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Il mio viaggio in Giappone (con Leon)

Durata del viaggio: 8/24 agosto 2015.
Itinerario: Tokyo/Kyoto/Hiroshima/Miyajima/Tokyo
Con chi: con mio figlio Leon, 10 anni
Partenza: da Milano Malpensa, arrivo a Tokyo, Narita airport.
Fuso orario: sette ore avanti
Vantaggi del periodo: voli a prezzi bassi, molte feste.
Svantaggi del periodo: il caldo ai limiti dell’insopportabile e il notevole flusso turistico. Se siete quelli che scappano dagli italiani, sappiate che Tokyo ad agosto in alcune zone può sembrare Anzio. Per non parlare di Kyoto.
Voto all’esperienza da 1 a 10: 9
Difficoltà del viaggio (sola con un figlio eh) da 1 a 10: 7


Da fare assolutamente prima di partire: portare un adattatore per le prese che non sono quelle europee ma quelle doppie con due piedini rettangolari e procurarsi il Japan Rail Pass, che è una sorta di abbonamento a tutti i treni della JR, sia quelli che collegano internamente i quartieri di Tokyo (l’alternativa è la metro, ma scoprirete che metro e treno coprono percorsi simili), che quelli che collegano l’aeroporto di Narita a Tokyo e Tokyo a varie città del Giappone con lo Shinkansen, il famoso treno proiettile. Se lo fate prima magari tramite agenzie in città (a Milano vi consiglio l’agenzia specializzata in viaggi in Giappone in cui sono andata io per fare il pass, http://www.viaggigiappone.com/chi-siamo/, sono gentilissimi), potrete viaggiare sempre con quello senza fare più biglietti, compreso il tragitto aeroporto/Tokyo quando arrivate.

9-15 agosto Tokyo. Il volo e l’hotel.
Dunque amici. Sono partita l’8 agosto da Malpensa con Alitalia e sono arrivata la mattina del 9 agosto a Tokyo. Il volo era diretto, è durato 11 ore circa. La prima buona notizia è che i biglietti aerei per il Giappone ad agosto costano relativamente poco. Se li prendete con anticipo e con scalo (alcuni hanno scali molto rapidi con un volo complessivo di 14 ore) potete pagarli anche 500 euro a/r. Un ragazzo incontrato a Tokyo mi ha detto di averli pagati 365 euro comprandoli mesi in anticipo e con partenza da una città che mi pare fosse Torino. Un diretto potete pagarlo tra i 700 e i 1000 euro anche se fatto a ridosso dalla partenza.
Ho scelto di trascorrere 5 giorni pieni a Tokyo per vari motivi. Perché viaggiavo con un bambino e devo rispettare i suoi ritmi se non voglio che chieda di andare da Don Mazzi, perché c’erano molte cose che volevo vedere, perché resta una delle città più grandi del mondo e fotografare i famosi attraversamenti pedonali a Shibuya e poco altro per dire “Sono stata a Tokyo” non mi pareva il caso. In più molte cose interessavano Leon e non me e viceversa. I compromessi si fanno con i mariti, figuriamoci con i figli.
Il mio hotel era il Granbell Hotel, zona Shinjuku, che poi è la zona di Tokyo in cui vi conviene scegliere l’hotel per poi avere più o meno tutto a portata di metro e treno (anche Shibuya, Ueno e Tokyo station sono più o meno vicino a tutto, ma a Shinjuku c’è anche molta vita notturna) . L’ho trovato tramite Booking.com, che per me è il miglior sito per la ricerca hotel. Onestamente, nulla di eccezionale. Hotel carino, ottima zona a 10 minuti da Shinjuku station, ma non indimenticabile. Bellissima la terrazza panoramica all’aperto sulla skyline di Tokyo con un bar/ristorante, panoramico il ristorante al penultimo piano, ma le camere sono piuttosto piccole per quello che costano. Questo per la verità è un problema che c’è ovunque in Giappone, dove il concetto di spazio è relativo e i bagni spesso sono più grandi e accoglienti delle stanze. Sappiate che tendenzialmente non troverete mai armadi ma grucce appese ai muri su cui apprendere pochi vestiti, quindi il vostro guardaroba giacerà in valigia per tutto il viaggio. Capita di non riuscire neppure ad aprire totalmente il trolley per la dimensione delle camere, ma diciamo che ci se ne fa una ragione. Se poi avete altre disponibilità economiche e potete prendere stanze ampie strapagandole, non soffro di invidia sociale, e anzi, vi invito a investire nella vostra comodità.
Procuratevi mappe e scaricate applicazioni varie che vi aiutino ad orientarvi perché le vie non esistono e ci si orienta improvvisando molto.

9 agosto, Shinjuku
Per me l’impatto con Tokyo doveva essere luci, insegne e caos. Che poi sia molto altro, è bello scoprirlo con calma. Il primo giorno (che poi è stato un breve pomeriggio) io e Leon ci siamo fatti un giro a Shinjuku passando per la strada che arriva dritta al Gracery Hotel , che ha un gigantesco Godzilla all’ottavo piano ben visibile dalla via. Se avete figli maschi impazziranno. (a mezzogiorno e a mezzanotte quel Godzilla soffia fumo ed emette suoni sinistri, non perdetevi il momento bimbominkia) Inizialmente, vi sembrerà di essere su un altro pianeta anche se siete già usciti più di una volta dal raccordo anulare. I negozi da quelle parti sono pieni di tutte le minchiate che potete immaginare. Non perdete le maschere viso a forma di geisha o panda e i “100 yen shop” che somigliano ai nostri “tutto a 1 euro”. A Shinjuku, vicino al Gracery, vi consiglio un piccolo ristorante di sushi che si chiama Ougisushi, è in una via laterale verso la stazione, si spende poco e il sushi è ottimo. Altrove, in quella zona, il sushi non è sempre il massimo sia come qualità che come prezzi.

10 agosto, quartiere Akihabara
Per continuare la nostra esperienza “quartieri bimbominkia” il secondo giorno da Shinjuku siamo arrivati col treno della JR a Akihabara (a poche fermate), il quartiere dei manga. E’ un delirio di palazzi in cui giocare a qualsiasi videogioco possibile e pullula di negozi di gadget e giocattoli. Naturalmente è un frullatore di luci, megaschermi, canzoncine che escono pure dai tombini e signorine che paiono Manga. E’ un quartiere modernamente pittoresco, strapieno di gente e dall’effetto straniante, per cui tornando in hotel nel tardo pomeriggio ho pensato che Tokyo fosse una città di plastica, psichedelica, stupefacente ma poco attraente. Nel tornare siamo scesi a Shinjuku ma abbiamo fatto l’errore madornale di uscire a Shinjuku West, pensando che un’uscita valesse un’altra. Manco per niente. Segnatevi le uscite giuste per arrivare nel vostro hotel (la nostra era East) perché se sbagliate, potreste perdere facilmente l’orientamento come è capitato a me e a Leon, che per un’oretta buona in cui abbiamo vagato come disperati mi ha disconosciuto come madre.

11 agosto, Toho Studios e palazzo imperiale
Qui faccio una premessa importante. Se vostro figlio è un amante come il mio dei film di Godzilla e affini o se voi siete veri nerdoni appassionati di cinema, questa tappa ha senso, altrimenti fate altro. Siamo andati in pellegrinaggio nella sede della Toho Film, la casa di produzione che ha realizzato tutti i film di Godzilla dal 1954 in poi. Il quartiere in cui sorge è carino ma piuttosto periferico, da Shinjuku ci vogliono circa 20 minuti e poi sono 5 minuti contati di taxi o una breve camminata a piedi. La fermata è Seijogakuen-mae e si tratta della rete metropolitana, non del treno. (qui il pass della JR non vale ma i prezzi del biglietto sono irrisori) C’è poco da vedere, si può fare una bella foto col Godzilla all’ingresso, sbirciare il garage con la gigantografia di Mothra, dare un’occhiata al perimetro degli studi ma la visita all’interno non è consentita. Mio figlio ha pianto dalla delusione, quindi se andate, preparateli al trauma infantile. Sappiate che comunque dopo pochi minuti passa e poi andranno molto fieri della tappa, l’unica in cui non s’è visto un italiano. Anzi, non s’è visto proprio nessuno, eravamo i soli due scemi sotto il sole a sbirciare dai cancelli sperando di scorgere almeno due squame. Al ritorno siamo scesi a Tokyo Station e a piedi ci siamo avviati verso il vicino Palazzo Imperiale. Si vede poco ma i parchi che lo circondano sono molto belli e soprattutto, c’è il detto “Non sei stato a Tokyo se non hai visto il palazzo imperiale” che è comunque più bello del nostro “Mogli e buoi dei paesi tuoi”, quindi non saltate la visita. L’area circostante è quella della zona uffici/grattacieli, maestosa, ma come tante zone moderne.

12 agosto, Asakusa
E’ la tappa più imperdibile di Tokyo, il cuore vecchio della città. Siamo andati subito a vedere il tempio buddista Senso–ji , percorrendo il brevissimo tragitto stazione/templi su uno dei tanti risciò che troverete alla fermata. Gli omini dei risciò sono meravigliosamente insistenti e alla fine si sale più per sfinimento (e nel mio caso per insistenza di Leon) che per reale convinzione, anche perché con 50 gradi percepiti ti piazzano una bella coperta di lana sulle ginocchia che finisci per liquefarti. Dopo la visita al tempio (bellissimo) si gira per i negozietti circostanti, antichi e pittoreschi, con souvenir ben diversi dalla tanta paccottiglia vista in giro. Se dovete fare regali, approfittatatene. Abbiamo pranzato velocemente e poi siamo andati lì a due passi, attraversando sul canale il ponte di Azumabashi, a vedere la bella sede della birra Asahi, accanto alla Skytree Tower. Noi ci siamo fatti una birretta al bar all’ultimo piano della Asahi, da cui si vede un panorama eccezionale. Ho detto noi, ma Leon ha bevuto succo d’arancia, lo specifico che poi mi chiamate gli assistenti sociali. Proprio all’altezza del ponte Azumabashi partono dei battelli che attraversano il canale (anche quello futuristico, disegnato da Matsumoto, padre di Capitan Harlock). Ne abbiamo preso uno (ahimè, quello più scarso) e dopo una cinquantina di minuti di gita molto piacevole siamo arrivati a Odaiba, un’isola artificiale nella Baia di Tokyo. Leon ha detto che gli sembrava di essere a New York e in effetti la baia, tra il Rainbow bridge e una copia della Statua della libertà un po’ kitsch la ricorda molto, ma l’impatto quando si arriva è davvero notevole. Abbiamo fatto un giro per l’isola, la foto di rito davanti all’imperdibile Gundam gigante (è alto 18 metri), visto un centro commerciale e poi all’ora del tramonto abbiamo ripreso il treno. Il treno passa su dei binari esterni che dominano la baia dall’alto e la baia, vista a quell’ora, è stata una di quelle cose che ci hanno fatto sentire dentro Blade runner. La buona notizia è che abbiamo azzeccato l’uscita alla stazione, altrimenti ci saremmo arresi alla stanchezza e a un agghiacciante hotel Capsula. Vi consiglio vivamente di abbinare Asakusa con giro in battello fino a Odaiba come ho fatto io perché il passaggio dalla Tokyo antica alla Tokyo più moderna è qualcosa che ti fa arrivare a fine giornata consapevole del fatto che sia una città unica al mondo.

13 agosto, Shibuya
E insomma amici, a Shibuya abbiamo fatto tutto quello che si fa a Shibuya. Siamo diventati formiche sulle strisce pedonali nei famosi incroci fotografati e finiti in tutti i film, i video, i documentari del mondo, abbiamo girato per le vie senza entrare nei negozi troppo affollati, abbiamo fatto la foto di rito con la statua del cane Hachiko (è proprio a sinistra, appena usciti dalla stazione) poi ci siamo infilati in una via fighetta (Cat street, che vi consiglio vivamente se volete vedere una Tokyo trendy e raffinata , piena di bei negozi compresi Adidas e altri più di ricerca. E poi questa via ha un nome, commovente). Al termine della lunga via abbiamo girato a sinistra e siamo finiti a Omotesando, che poi potrebbe essere una qualunque via in una qualunque città del mondo, visto che è solo shopping di lusso e poco altro. Il poco altro per la precisione è Kiddyland, un immenso negozio di giocattoli che Leon ha perlustrato in lungo e in largo e che m’è costato un notevole mal di piedi e qualcosa come 10 000 yen (sono settanta euro circa, state calmi prima di scriverlo sul blog di Grillo ). Da lì si arriva al tempio shintoista Meiji Jingu in 5 minuti a piedi. Noi purtroppo l’abbiamo trovato chiuso, sappiate che chiude alle 18,00, quindi fate attenzione che poi vi respingono alla porta come al Plastic. La sera siamo andati a prenderci un aperitivo al Park Hyatt in cui è stato girato “Lost in translation”, film della mia vita. La vista vale il prezzo (accettabile) di un bicchiere di vino e comunque l’emozione di vedere il bar in cui Bill Murray sorseggiava whisky lanciando occhiate a Scarlett non ha prezzo.

14 agosto, Yanesen
Per arrivare qui siamo scesi a Nippori. E’ un quartiere snobbato da molte guide ma secondo me vale la pena vederlo. E’ piccolo ma pieno d’atmosfera, anche perché è uno dei pochi sopravvissuti ai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Siamo andati subito a vedere Yanaka Ginza, chiamata “la via dei gatti” perché Leon voleva accarezzare qualche felino e in effetti mi sono sentita subito gattara. Ci sono molti negozi a tema gatto, molti gatti finti sui tetti e molti localini e negozi che profumano d’antico, per me questa via ha un’atmosfera magica. Da qui potete visitare il parco di Ueno (a due passi) e molte altre cose (tra cui un monumentale negozio di giocattoli all’uscita della fermata Ueno), ma io quel giorno avevo Leon con l’energia vitale di un bradipo sotto lexotan e in fondo si era strapazzato abbondantemente nei giorni precedenti, per cui poi ci siamo riposati. La sera siamo andati nel ristorante Gonpachi Nishiazabu. E’ quello in cui hanno girato la scena epica di Kill Bill (c’è chi dice che in realtà Tarantino l’abbia visto e riprodotto altrove per girare la scena, comunque la foto del ristoratore con Quentin all’ingresso del locale come nelle osterie romane c’è, state sereni). E’ un bel posto, allegro e informale e non si spende molto, ne vale la pena.

15 agosto, Kyoto
Il giorno di Ferragosto siamo partiti da Tokyo col nostro ormai amato treno della JR (prenotate il giorno prima i posti negli uffici della JR presenti nelle varie stazioni, perché sui treni a lunga percorrenza si rischia di trovare il pienone e lì non funziona come da noi che si sale lo stesso e ci si mette nella carrozza ristorante con la Gazzetta dello sport). In due ore e 40 siamo arrivati a Kyoto. Il nostro hotel era il Kyoto Royal Hotel , molto vicino alla stazione della metro e alla stazione di arrivo. Onestamente, nulla di memorabile. Albergone senza anima con vari servizi e anche una piscina con spa (zero atmosfera) che ho scelto solo perché era rimasto poco a livello di offerte (Kyoto è strapiena di gente, prenotate l’hotel prima che potete) e perché così Leon poteva fare due tuffi. La stanza era leggermente più grande ma naturalmente senza armadio e con un bagno piuttosto brutto, cosa che per il Giappone è decisamente insolita. Era tardo pomeriggio quindi prima di cena ci siamo fatti portare nel quartiere di Pontocho. E’ un posto speciale, pieno di ristoranti sul fiume Kamo. Abbiamo passeggiato e cenato da Sushi Tetsu, che vi consiglio sia per la location che per il sushi. L’unico avvertimento è che Kyoto ha una concentrazione di turisti spaventosa e un caldo (almeno in quei giorni) davvero epocale, per cui prenotate se potete, altrimenti vi arrangerete comunque e le alternative non mancheranno. Qui quasi nessuno parla inglese (come del resto a Tokyo) quindi Leon che in altri paesi aveva avuto il complesso della lingua ha cominciato a fare il figo e a chiedere indicazioni fermando giapponesi per strada con grande disinvoltura. Ad ogni modo, dopo Tokyo, Kyoto vi parrà un paesino.

16 agosto, Kyoto
Non starò qui a decantarvi le bellezze di Kyoto perché sarebbe davvero superfluo. E’ stata la capitale del Giappone per secoli e i segni dell’antica gloria sono ovunque. Aprite una qualunque guida e capirete che il problema è solo uno: riuscire a ottimizzare i tempi per vedere più cose possibili. Noi, nonostante il caldo proibitivo e l’età di Leon che dopo una scorpacciata di manga e luci s’è ritrovato a fare un tour decisamente più “adulto”, abbiamo visitato Kiyomizu Dera (da cui vi consiglio di partire) che è uno dei posti più belli che abbia mai visto. Poi la strada di Kyomizu Zaka, Ninnen zaka, la pagoda Yasaka jinja, Koda-ji, Shoren-in, Yasaka jinja. Arrivati al Parco di Maruyama eravamo cotti e ci siamo seduti su una delle tante panchine tra turisti e locali, in mezzo a giardini e laghetti che non dimenticheremo molto facilmente. Specie pensando a Milano 2. La sera, per farmi perdonare, gli ho fatto fare un bagno in piscina e una cena in hotel che ha reso felice lui e ha fatto borbottare me, ma davvero, non potevo pretendere di più.

17 agosto, Kyoto
La visita al tempio di Fushimi Inari ha aperto la nostra giornata. Una visita dovuta, visto che è uno dei santuari più noti e spettacolari del Giappone (location di “Memorie di una geisha”, quello con i torii arancioni che formano lunghe e suggestive gallerie, per intenderci) .
Poi ci siamo precipitati nella foresta di bambù che Leon ha particolarmente apprezzato e a quel punto è arrivata la pioggia. Considerato che agosto è mese di piogge e che ci avevano preventivato sciagure metereologiche fino a quel giorno ampiamente scampate, l’abbiamo presa con filosofia. Ci siamo infilati in un mega centro commerciale dove Leon ha giocato ai giochi più coatti del Giappone e la sera abbiamo fatto un giretto nel quartiere delle geishe, Gijon. Abbiamo cenato lì, col rimpianto di esserci persi il celebre tempio dorato Kinkaku-ji e di aver visto molte geishe tarocche e neanche una doc, ma poi Leon ha tirato fuori Godzilla, ha improvvisato una guerra con le bacchette in cui tentava di uccidere il piattino della soia e la malinconia per essere stati troppo poco a Kyoto ci ha lasciati. Ad ogni modo, sì, Kyoto merita almeno tre giorni pieni, non fate l’errore di sottovalutare la quantità di cose che ci sono da vedere.

18 agosto, Hiroshima
La mattina abbiamo lasciato Kyoto per raggiungere Hiroshima. Il viaggio è breve (2 ore circa, con un cambio a Osaka) e volendo si può fare tappa a Osaka. Io non ho incluso questa grande città nel mio viaggio perché non mi interessavano altri grattacieli e modernità, ma molti italiani incontrati in Giappone invece si sono fermati a vederla. Il clima, a Hiroshima, è decisamente meno caldo. Ho scelto il Grand Prince hotel che è affacciato sulla baia di Hiroshima, a 15 minuti circa dal centro della città. L’hotel ha senso se volete approfittare della piscina esterna, se vi interessa vedere il mare dalla finestra in camera e se volete andare sull’isola di fronte perché il molo per i traghetti è davanti all’albergo, altrimenti è un po’ scomodo e vi converrà prenotare in centro. (c’è però un bus ogni 30 minuti che porta in centro) Le camere sono belle, sempre rigorosamente senza armadio, ma tanto non serviva neanche più visto che il mio vestito più stirato ormai era un perizoma di lycra. Non escludete Hiroshima dal vostro tour in Giappone, se potete. Perfino Leon , che in fondo è ancora un bambino, ha avvertito l’impatto emotivo nel visitare luoghi come la Cupola della bomba atomica (uno dei pochi edifici sopravvissuti alla bomba nucleare), il Parco della pace e l’imperdibile Museo della pace, che espone foto di morti e sopravvissuti, oggetti deformati dall’atomica e molte testimonianze di quel giorno di 70 anni fa. Sia io che Leon il giorno dell’arrivo siamo rimasti stupiti nel vedere quanti italiani ci fossero a Hiroshima, è stata una sorpresa positiva. “Allora siamo in tanti a non cercare solo Ibiza ad agosto, evviva gli italiani!”, ci siamo detti. Poi abbiamo sentito un “Forza Roma” sul ponte davanti al chioschetto che fa le spremute e delle pizze passabili e ci siamo un po’ ricreduti.

19 agosto, Miyajiima
Nella tarda mattinata io e Leon abbiamo preso un traghetto dal molo dell’hotel e in 15 minuti siamo arrivati sull’isola di Miyajima. E’ considerata uno dei luoghi più caratteristici del Giappone e per averne conferma dovreste chiedere a Leon. Immaginate un bambino che scende da un traghetto, gira l’angolo e si trova davanti una marea di daini che girano serafici per strada facendosi accarezzare e sfamare dai turisti divertiti (non si potrebbe, ma sono i daini a cercare le tue attenzioni e resistergli è una violenza inaudita). Inutile dire che convincerlo a fare altro oltre ad ingozzare Bambi di Tuc è stato complesso, ma poi non se ne è pentito. Il famoso Torii nell’acqua è spettacolare, l’ho fotografato talmente tanto che credo esistano più foto della porta di Ootorii che di Belen. Sul’isola poi ci sono templi, santuari, padiglioni, pagode e la possibilità di prendere una funivia per salire sul monte Misen oltre che di andare in spiaggia, affittare una bici e andare in cerca delle scimmie, ma tutte queste cose può raccontarvele una guida qualunque. Quello che nessuna guida può dirvi è che Miyajiima è indimenticabile perché è qualcosa che non ti aspetti e ti fa amare definitivamente il Giappone. Leon, intanto, non s’è ancora dimenticato la fila di daini che lo ha accompagnato fino quasi ai traghetti. Lui dice che cercavano un padrone, io penso che cercassero i Tuc, ma gli ho lasciato la tenera illusione.

20 agosto, Hiroshima

So che in molti si chiederanno il senso di un altro giorno a Hiroshima, visto che la città in sé (inevitabilmente) non offre grandi attrazioni, ma io ero curiosa di capire come fosse Hiroshima oggi, fuori dal quartiere commemorativo e dall’aria triste e solenne del museo. Ve lo dico chiaro: non è una gran bella città, eppure io sono felice di averla vista. L’area dello shopping è Hondori e si raggiunge in due minuti dal Parco della Pace, visto che è alle spalle della Cupola della bomba. E’ strapiena di negozi e io e Leon abbiamo fatto pace col mondo quando abbiamo trovato lui il più bel negozio di giocattoli del Giappone (non potrà sfuggirvi perché è proprio all’inizio della via e perché ha una vetrina spettacolare tra robot giganti e Et col kimono) e io un ristorante che cucinava ostriche in tutti i modi possibili. Leon ha comprato Gamera e un Godzilla Millennium delle dimensioni di un alano per cui abbiamo dovuto acquistare la prima valigia extra del viaggio (cosa preventivata). Per sdebitarsi gli è toccata una sosta da Brand Oyster, ristorantino lì accanto in cui ho mangiato ostriche crude, cotte, gratinate e non so cos’altro, fatto sta che mi sono costate un quarto di Godzilla Millennium e qualcosa non quadra. Per il resto, ci sono piazze ideate da architetti poco lucidi e belle viuzze piene di negozi molto europei. La mia sensazione è stata che il costo della vita a Hiroshima sia piuttosto alto e che finalmente si parli un po’ di inglese, ma soprattutto che la città conservi il ricordo di quello che è accaduto senza però piangersi addosso. Fuori dall’area dedicata al ricordo, che quella città sia stata rasa al suolo pochi decenni fa, finisci perfino per dimenticartelo.

21 agosto, Tokyo
Dopo cinque ore di treno siamo tornati a Tokyo felici di rivederla e di avere ancora un paio di giorni per rendere più morbido il distacco da questo straordinario paese. Questa volta avevo prenotato al Gracery Hotel, l’hotel di Godzilla. Era un regalo che avevo promesso a Leon la prima volta che aveva visto le foto su un giornale. “Ti ci porterò un giorno!”, gli avevo detto. E siccome ha dieci anni e non ne mancano molti prima che alla proposta di venire in vacanza con me per di più in un hotel con un mostro sul tetto mi sfanculi allegramente, ecco, il sogno gliel’ho realizzato in fretta. Le stanze sono piccolissime e spartane ma il bagno è molto bello e la vista su Tokyo da mozzare il fiato (noi eravamo al piano 19). La posizione è la migliore che possiate desiderare. Insomma, se andate a Tokyo e avete un budget che si aggira sui 110 euro al giorno (ma immagino i prezzi oscillino a seconda dei periodi e delle camere) , per me il Gracery è fantastico. La sera siamo tornati nel nostro sushi preferito, abbiamo visto un film di Gamera in tv e ci siamo addormentati fieri e felici per essere riusciti a tornare a Tokyo dopo tutti i giri in lungo e in largo per il Giappone senza aver dovuto chiedere aiuto all’Ambasciata.

22 agosto, Tokyo (zoo/Ueno/Ameyoko)
Visto che il quartere Ueno l’avevamo visto di fretta siamo tornati lì per visitare lo zoo di Tokyo, che è il più antico del Giappone e ci sono i panda giganti di cui a me fregava poco ma a Leon molto (l’area con i leoni marini e quella con i pipistrelli sono le più belle). Finito il giro dello zoo ci siamo trovati nel parco di Ueno. Il lago con i fiori di loto asiatici è uno spettacolo, così come tutto il parco in generale. Mi dicono che in primavera gli 800 alberi di ciliegio che sono lì offrano uno spettacolo raro al mondo. Il laghetto in cui noleggiare pedalò a forma di cigni è un momento lievemente più trash ma Leon era il bambino più felice del Sol Levante. Scappati via di lì siamo andati a piedi a vedere il mercato alimentare “Ameyoko”, affollato e pieno di cose essiccate non sempre irresistibili. Vi consiglio di non perdere questa zona perché lascereste Tokyo senza aver visto un quartiere che merita. (lo zoo se non avete figli potete risparmiarvelo, non serve che lo dica, vero?)

23 agosto, Tokyo (Takeshita)
L’ultimo giorno è quello dei regali per cui trascino Leon a Takeshita Street, dalle parti di Shibuya. (fermata Harajuku). Takeshita è la via in cui ho visto il maggior assembramento di persone nella mia vita, se si esclude il marciapiede sotto casa di Corona ai tempi in cui lanciava mutande dalla finestra. Si trattava per lo più di adolescenti perché in effetti la via è piena di negozi per quindicenni, punk e lolite. Leon s’è sentito un po’ fuori ruolo e io pure, per cui dopo aver fatto il giro di rito e aver scattato foto molto scenografiche siamo scappati dalla pazza folla. A Takeshita comunque vale la pena sedersi e osservare la varia umanità, perché vedrete i look più improbabili del pianeta (in nessuna zona di Tokyo c’è una Babele estetica come qui). Tornati a Shinjuku abbiamo fatto un po’ di regali e poi ci siamo ritirati mestamente in hotel. La sera, passeggiando, mi sono sentita malinconica come Scarlett in “Lost in translation”. Anche Leon faceva la faccetta triste e allora abbiamo aspettato la mezzanotte per vedere un’ultima volta il Godzilla gigante sul Gracery soffiare fumo e urlare il suo Roarrrrr sulla città. Poi siamo andati a dormire dicendoci che è stato il viaggio più emozionante della nostra vita. “Più della prima volta che ho visto Godzilla del ’54 mamma”, ha detto lui. E non era mica facile superare quell’emozione lì, ve lo garantisco.

Qui il mio album fotografico della vacanza con tutti i luoghi descritti:
https://www.facebook.com/selvaggia.lucarelli/media_set?set=a.10153131069125983.1073741847.712665982&type=3

Qui gli articoli in cui descrivo(ironicamente) quello che non capirete del Giappone:

http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/selvaggia-lucarelli-dispersa-giappone-quella-non-dare-nome-107487.htm

http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/selvaggia-scoperta-giappone-parte-seconda-nipponici-hanno-107629.htm

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