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Per la serie “lavori usuranti” ecco quello che succede alle presentazioni dei libri

Se fate parte di quel due per cento di italiani che non ha ancora scritto un libro, sappiate che vi state privando di un’esperienza indimenticabile. No, non quella di vedere il vostro capolavoro nell’area libri al supermercato confinante con quella trapani e millechiodi e neppure quella di attendere con trepidazione i nomi dei finalisti dello Strega perché voi, col vostro “Vi presento il mio cane”, covate la segreta speranza di dare del filo da torcere a Edoardo Nesi. Continua

Meglio un gorilla di certi maschi

Nel caso in cui l’umanità avesse bisogno di un’ulteriore prova della crisi irreversibile del maschio e dello stato di afflizione in cui è sprofondata la donna, eccovi serviti. In Giappone, a Nagoya, c’è uno zoo in cui le donne accorrono in massa e non per portare il primogenito a guardare il piumaggio del beccaccino o il nipotino a offrire l’erbetta al lama. Vanno a osservare, fotografare, bramare il nuovo sogno erotico delle giapponesi: un gorilla. 

Si mettono in fila ordinate davanti alla sua gabbia e attendono trepidanti il loro posto al di là delle grate per incrociare anche solo per pochi secondi lo sguardo dello scimmione. Ve lo dico subito. Se siete uomini e avete già la tentazione di liquidarle come un branco di cretine, vi rammento che molti di voi giorni fa erano in fila per farsi autografare il libro di Schettino, per cui sarebbe il caso di tacere.

Tra l’altro ho visto le foto, e il gorilla in questione, effettivamente, ha il suo perché. Intanto, ha uno sguardo più vispo di quello di Alfano e un nome, Shabani, decisamente più erotico di “Angelino”. Ha un curriculum da modello di Calvin Klein (nato in Olanda, cresciuto a Sidney e migrato in Giappone) e, soprattutto, lui, l’anello più primitivo dell’evoluzione, provoca nel sesso femminile un’ irresistibile nostalgia del maschio involuto. I motivi sono semplici. Shabani comunica solo quando serve, non ha un profilo facebook e non mette like sulle foto di babbuine discinte, non si spinzetta le sopracciglia e si tiene lontano dalle cerette a caldo, se si incazza con la sua gorilla femmina al massimo batte i pugni sul petto anziché mettere un suo video hot sul web, cammina sulle nocche anziché su un paio di mocassini color pastello e, pur essendo una star, non cederà alla tentazione di andare a “Uomini e scimmie” o sull’Isola dei famosi con qualche collega primate.

Shabani è un ominide, il maschio medio un omuncolo, questo lo rende così irresistibile agli occhi delle donne giapponesi. E non è un caso che le prima donne a crollare di fronte al fascino di uno scimmione siano state proprio loro, le giapponesi. In Giappone un quarto degli uomini sotto i 24 anni dichiara di non provare interesse per il sesso. Li hanno soprannominati “uomini erbivori”, ovvero indifferenti ai piaceri della carne. Nel Sol Levante, insomma, non si leva più nulla. Cala tutto, casomai, ragion per cui è facile comprendere che dovendo scegliere tra un coetaneo con la mascherina bianca e un fumetto manga sotto l’ascella e un gorilla che si arrampica su un albero a “mani nude”, l’ormone di quelle povere disgraziate delle giapponesi si impenni per il secondo.

E’ il fascino di King Kong. Quello che il palmo della mano te lo offre come giaciglio, anziché stampartelo in faccia come certi maschi moderni e insicuri. Quello che ti trascina sull’Empire State Building, anziché allo stadio la domenica. Quello che è programmato per accoppiarsi e riprodursi e quello fa, senza perdere tempo a infiocchettarti il fine con emoticon e messaggini su whatsapp.

Inoltre, e questo forse è l’elemento più interessante, il gorilla campa 40 anni, quindi non conosce crisi di mezza età, non si rincoglionisce dietro a scimmiette giovani e sculettanti ma ha la sensibilità di crepare un attimo prima di farti sentire una babbiona. Certo. L’idea di una donna che si fidanza con un gorilla fa un certo effetto, ma da quando sappiamo che Irina Shayk si accoppiava con Blatter l’asticella delle coppie mal assortite s’è decisamente abbassata. E poi diciamolo, pure ad accoppiarsi con un uomo involuto tipo un iscritto al Pd si commette un atto contronatura, solo che Shabani è decisamente più presentabile di De Luca. In ogni senso.

La mia guida ad EXPO 2015

“Il padiglione del Qatar vi aspetta per farvi assaggiare il gelato molecolare al pomodoro!”

Inizia con questo potente proclamo motivazionale gridato all’altoparlante il mio ingresso ad Expo, proprio nel giorno in cui Renzi e Hollande si incontrano per discutere delle recenti frizioni dovute alla paura che le frontiere restino chiuse. Alla Nutella, naturalmente. Mi concentro sullo slogan di Expo “Nutrire il pianeta” e imbocco il gigantesco vialone incorniciato dai padiglioni di tutto il mondo. Perché qui il tema portante è il cibo. E’ la grande contraddizione di un mondo in cui c’è chi muore di fame e chi d’obesità. Continua

In italia le giurate dei talent contano meno di Alfano

I nuovi assunti, grazie ai mirabolanti effetti del jobs act, ci sono eccome. Inutile diffondere notizie infamanti sui dati delle nuove assunzioni, perché c’è un settore che non conosce crisi: le giurie dei talent.

Ogni anno, tra alzatori di palette, coach, polemici a gettone, luminari di canto, tango argentino, pattinaggio e trippa alla romana, c’è un tasso di occupazione e opportunità che neanche durante la febbre dell’oro. Per non parlare poi di sostituzioni e campagne acquisti che infiammano dibattiti e groupie di giurati, specie quando ci sono addii storici come quello di Morgan a X Factor.
Un addio sofferto ma ampiamente previsto, grazie al quale Sky conta di risparmiare almeno centomila euro a puntata, di cui 50 di Redbull e altri 50 di ansiolitici e benzodiazepine per autori, assistenti e costumisti di Morgan. Del resto, Morgan era il Pippo Civati di X Factor .

Dopo anni in cui se ne stava seduto in tv raccontando a tutti quanto gli facesse schifo la tv – come Civati è rimasto anni nel Pd raccontando a tutti quanto gli facesse schifo il Pd – s’è finalmente tolto dalle balle. Non ci è dato sapere se anche lui finirà tra le braccia di Vendola, ma considerato che è stato anni con Asia Argento, con uno che è lucido a sprazzi dovrebbe trovarsi piuttosto bene.

In compenso, per l’addio della Cabello s’è fatto ben poco rumore. È vero, è stata poco incisiva ma c’è anche da dire che per farsi largo tra Mika, Morgan e Fedez più che molta personalità serviva un carro armato sovietico. O forse, molto più banalmente, serviva essere un uomo.

Perché non so se ci avete fatto caso, ma nelle giurie dei talent, tranne rare eccezioni, le donne o sono in minoranza, o sono innocue, o sono uomini. C’è uno strisciante e forse poco consapevole maschilismo per cui in un ruolo che richiede autorevolezza e credibilità alla fin fine i produttori vedono meglio gli uomini.

Prendiamo X Factor. Inizialmente le donne c’erano pure ma o avevano un’età grazie alla quale sarebbero state autorevoli pure nel parlare di smalto permanente (Maionchi e Claudia Mori) o erano cantanti che fanno più visualizzazioni su Instagram con i loro selfie davanti alla cabina armadio che su youtube coi loro video musicali (Tatangelo) oppure donne che capivano di musica quanto io di plusvalenza, ovvero Simona Ventura, che infatti aveva il ruolo di quella che non capiva nulla di musica ed era pure una donna, quindi giù tutti a darle della scema incompetente. Così come ad Arisa, macchietta naif durata quanto la povera Cabello.

Una Cabello sola in mezzo ai tre degli uomini più egoriferiti del pianeta dopo Hitler, Renzi e Steve Jobs. Quest’anno, non a caso, accanto a Elio, Fedez e Mika, ci sarà Skin, che comunque è lesbica dichiarata e anche solo a guardarla, se dovessi chiedere una mano per un trasloco, chiederei più a lei che a Mika.

Per la cronaca, nelle versioni americane e inglesi di X Factor le cose vanno un po’ diversamente.

In quello inglese le donne sono sempre state la metà della giuria e tutte con esperienze musicali importanti (da Nicole Scherzingher a Mel B) e in quello americano edizione 2013 il mitico Simon Cowell era addirittura in compagnia di ben tre donne: Demi Lovato, Paulina Rubio e Kelly Rowland.

A The Voice of Italy le cose non vanno molto meglio: e l’anno scorso le donne erano due (Carrà e Noemi), quest’anno Raffaella è stata sostituta da ben due uomini (Facchinetti padre e figlio), per cui al momento ci sono quattro coach uomini e una sola donna, Noemi.

A Masterchef non ne parliamo neanche. Noi donne, angeli del focolare, nei talent sulla cucina ci trasformiamo nell’anticristo. Siamo quelle che fanno trovare la cena pronta, ma se c’è da giudicare come cucinano gli altri, non siamo abbastanza autorevoli. E così, dal prossimo anno, alla triade rigorosamente al maschile Cracco-Barbieri-Bastianich si aggiunge pure Cannavacciuolo, perché noi donne siamo da paletta dei dolci, loro da paletta da giudici.

In Masterchef Junior invece, tra due uomini, spunta fuori la madre di Joe Bastianich, ma giusto perché i concorrenti sono bambini e lì una donna nelle vesti di mamma è nel suo ruolo. In Italia ’s got talent prima gli uomini erano due (Scotti e Zerbi assieme alla De Filippi che comunque è la classica femmina rassicurante quanto Carminati nel c.d.a. di Alitalia), ora con la Zilli e la Littizzetto la situazione è decisamente più equilibrata, sebbene Bisio e Matano siano i veri mattatori del gruppo.

Infine, c’è Ballando con le stelle che in giuria vede la bellezza di quattro uomini (Canino, Zazzaroni, Amargo, Mariotto) e un’unica donna, Carolyn Smith. Ora, è vero che la chioma scalata effetto Charlie’s Angels di Zazzaroni vale almeno tre presenze femminili, ma anche lì non si capisce perché le donne siano iconograficamente destinate a tutù e scaldamuscoli, ma non a voti e paletta.

UNICA VERA eccezione sono i talent defilippiani, da Amici a Tu sì que vales, in cui di donne, dalla Ferilli a Mara Venier, non solo ci sono, ma sono anche ben più ficcanti dei vari Argentero o di Francesco Renga, che quest’anno, seduto col suo cardigan da cena in baita e la faccia di quello che sta lì ma preferirebbe dedicarsi allo sminamento del Sinai, è decisamente fiacco. E poi diciamolo: se è vero che gli uomini non ci vedono abbastanza autorevoli per fare i giudici e se ci piazzano in un talent siamo lì giusto per fare colore come le ministre renziane, è anche vero che con il recente arrivo di Loredana Bertè nella giuria di Amici, giustizia è stata fatta. Cazzuta, politicamente scorretta, impopolare e lucida al di là di ogni previsione, potrebbe avere un contraddittorio con chiunque, dal rapper Briga a Matteo Salvini e li annienterebbe comunque. Fosse per me io la manderei anche in Libia a trattare col governo.

Se poi dovesse allungare fino a Sirte, secondo me la Bertè, magari un po’ incazzata perché da quelle parti il califfo ha proibito alcol e sigarette, farebbe indietreggiare pure l’Isis. E in fondo, non è per niente una cattiva idea: con la Bertè rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la Mogherini giudice ad Amici, secondo me il Paese ci guadagnerebbe pure.