto di oggetti e vestiti in casa, sapete cosa mi hanno risposto con onestà i carabinieri dello stesso commissariato a cui ha sporto denuncia lui? “Signora, provi ad andare domenica mattina al mercato di Porta Portese, magari li ritrova lì.”. Cioè, mi invitarono a tentare di ricomprare quello che mi era stato rubato. E infatti ormai buona parte dei cittadini rinuncia pure a denunciare i furti subiti, perchè tanto sa che è tempo perso.

Per i Rolex di D’Alessio (noto indigente), si smuovono i servizi segreti, quelli che dovrebbero occuparsi di terrorismo anzichè del Daytona di Gigi, oltre che, a quanto dice il buon Fittipaldi de L’Espresso, il De Carlo di Mafia capitale.

Attendiamo spiegazioni, grazie.

Sentenza Stasi e i commentatori tipici del Web

Ecco a voi i commentatori tipo sul web dopo una sentenza tipo Stasi. Il mio pezzo su Libero di oggi.

Ormai è la prassi. Arriva una sentenza su un caso mediatico e il condannato di turno, prima ancora di diventare un detenuto, diventa un hashtag (il cui simbolo non a caso è quello della grata di una cella). E’ – inevitabilmente- accaduto ieri con Alberto Stasi. Un fiume di commentatori s’è riversato sul web e ha sentito la necessità di dire la sua al mondo con le consuete argomentazioni da bar, partorite con trasporto dalle seguenti categorie tipo di utenti:

Il giustizialista all’italiana.
E’ quello che non ha neanche capito bene chi abbia commesso l’omicidio, chi sia la vittima e quale sia stata la condanna, ma per lui l’importante è che qualcuno marcisca in carcere e buttino le chiavi nella fossa delle Marianne. Legge di un furto di pedalini all’Oviesse da parte di due adolescenti e sbraita per ore cose come “Li devono mettere in galera e non devono uscire più questi piccoli delinquenti”. Poi magari lo convoca a scuola il preside perché il figlio ha cercato di dare fuco all’insegnante di educazione fisica e “Che sarà mai, sono ragazzate, le abbiamo fatte tutti”.

Il detective mancato.
E’ quello convinto di essere il figlio illegittimo della signora in giallo. Lui vede cose che sono sfuggite al Ris, ha il fiuto del cane molecolare e i mezzi dell’fbi. E’ quello che sa tutto lui. Che suggerisce piste non ancora battute dagli investigatori. Quello che siccome l’assassino aveva delle scarpe con i gommini sulla suola, si domanda se qualcuno abbia verificato l’alibi di Della Valle. E scherzo fino a un certo punto. Chiedete alla redazione di Quarto grado o di altri programmi di cronaca nera. Nei casi di mancato ritrovamento del corpo della vittima, ci sono spettatori che scrivono alla redazione “Il corpo non si trova perché l’assassino se l’è mangiato”. Giuro.

Il garantista estremo.
E’ colui per il quale l’unico assassino certo è quello che uccide a roncolate la suocera in diretta tv mentre Ilaria Cavo lo sta intervistando. Il resto, sono illazioni tese a sostenere fragili teorie probabilistiche che non mirano alla ricerca della verità ma di un colpevole. Tu gli dici: “Eh ma ci sono le sue impronte sul manico del coltello!” e lui: “Beh, come fai a escludere che ce le abbia messe qualcun altro?”. “E come si fa a mettere le impronte di un altro sul manico di un coltello?”. “Magari il vero assassino gli aveva dato il cinque prima di afferrare il coltello!” “Ma va”. Magari hanno le stesse impronte digitali.”. “Ma c’è una probabilità su un miliardo”. “Perché, quante ce n’erano che la Madia diventasse ministro?”. E così via.

Il lombrosiano.
Quello che dopo 15 anni di processi, appelli e cassazione, l’imputato viene condannato e lui “Io l’ho sempre saputo, ha la tipica faccia da assassino”. Che se il criterio fosse questo, Casaleggio come minimo avrebbe il cadavere di Pizzarotti nel freezer.

Il giurista de noantri.
Quello che nella vita ha una tabaccheria, scrive un pistolotto di sessanta righe commentando la sentenza nei dettagli, discutendo l’operato dei pm e contestando la condanna come un giurista consumato, poi tu replichi “Ma del quadro indiziario che ne pensi?” e lui “Ho una stampa di New York in salotto , ma in generale preferisco le pareti vuote”. O anche “Oggi c’è stato l’incidente probatorio!” e lui “S’è fatto male qualcuno?”.

Il dietrologo-complottista.
E’ quello che entra nella discussione con la consueta domanda enigmatica “Ma non vi siete chiesti perché l’imputato ha quell’avvocato di grido?”. “No, perché?”. “Perchè l’assassino è il cugino del nonno dello zio del giardiniere di Alfano, lo sanno tutti!”. Oppure “Il vero assassino non era la madre ma il pappagallo indiano, solo che hanno trovato un falso colpevole per non pregiudicare il rilascio dei Marò”.

Il radicale elastico.
E’ quello che “per carità, io sono contrario alla pena di morte, contrarissimo, che cosa barbara, ma in questo caso…”. E “in questo caso” può essere qualsiasi cosa, dall’omicidio efferato di una donna alla soppressione di una scimmia con l’ebola, a seconda della sua sensibilità. E’ quello, insomma, che “Nessuno tocchi Caino finchè non girano le palle a me”.

Il giustiziere della notte.
Quello che prima di cena scrive un post di novantasette righe in cui giura che se qualcuno gli ammazzasse un parente, altro che carcere, lo aspetterebbe fuori dall’aula di tribunale e dopo aver esploso centoventuno colpi lo appenderebbe per le palle al lampadario, gli farebbe lo scalpo e darebbe in pasto il cuore agli avvoltoi. Poi la moglie gli dice “Apparecchia e pure di corsa!” e scappa lasciando il post a metà.

Il lontano parente.
Quello che lui la vittima la conosceva perché la consuocera aveva fatto la madrina al battesimo della sorella di lei. Ovviamente lei era una brava ragazza ma aveva uno sguardo un po’ triste, si vedeva che c’era qualcosa che non andava. Poi uno replica che bastasse una faccia triste per essere condannati a morte a quest’ora mezzo Pd sarebbe stato falciato e il discorso finisce in caciara, come sempre sul web.

Il coronista.
Quello che ormai qualsiasi cosa tu dica, da “Stasi s’è beccato sedici anni” a “Sai mica con chi gioca il Genoa domenica?”, lui replica indignato “E poi al povero Corona hanno dato 15 anni!”. Fabrizio Corona è diventato il parametro della giustizia mondiale. Il giorno in cui arresteranno il numero uno dell’Isis, lo porteranno a Guantanamo dicendogli “E ricorda che Corona è in carcere per molto meno”.

#selvaggianonmentire e altre macchinazioni

Dunque. Facciamo un po’ di chiarezza su questa storia ridicola di progetti Francesco Sole e strategie e selvaggianonmentire e macchinazioni e il mio far parte di una cupola. Intanto grazie: ero a Londra ed essere trend topic per giorni, anche contro l’hashtag della finale di Xfactor, pure se non scrivo e sono al di là della Manica, significa che sono una influencer coi controcazzi (non per niente per l’hashtag vi siete attaccati al mio nome, mica al vostro. Mica era ‪#‎gliyoutubersdenunciano‬ ‪#‎ilpopolodelwebèstufo‬‪#‎dibigiodenuncia‬”). Continua