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Belen, la Finocchiaro e il carrello della spesa

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<p>Tempi strani, quelli che stiamo vivendo. Non so se viene siete accorti, ma <strong>da tre giorni in questo paese non si fa che parlare di carrelli della spesa</strong>. Di due, in particolare. Uno è quello che spinge Belen, in un grande magazzino d’arredamento, in compagnia dell’inseparabile fidanzato bimbominkia sulla copertina di Gente.  L’altro, più chiacchierato , è quello che spinge la scorta della senatrice del pd Anna Finocchiaro tra una libreria Billy e uno scaffale Expedit da Ikea, pubblicato tra mille polemiche dal settimanale Chi. Ho guardato a lungo i due servizi fotografici e in effetti il rapporto donne/carrello della spesa, in questo momento storico, racconta di più sulla questione donne/sentimenti/ potere che un editoriale di Lidia Ravera. Tanto per cominciare, fa un certo effetto vedere una gnocca imperiale come<strong> Belen Rodriguez</strong> trascinarsi da sola un carrello stracolmo di piatti e tappeti in microshorts delle dimensioni di un sottobicchiere e vedere la Finocchiaro che insomma, con la calza color carne  e il tacco a rocchetto come la Signora in giallo non è esattamente una strafiga da competizione, che il carrello manco lo sfiora. Perchè nei rispettivi mobilifici, mentre De Martino si sistema l’elastico dello slip e se dà una spintarella al carrello è solo per gonfiare il bicipite, i tre omaccioni della scorta, che per la cronaca sono tre pezzi d’uomo capaci di ridurre un qualsiasi malintenzionato in un piatto di  polpette ikea Kotbuller, spingono il carrello della Finocchiaro come un qualsiasi fidanzatino da Ikea a due mesi dalla nascita del primogenito. Non solo. Uno di loro, il più piazzato e possente dei tre, uno che ha l’apertura spalle di un grizzly pezzato, maneggia una pentola antiaderente come Benedetta Parodi quando illustra la milionesima ricetta budino e panna spray. Tra l’altro, a guardarlo così viene pure il sospetto che in tempo di crisi, il governo abbia tagliato i costi delle armi in dotazione alla scorta e li costringa a difendere ministri e onorevoli a padellate.  <br />

Tempi strani, quelli che stiamo vivendo. Non so se viene siete accorti, ma da tre giorni in questo paese non si fa che parlare di carrelli della spesa. Di due, in particolare. Uno è quello che spinge Belen, in un grande magazzino d’arredamento, in compagnia dell’inseparabile fidanzato bimbominkia sulla copertina di Gente. L’altro, più chiacchierato , è quello che spinge la scorta della senatrice del pd Anna Finocchiaro tra una libreria Billy e uno scaffale Expedit da Ikea, pubblicato tra mille polemiche dal settimanale Chi. Ho guardato a lungo i due servizi fotografici e in effetti il rapporto donne/carrello della spesa, in questo momento storico, racconta di più sulla questione donne/sentimenti/ potere che un editoriale di Lidia Ravera. Tanto per cominciare, fa un certo effetto vedere una gnocca imperiale come Belen Rodriguez trascinarsi da sola un carrello stracolmo di piatti e tappeti in microshorts delle dimensioni di un sottobicchiere e vedere la Finocchiaro che insomma, con la calza color carne e il tacco a rocchetto come la Signora in giallo non è esattamente una strafiga da competizione, che il carrello manco lo sfiora. Perchè nei rispettivi mobilifici, mentre De Martino si sistema l’elastico dello slip e se dà una spintarella al carrello è solo per gonfiare il bicipite, i tre omaccioni della scorta, che per la cronaca sono tre pezzi d’uomo capaci di ridurre un qualsiasi malintenzionato in un piatto di polpette ikea Kotbuller, spingono il carrello della Finocchiaro come un qualsiasi fidanzatino da Ikea a due mesi dalla nascita del primogenito. Non solo. Uno di loro, il più piazzato e possente dei tre, uno che ha l’apertura spalle di un grizzly pezzato, maneggia una pentola antiaderente come Benedetta Parodi quando illustra la milionesima ricetta budino e panna spray. Tra l’altro, a guardarlo così viene pure il sospetto che in tempo di crisi, il governo abbia tagliato i costi delle armi in dotazione alla scorta e li costringa a difendere ministri e onorevoli a padellate.


E allora finisce che guardi ‘ste due donne, l’una emblema della bellezza e della donna desiderata, l’altra rappresentante della politica e del sistema dei privilegi odiosi della politica, e pensi che ci siamo emancipate male, noi donne
. Che nella sfera privata, per fare quelle evolute e capaci di fare tutto, abbiamo perso i privilegi della galanteria, e nella dimensione politica, per fare quelle che somigliano ai maschi che sulle poltrone ci hanno preceduto, abbiamo ereditato i loro difetti. I loro antichi vizi. Guardi Belen che spinge il carrello e pensi che quel moccioso che si porta dietro non dovrebbe farle spingere neppure un’anta della scarpiera e invece no, Belen è lì che non solo trascina il carrello, ma sceglie piatti e bicchieri per la casa romana del ragazzetto. Per poi pagare e caricare il tutto nel suv da settantamila euro che gli ha regalato. Poi la telecamera si sposta e inquadra il senatore Finocchiaro. E pensi che sì, se hai una scorta è normale che la scorta ti accompagni pure da Ikea o alla mostra canina, ma che in un momento come questo, in cui la gente chiede ai politici rigore, austerità, basso profilo, quelle foto sono un pugno nello stomaco peggio dell’hotdog Ikea. Pensi che il problema non è neppure il gigante galantuomo che spinge un carrello che comunque Belen spinge da sola, ma gli interrogativi che quelle foto sollevano: se noi paghiamo la scorta alla Finocchiaro perchè la protegga, non è il caso che la scorta si guardi intorno, mentre il senatore sceglie il divanoletto, anziché contare quante viti ha un armadio Pax? Ed è in questo che la Finocchiaro doveva dimostrare di non aver ereditato i difetti degli uomini che l’hanno preceduta. Non approfittarsi dei privilegi, ma usufruirne con serietà e rigore. O, al limite, poteva trovarsi un bimbominkia pure lei che però si accollasse i pesi. Perchè poi succede che nella guerra dei carrelli, nella lotta Belen vs Finocchiaro, anticastità vs anticasta, Belen esce vincitrice assoluta. Lei, il carrello della spesa se lo spinge da sola, il carrello della spesa pubblica lo spingiamo noi. P.s. Che poi, onorevole Finocchiaro, io glielo devo dire. Ho sbirciato nel suo carrello della spesa. Lo stendino Ikea, è cosa nota, al primo colpo di vento, lo trova sull’abbaino del vicino. Le padelle ikea, alla terza cotoletta cotta lì dentro, attaccano più della colla per topi. E infine, se proprio doveva fare un uso improprio della scorta, altro che farsi spingere il carrello. Se li doveva far montare, i mobili Ikea, dalla scorta. Di fronte all’imperscrutabilità di un foglio di istruzioni Malm, gli italiani l’avrebbero assolta.

Belen e Corona: l’incontro chiarificatore

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<p><strong>Il settimanale “Top” (il numero è ancora in edicola) mi ha chiesto di immaginare l’incontro chiarificatore Corona/Belen dopo l’uragano De Martino. Eccolo: </strong><br />

Il settimanale “Top” (il numero è ancora in edicola) mi ha chiesto di immaginare l’incontro chiarificatore Corona/Belen dopo l’uragano De Martino. Eccolo:


Location: casa di Fabrizio Corona.
Il suo tatuatore di fiducia, gli sta cancellando con devota maestria l’ultimo tatuaggio comparso improvvisamente sulla nuca di Fabrizio: due cornazzi da gnu striato della savana africana. Fabrizio è nervoso. La mattina ha avuto un’accesa discussione al commissariato di zona perchè ha provato a barattare sei punti della patente con sei punti fragola dell’Esselunga ma il poliziotto è stato inflessibile perfino quando Corona gli ha offerto in cambio il trasferello originale della farfallina di Belen più uno stage di sei mesi con i suoi paparazzi sotto casa di Bobo Vieri alla modica cifra di 56mila euro non fatturabili.
Nel primo pomeriggio poi gli è poi arrivata voce che Belen è andata a vivere con Stefano, la sorella Cecilia s’è fidanzata con Leon Cino e il fratello di Belen Geremia con Valerio Scanu. E che tutti insieme improvvisino torbidi giochi erotici utilizzando come sex toy la piastra inventa ricci di Scanu. Fabrizio afferra il telefono e compone il numero di Belen. Dopo sei squilli Belen risponde: “Ciao Fabrizio, scusa se c’ho messo tanto ma sto lavorando e non volevo perdere il filo”. “Un’intervista?”. “No sto rammendando un perizoma fucsia che stasera presento una convention di bancari e non so che mettermi”. “Ah. Senti, io credo che dovremmo vederci un attimo per chiarire la situazione”. “Sì, hai ragione, solo che vorrei evitare i paparazzi”. “Anche io”. “Giusto. Vediamoci in un posto defilato”. “Assolutamente. “Basta mettere la nostra vita in vetrina”. “Sacrosanto”. “Ok, allora ci vediamo all’Hollywood a mezzanotte”. “Ok, io sarò quella con la spallina calata e il capezzolo che spunta a mia insaputa, a dopo.”.
Location: privè dell’Hollywood. Belen arriva preceduta dalla Petineuse, la sorella Cecilia, l’agente della sorella Cecilia che le cura l’agenda di tutte le inaugurazioni di pizzerie al taglio fino a giugno perchè da luglio poi passa a quelle dei chioschi di grattachecche. Fabrizio Corona entra nel privè preceduto da una Canon reflex. Fabrizio: “Come va il taglio?”. B: “Eh insomma, c’ho la faccia mezza in ombra, dì al buttafuori se può spostare quella strobo che poi in foto vengo male!”. F: “Non intendevo il taglio di luce. Intendevo il taglio sul braccio”. B: “Ah. Ho dieci punti”. F: “Quelli che mi hanno tolto ieri sulla patente”. “Cosa avevi fatto questa volta?”. “Sono entrato in autogrill contromano col suv”. “Ma alla pompa di benzina?”. “No, al bancone dei camogli”. “Vabbè senti Fabrizio, mi spiace se ti ho dato un dispiacere”. “Lui è la cosa più importante per te?”. “Sì, senza di lui non sarei andata da nessuna parte”. “Ma se lo conosci da un mese”. “Ah , ma parlavi di Stefano? Pensavo intendessi il mio culo.”. “Non è l’uomo per te, non è abbastanza maschio”. “Fabrì, fidati. Tu le mutande le tiravi dal balcone, a lui tirano sul cavallo”. “Vabbè. Passiamo al tasto doloroso. Come facciamo col tatuatore?”. “Come in tutte le coppie che si separano. Starà con me ma potrai vederlo a weekend alternati e potrete fare un mese di vacanze insieme”. “Mi sembra giusto”. “Va bene, allora le cose importanti ce le siamo dette”. “Il cd col filmino hard con Stefano me l’hai portato?”. “Sì, eccolo. Stavolta sul comò abbiamo pensato di sostituire il gatto con la De Filippi”. “Bella idea”. “Lo metti domani in rete a mia insaputa?”. “Certo. Diremo che è stato girato quindici giorni fa , quando Stefano era minorenne”. “Perfetto!”. “Ora vado. Devo portare una maglia coi teschi a Hollande che se la mette per il vertice europeo a Bruxelles”. “Tieni”. “Cos’è?”. “E’ il calzino fucsia che ho messo ad Amici dopo l’incidente! Dallo alla Merkel, la stimo tanto”.

Belen e la farfalla

Cara Belen, scrivo “a te” e non “di te” perchè è venuto il momento che tu sappia un po’ di cose. Cose che dubito potrà mai dirti qualche alto membro del circolo di eletti che ti orbitano accanto (la Petineuse del Grande fratello, tanto per citarne uno) e che condividono con te quella sana quotidianità fatta di risse in locali pubblici, fughe a Eurodisney con i paparazzi travestiti da Super Pippo e accoppiamenti in mondovisione come lo sbarco sulla luna. Siediti, Belen. Appoggia le tue epiche terga da qualche parte e ascolta la rivelazione che ti sto per fare: succede che ormai alla tua candida estraneità a tutte le disgrazie in cui inciampi, non ci crede più nessuno, Belen. Ed è inutile che sfoderi l’occhione sgranato d’ordinanza o il mezzo sorrisino finto – svampito della serie: “Oddio, e io che a Sanremo pensavo di aver messo la mutanda contenitiva post ernia inguinale!”. Perchè vedi Belen, c’è un limite oltre il quale la provocazione diventa esibizionismo patologico. E qui la patologia è conclamata: si chiama sindrome della patonza mitomane con fenomeni di bipolarismo sparso. Mi spiego. Ti succede il fattaccio del video hard diffuso in rete. Tutta l’Italia paesi dell’Eurozona compresi apprendono che a diciassette anni cambiavi più posizioni tu di Capezzone ma vabbè, è tutta colpa di quel mascalzone argentino. Una manciata di giorni dopo viene fuori che sei incinta. La gravidanza di una showgirl media la si apprende intorno al terzo mese, nel tuo caso, ma guarda un po’, in farmacia non t’ hanno ancora battuto lo scontrino del test di gravidanza , e già la nazione sa che sei in dolce attesa. Poi il dramma e quel tuo silenzio apparentemente assennato. Insomma, una sequela di episodi disgraziati per cui viene pure da essere solidali. Povera Belen. E i commenti: del resto, per avere quel culo lì, qualcosa indietro bisognerà pur restituirlo al mondo. Finchè non esci dal guscio. Uno ti immagina acciaccata ma più matura, più sobria, provata dalla vita. Uno pensa che dopo aver spartito con la nazione l’intimità dei tuoi mugolii, ti giocherai la carta del low profile. Sposterai l’attenzione dalla patonza. E invece ricompari su Vanity fair in copertina, nuda, col tacco a spillo e una mela in mano, come Biancaneve. Ripetendo, povera Biancaneve, la manfrina della donna stuprata nella sua intimità. Del resto, la strega siamo noi altri, i cattivi. Quelli convinti che sugli scandali, ci marci. E in fondo è perfettamente normale che una turbata da quel video a luci rosse, decida di ricomparire ritratta senza manco un paio di mutande. (un po’ come se la moldava, per riscattarsi, tra un mesetto si facesse fotografare nella sala comandi della Tirrenia in perizoma e a cavalcioni del capitano). E siamo sempre noi quelli cattivi se pensiamo che tu abbia deciso di ricomparire così, solo perchè terrorizzata all’idea che quel brutto video in cui apparivi sessualmente vivace quanto un bradipo sotto lexotan, abbia intaccato più che la tua sensibilità, la tua immagine di sex symbol. Ma siccome non ti basta, e l’occasione è ghiotta, pensi bene di condividere con noi il tuo dolore per quell’intimità stuprata, presentandoti sul palco di Sanremo senza mutande. Anzi no, lasciandoci pensare che tu sia senza mutande. Non te le fossi messe davvero, non avresti potuto fare l’occhio da cerbiatta della serie “Mannaggia capitano tutte a me!”. E così noi, i beoti, tutti lì a commentare quella farfalla tatuata, a chiederci se è un omaggio a chi ti ha impollinata. Se da pupa (del boss) l’evoluzione in farfalla fosse fisiologica. Se hai un’allergia all’acrilico, visto che ‘ste mutande ti danno così fastidio. Se non è il caso che il prossimo tatuaggio sia la scritta “Ricordati di mettere le mutande” anziché un lepidottero. Ah no, giusto, le avevi le mutande. Color carne. Lo hai chiarito tu dal palco, tra un occhione sgranato e un saluto a mamma e papà. Che poi io mi chiedo: dove si trovano ‘ste mutande del colore perfetto della tua, di carne? Ci sono negozi di intimo con la cartella colori patonza come da Bricofer per le pareti di casa? E Marano, cosa è andato a fare a Sanremo, se non ha nemmeno saputo commissariare le mutande delle vallette? E allora Belen, io ti dico una cosa. Continua pure coi filmini, i fidanzati improbabili, le apparizioni da smutandata, le foto al mare mentre ti accoppi, quello che vuoi, ma la faccetta di quella a cui gli scandali capitano, suo malgrado, risparmiacela. Di quella che “Fabrizio è una testa calda ma io lo cambierò”, evitala. Perchè alla fine, vien da rivalutare Corona: lui le mutande non se l’è mai tolte. Al massimo, le lanciava dal balcone.