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Le querele non mi spaventano

Le querele, soprattutto quelle per antipatia, non mi spaventano. Continuerò a esercitare il mio diritto di critica, di satira e di opinione, sempre nel rispetto del lecito, che è cosa che stabilisce la costituzione, e del buonsenso, che è cosa che stabilisco io. Grazie a tutti per l’affetto e la solidarietà, ma davvero, queste sono eccezioni. Per una mia opinione o una mia battuta i più si arrabbiano o si fanno una risata, nient’altro. Qualcuno, dopo un mio articolo anche tagliente, è perfino diventato mio amico perché s’è divertito e mi ha chiamata, dandomi un’esemplare lezione di autoironia.
I tribunali si scomodano per cose serie, non dobbiamo dimenticarcelo mai. Lo dobbiamo a chi per anni aspetta che sia fatta giustizia questioni davvero importanti, mentre i tribunali sono ingolfati da querele e cause per fuffa o antipatia.

E comunque, come dicono tutti prima di andare in galera, io e Andrea Scanzi (querelato anche lui) siamo sereni. Grazie.
(http://www.dagospia.com/rubrica-2/media_e_tv/roba-barbara-anzi-selvaggia-urso-mastica-amaro-ha-querelato-79221.htm)

Uccidere dopo aver fatto l’amore

E’ abbastanza difficile commentare il caso del marito e padre omicida senza invocare il massimo della pena, come ha chiesto lui stesso dopo la confessione. Il massimo della pena in Texas, però. E lo dice una che è sempre contro la pena di morte e lo è anche in questo caso, benché l’onda emotiva fomenti idee di giustizia sommaria e occhio per occhio e tutta quella roba truce che molti di voi invocheranno sotto questo post. Quello che trovo incredibile, oltre alla mattanza di moglie e figli piccoli, inermi, mentre sognano nel loro letto, con i giocattoli per terra, è l’idea di provare a farla franca. L’inscenare la rapina. Il cercare l’alibi. Se il raptus, la follia, prevedono un blackout della razionalità, quello che viene dopo (quando non si confessa) è il frutto di un pensiero lucido, infame, vigliacco, malvagio e mi fa perfino più orrore dell’omicidio stesso. Sterminare la propria famiglia è un’atrocità. Pensare di vivere liberi e impuniti dopo aver ammazzato la propria famiglia è l’abisso.

Poi c’è il movente. Qui questa vicenda diventa terribilmente simile al caso Parolisi. L’ossessione per un’altra, la famiglia vissuta come un impedimento ai propri piani di felicità con l’altra. Somiglia, in questi due casi, perfino l’attimo in cui l’omicidio viene consumato, che è quello subito dopo aver fatto l’amore. Quello in cui quando si ama ci si sente fusi e quando si odia di quell’odio lì, evidentemente, ci si sente stretti in una morsa insostenibile. Come se tra l’istinto bestiale di accoppiarsi e quello di uccidere non ci fosse più un confine netto, come se l’omicidio fosse un prolungamento malato del sesso. C’è una scena in Breaking Bad in cui lui, dopo che la moglie incinta lo ha messo alle strette con domande sulle sue continue assenze, la sbatte contro il frigo, per prenderla da dietro, col volto deformato e il buio negli occhi, per poi fermarsi in un attimo di lucidità e scappare via, lasciandola lì, incredula. (lì non c’era un’altra donna, ma, al contrario, c’era l’amore estremo per la famiglia, che in qualche modo era una gabbia e lo aveva costretto a delle azioni deplorevoli ) Quest’uomo qui odiava la moglie e i figli perché lo mettevano di fronte alla sua debolezza. Alla sua incapacità di fare una scelta, forse anche di rischiare. E’ stato più facile per questo verme sterminare la famiglia che assumersi la responsabilità di una decisione. Tant’è che li ha ammazzati tutti senza guardarli negli occhi. I figli mentre dormivano, la moglie mentre di spalle guardava la tv. E forse abbasserà lo sguardo anche di fronte al giudice, mentre emetterà la sentenza. Ma nella cella in cui spero marcirà fino all’ultimo dei suoi giorni, ci sarà la condanna di continuare a vivere nell’orrore dei ricordi. E quell’orrore lì ti fissa negli occhi sempre, non hai scampo, proprio come di fronte a un coltello, mentre magari stai sognando il tuo cartone animato preferito.

Balotelli, la proposta di matrimonio e le convocazioni effetto Viagra

Agli Europei 2012 abbiamo saputo che Raffaella Fico era incinta e ai mondiali 2014 scopriamo che Balotelli si sposa. E che forse è incinta pure Fanny. Se va avanti così, alla prossima competizione della nazionale Mario farà coming out e limonerà Caressa in diretta Sky. Insomma, ormai è evidente: a Mario le convocazioni fanno l’effetto Viagra. I ct lo convocano e lui impollina.

Solo che questa volta, la notizia l’ ha lui direttamente del suo profilo twitter: la foto di una mano che sfoggia un brillante, una spiaggia brasiliana e una frase ben poco sibillina. “Ha detto sì. Il più importante sì della mia vita.”. E considerato che ad oggi i sì più importanti della sua vita erano stati quelli del suo parrucchiere alla domanda “Mi fai un nuovo taglio da pirla?” e del suo concessionario di fiducia alla domanda: “Ce l’hai una Ferrari più coatta di quella di Maxi Lopez?”, bisogna riconoscere che Mario è davvero maturato. Che Mario ha abbandonato i panni da bad boy e ha deciso di indossare quelli da bravo ragazzo, dimostrando ancora una volta di essere il calciatore più controcorrente del paese. Tanti suoi colleghi apparentemente più sobri e rigorosi hanno dato il benservito alle mogli e lui chiede a Fanny di diventare sua moglie. In Brasile poi, dove fino a qualche tempo fa Mario Balotelli sarebbe atterrato con le reti da tonnara e il fratello Enoch a far entrare le strappone in camera sua a gruppi di dieci.

E insomma, eravamo tutti convinti che i mariti fedeli e padri di famiglia fossero i Pirlo o i Buffon e ora viene fuori che mentre ora Andrea Pirlo ha finalmente una buona ragione per non sorridere mai (i cinquantacinquemila euro mensili all’ex moglie) e Buffon non presidia solo la porta della nazionale ma anche quella di casa della D’Amico, quello che riga dritto è proprio Mario. Lui, il penultimo dei truzzi, è l’ultimo dei romantici. Che qualcosa nella vita di Mario stesse cambiando s’era intuito qualche mese fa quando anzichè le dita di Fanny aveva pubblicato i piedini della figlia. (a proposito, l’abitudine di Mario di divulgare notizie pubblicando foto di arti umani andrebbe indagata).

Dopo una guerra fredda durata un anno con Raffaella Fico, si era finalmente arreso al test del dna e aveva riconosciuto Pia. Che forse l’ha visto due volte in vita sua e quando vede Mario riconosce Barak Obama, ma questi sono dettagli. Poi aveva preso casa con Fanny, aveva dichiarato settantuno volte amore eterno a Fanny su twitter e aveva dichiarato ottantanove volte che lui e Fanny si erano mollati su twitter, ma anche questi sono dettagli di scarsa importanza. Quello che conta è che tra i due sia amore. Fanny qualche giorno fa ha pubblicato la foto di un pancione su instagram con il commento “Your name is dream”, per poi pubblicare la foto di una maglietta della nazionale azzurra con il numero 9 (quello di Balotelli) e la scritta Dream. E qui la faccenda si presta a due interpretazioni: o Mario sta sognando un figlio o la maglia da titolare mi sa che se la sogna. Se Fanny infatti gli sta per giurargli amore eterno, Prandelli sembrerebbe preferirgli Immobile, che le pratiche matrimoniali le ha risolte una settimana prima di volare in Brasile sposando la storica fidanzata Jessica e ha un profilo instagram che si chiama “ciroejessicaimmobile” in cui la foto più trasgressiva è quella delle havaianas della loro bambina. L’ipotesi che si fa strada è quindi che Balotelli, per intortare Prandelli, si stia giocando la carta del ragazzo affidabile, anche più affidabile di Ciro Immobile e che finito il mondiale torni quello di prima.
Ovvero il caro vecchio Mario che in fondo ci manca tanto. Quello, insomma, che rinnegherà Fanny, chiederà il test del dna e rivelerà che il brillante era farlocco. Per poi ovviamente annunciare su instagram le sue nozze con Wanda Nara, che tanto da qui a luglio avrà già divorziato da Icardi, avrà partorito due figli e si sarà rifatta le tette tre volte.

Perché Suor Cristina ha vinto The voice

Prima di parlare della vittoria di Suor Cristina a The voice, urge spiegare il format per quei milioni di italiani che non l’hanno visto. The voice, in parole povere, è più o meno così congegnato: inizialmente i quattro giudici se ne stanno con le poltrone girate mentre i concorrenti cantano per non vedere chi canta e il pubblico da casa se ne sta a sua volta con le poltrone girate per non vedere com’è vestita Noemi. Poi i giudici vengono scelti dai cantanti più o meno con i seguenti parametri: quelli che hanno bisogno dei consigli di una zia scelgono la Carrà, quelli che hanno bisogno di Bella zia! Scelgono J Ax, quelli che hanno bisogno di una pettinata come la zia rimasta zitella scelgono Noemi, quelli che non si lavano i capelli da una settimana scelgono Piero Pelù. A quel punto, sbrigate le formalità per far sembrare il programma un format inedito, inizia X Factor.  Terminate le doverose premesse, andrei a commentare la vittoria di Suor Cristina, partendo dalla sua storia. Alcuni anni fa Suor Cristina aveva partecipato alle selezioni di Amici ma era stata scartata. Nessuno sa come mai all’epoca non ne sia stato compreso il talento, ma secondo voci di corridoio, al provino Cristina aveva dichiarato: “Intendo sposare Gesù” e come noto ad Amici non viene ammesso un concorrente etero da almeno sei anni. Pare anche che la De Filippi avesse tentato di dissuaderla da una scelta così estrema e che lei avesse risposto: “Sempre meno estremo sposare Gesù che Maurizio Costanzo!”, ma anche queste sono mere illazioni. Fatto sta che dopo aver risposto alla chiamata di Gesù, Suor Cristina ha risposto a quella di J Ax e puntata dopo puntata ha conquistato il pubblico da casa fino ad accaparrarsi la schiacciante vittoria di ieri sera. I motivi del trionfo sono parecchi e vado ad elencarli:

a) con la sua faccia pulita da eterna fanciulla alla Debora Serracchiani e voce limpida alla Cristina D’Avena, Suor Cristina è stata l’anti Conchita. Non ha la barba e non è nemmeno una di quelle suore coi baffi in cui tutti noi ci siamo imbattuti una volta nella vita. Tutti i Giovanardi d’Italia hanno visto in lei il riscatto, la controffensiva apostolica alla barba satanica di Conchita Wurst e l’hanno votata in massa. Lei a Gesù ha offerto il suo voto, gli italiani il loro televoto. A questo punto resta solo da capire quale sarà il passo successivo nel prossimo talent canoro: il prete con le extension? La badessa mangiafuoco? Don Mazzi coi dreadlocks? Suor Lara Comi?

b) Il merito del trionfo è anche del suo coach J Ax. Che diciamocelo: è un gran paraculo. Consumatore abituale di metafore che neanche la Mazzantini sotto l’effetto di un fungo messicano, ha finto con mefistofelica furbizia, di credere fermamente nelle doti canore di Suor Cristina. Lei cantava e a ogni acuto un suo tatuaggio fumava come l’anticristo a contatto con l’acquasanta, ma sorrideva e “spacchi!” e “bella zio!”. E sebbene a ogni suo duetto con Suor Cristina un rapper dall’altra parte del mondo morisse, lui continuava a guardarla come fosse Rihanna. A J Ax interessava vincere e sapeva che suor Cristina era il suo cavallo mediatico migliore. Fossi Grillo, J Ax me lo prenderei come consulente alla comunicazione. Per Beppe, il miglior cavallo mediatico da reality è Rocco Casalino e poi si chiede perchè Renzi prende il 40%.

c) Suor Cristina ha vinto perchè è un panzer. Profetico il titolo della canzone che ha cantato durante la finale “Lungo la riva”. Ecco, lei lungo la riva ha visto passare i cadaveri di tutti i concorrenti e perfino dei giudici. Li ha asfaltati tutti. Perfino gli intoccabili, perfino i più venerati. Ci voleva una suora per asfaltare la Madonna Carrà, che è entrata trionfante con i mezziguantini e è uscita mesta da mezzacalzetta.

d) Suor Cristina ha vinto perchè il look da suora funziona. La Bignardi c’ha fondato una carriera. e) Da Madonna crocifissa sul palco a Lady Gaga che resuscita Gesù, sulla scena musicale mondiale s’era visto di tutto tranne una suora che vince e recita il Padre nostro. Chiaramente, ora tutti sogniamo che Suor Cristina D’Avena sbrocchi, si faccia possedere dal demone della popolarità e twerki su un palco come Miley Cyrus, ma le prospettive sono assai più modeste. Al massimo, si concederà un duetto con Padre Maronno e quindici copertine di Dipiù con allegati un suo cd e le carte da ramino Modiano. E in fondo, il punto debole di questa vittoria è proprio questo: il futuro discografico di Suor Cristina. Perchè vendere fuffa è facile, per vendere cd non basta neanche l’aiuto del Signore. Del resto, Dio creò l’universo, mica l’Universal.

p.s. Ma Papa Francesco l’ha chiamata o ha telefonato solo a Pelù per dirgli che è ora di andare ai giardinetti con Ratzinger?

Capriotti, Ibrahimovic e Allegri

“Quello che ha scritto Dagospia è vero, Ibrahimovic mi mandava degli sms e mi era giunta voce che Allegri e Ibrahimovic avessero avuto una discussione a causa mia”.

Intervistata da Selvaggia Lucarelli su radio M2o Cecilia Capriotti conferma l’indiscrezione accennata nel libro di Zambrotta (che però parla di divergenze tecniche) secondo la quale l’ex allenatore del Milan e Ibrahimovic l’anno scorso avrebbero avuto una violenta discussione (arrivarono quasi alle mani). Solo che accadde per una donna.

“Ho conosciuto entrambi in circostanze diverse, Ibrahimovic agli internazionali e Allegri da Giannino. Amici comuni mi dissero che sia Allegri che Ibra erano rimasti molto colpiti da me, che facevano apprezzamenti e desideravano rivedermi. Poi Ibrahimovic ha cominciato a mandarmi degli sms con complimenti vari, ma non era il mio tipo. So però che quando ha saputo che Allegri si era mostrato interessato a me, è andato da lui a dirgli di lasciarmi stare e diciamo che i modi di Ibrahimovich potrebbero essere stati non troppo gentili”.

E alla fine che è successo?

“Nulla perché conosco i calciatori, mandano messaggi in serie a tutte e non mi interessano. Poi lui è impegnato, non mi andava di creare problemi”.

Usciamo?

Uomo, 50 anni. Piacere. Telefonata. “Usciamo?”.
Uomo, 30/45 anni. Piacere. Whatsapp. Facebook. Twitter. Sms. Mms. Whatsapp. Whatsapp. Whatsapp. Whatsapp. “Oh. Mi inviti ad uscire?”.
Uomo, 20/25 anni: “Usciamo”. Senza manco il punto interrogativo.

Questo è. Amen.

Gabriele Muccino e la polemica contro i doppiatori

Ai più è sfuggito, ma Gabriele Muccino ha messo in piedi una polemica alquanto nervosa sulla sua pagina fb che riguarda il doppiaggio in Italia. Una polemica in cui dà dei provinciali agli italiani che si ostinano a guardare i film doppiati e un sacco di altre belle cose che il nostro genio da esportazione evidentemente aveva sulla punta della lingua da tempo. In un primo post dice di aver visto Her e di pensare con terrore a come sarà la voce sublime della Johansson doppiata. Sostiene che sia come ascoltare Volare di Modugno doppiato in tedesco o la Magnani doppiata in iraniano. E qui già vabbè, vagli a spiegare che una canzone non si doppia e che la Magnani potrebbe avere una sua grandezza pure doppiata dalla De Filippi, ma lasciamo stare. Genialità, per lui, è suggerire agli iraniani di imparare l’italiano per poter comprendere a fondo il nostro cinema. Poi va avanti, scrive: “Sarebbe disonesto dire che la Ricerca della Felicità visto in italiano è lo stesso che visto in inglese. Ha comunque perso almeno il 40 percento, forse più, e solo perché a differenza degli altri registi stranieri, l’ho seguito passo passo dirigendo addirittura i doppiatori… E’, come ho detto, un vizio, una pigrizia culturale. Tornando ad HER. E’ un film a cui penso da due giorni. Se non l’avete visto, guardatelo. Ma solo con l’attitudine di leggere un bellissimo romanzo di Azimov e mai se non in lingua originale! Lasscerà un segno anche in voi, credo…”.

Capito? Tutti a leggere Asimov in lingua originale altrimenti siete delle capre. Peccato che dall’italiano sfoggiato nei suoi post è evidente che farebbe bene anche a lui leggere un po’ di letteratura italiana in lingua originale, visto che la grammatica l’ha lasciata al gate dell’aeroporto di Fiumicino. E poi vorrei dire al buon Muccino che se La ricerca della felicità ha perso così tanto al doppiaggio, mi permetto di dire che non è certo colpa del bravissimo Sandro Acerbo, doppiatore di Will Smith, ma della sua cara amica Sabrina Impacciatore, che nel film doppiava la moglie di Smith urlando e strepitando con l’accento della parolina al primo giorno di ciclo. (e lei è un’attrice anche brava, ma il doppiaggio non è roba sua).
Ma Muccino non si ferma qui, perché poi passa all’annoso problema della traduzione. Dice: “Nel mio ultimo film, Jane Fonda dice a Russell Crowe in modo affettuoso e quasi materno “You son of a Gun”. Come si traduce in italiano? Io no lo so davvero perché quella espressione viene dall’America dei pionieri che si sono fatti strada anche a colpi di pistola. Lo tradurranno “Figlio di una buona donna”. E’ culturalmente la stessa cosa? No. c’è una distanza storica, culturale, in cui si intravedono sentieri polverosi, praterie…So pero’ che se il film uscisse al cinema in lingua originale sottotitolata, lo spettatore leggerebbe “Figlio di una buona donna” ma non perderebbe nello stesso istante l’espressione “Son of a gun” e avrà allora, sì, una fruizione davvero completa e a 360 gradi del film. Ma forse agli italiani chiedo troppo.”.

Insomma, ci voleva Muccino a spiegarci il concetto del lost in translation. E soprattutto, ora, noi caproni italiani, vedremo il suo film perdendoci quel retrogusto di sentieri polverosi e praterie. Porca miseria, e chi mangia stasera al pensiero? Del resto, è ora che gli americani imparino l’italiano per vedere Pasolini senza perdere quel retrogusto di borgate e miseria. O il cinepanettone, che poi come lo tradurranno mai li mortacci tua in americano? Mica mi snatureranno De Sica.
Infine, dopo aver letto dei commenti di doppiatori e non doppiatori che contestavano le sue tesi, Muccino sbrocca e scrive un ultimo messaggio che poi cancella, ma che io ho conservato, in cui lancia il guanto di sfida ai doppiatori: “Io continuerò a vedere i film come sono stati diretti, recitati e concepiti e voi fieri di trasformarli, penserete anzi di potervi sostituire alla voce dei più grandi attori del mondo facendogli un favore! Vi saluto doppiatori con cui sarò costretto come in passato a lavorare vedendo i miei film perdere sfumature su cui ho lavorato per mesi”.

Muccì, ascolta. Bisogna che qualcuno te lo dica. In alcuni dei tuoi film “americani” il doppiaggio era meglio del film stesso. Molti grandi attori americani hanno elogiato il lavoro dei loro doppiatori italiani, uno per tutti Woody Allen col povero Lionello. Il doppiaggio è un servizio, non un obbligo. Chi non conosce l’inglese ne usufruisce, chi lo conosce no. Se ha voglia. I sottotitoli, per mio gusto personale, sono una grande stronzata. Se col doppiaggio perdi le sfumature della voce, con i sottotitoli perdi espressioni, reazioni, mimica. Ma è la mia opinione. Così come è mia opinione che certi grandi attori americani non abbiano necessariamente ‘ste gran voci interessanti che ci vuoi far credere tu. E di sicuro ci saranno stati doppiaggi, nel nostro paese, fatti male, come film americani fatti male. Come certi tuoi film recitati male in italiano da attori italiani assai mediocri come Accorsi e la sua vocina stridula e gli urletti da castrato o certi tuoi film americani semplicemente brutti in lingua originale e non. Fossi un doppiatore, dopo queste dichiarazioni, lo farei doppiare agli amici tuoi, il tuo prossimo film. Oppure tira fuori le palle e porta nelle sale italiane i tuoi film in lingua originale. Non li snaturare, fa questo favore al tuo paese di caproni. Nel frattempo, ti riferisco il pensiero di Pino Insegno a cui ho chiesto stamattina un parere sulle tue dichiarazioni: “Muccino. Fai una bella riflessione. Magari servirebbe a te un bel doppiatore che renda fruibile quello che dici”.

Inno alla cronologia delle conversazioni

Come sa chi mi segue assiduamente, io non amo molto la tecnologia quando sostituisce qualcosa. La telefonata, la parola amica, il corteggiamento, l’invettiva e compagnia bella. Però c’è una cosa di whatsapp, sms e messaggistica varia che mi piace un sacco: la cronologia conversazioni.
Quella sì che è roba socialmente utile. La cronologia conversazioni ha almeno 4 utilità fondamentali: a) di fronte al maschio che nega di aver detto, promesso, annunciato, giurato e ti dà della pazza mestruata, vai indietro di giorni, fai lo screenshot del suo messaggio e glielo rinfacci fino alla Pasqua successiva. b) se decidi di riconsiderare improvvisamente gente che non consideri da un quinquennio e puoi aggiornarti sul “dove eravamo rimasti” per evitare gaffes del tipo: “Oh, non ti sei più fatto sentire, come mai?”. “Ma veramente nell’ultimo messaggio ti chiedevo di sposarmi in chiesa a Varazze e sei sparita tu!”. c) è utile a ricordare il grado di coglionaggine pregessa del tizio/della tizia che ti sta scrivendo. Alle volte ci dimentichiamo quante cose idiote e inopportune sia capace di partorire una persona in 8 caratteri. Oppure tendiamo a rimuovere o a concedere il beneficio del dubbio. “Magari mi ricordo male”, “Magari è cambiato”. Ecco, la cronologia conversazioni toglie ogni dubbio: se uno era coglione sei mesi fa, c’è rimasto. d) infine, la cronologia conversazioni è spesso utilissima, specie sul telefono, per capire una cosa drammaticamente fondamentale: chi minchia sia la persona che ti sta scrivendo. Non sapete quante volte m’ha salvata dal negare risposte a parenti.

Posso esserle utile?

Negozio vuoto.
Buongiorno.
Buongiorno.
Deliziosa signorina mi si avvicina.
“Le serve qualcosa?”.
No grazie.
Passa un minuto. Delizioso ragazzo mi si avvicina.
“Posso esserle utile?”.
“No grazie”.
Passa un minuto. Deliziosa signorina mi si avvicina.
“C’è la consulenza trucco dei prodotti … le interessa?”.
“No grazie. Vorrei questo fondotinta”.
“Le interessa anche la cipria per fissarlo?”.
“No grazie”.
Alla cassa.
“Le interessano i dischetti struccanti in offerta?”.
“No grazie”.
“Ha la nostra tessera? La facciamo?”.
“No grazie”.
Pago 100 euro per prodotti vari.
“Abbiamo solo omaggi uomo, le interessano?”.
Allora. Amici di Sephora, a parte che io non sono Conchita, per cui il dopobarba non è un’urgenza nella mia vita e ad una che vi lascia 100 euro magari un campione di cremina contorno occhi potreste pure rimediarla, ve lo dico col cuore: rivedete le vostre politiche/strategie marketing/strategia vendita, altrimenti poi uno preferisce lacrimare sei giorni per un mascara da 3 euro e 50 ma campare serena (ora il comitato commesse talebane lascerà messaggi livorosi. Mi sono rivolta al signor Sephora, abbassate le pistole).